Parlare del tema dell’amore in Francesco significa anzitutto riferirci al fatto che Francesco ha amato tutto il creato, gli uomini, gli animali e le cose. Per poterlo fare, come abbiamo visto all’inizio di questo discorso, egli ha dovuto partire dalla posizione più bassa dell’esistenza dove la sofferenza è grande ed intollerabile, ma dove può compiersi la trasformazione dell’amaro in dolcezza ; l’amaro del vivere nella dolcezza dell’amare.
E’ difficile per noi riuscire a comprendere appieno la dimensione di questo amore universale perché siamo abituati a pensare a tanti amori diversi per uomini, animali e cose diverse, per i quali usiamo una scala di tanti valori e non un valore unico dell’amore.
Del resto nella cultura dell’antica Grecia si distinguevano due categorie dell’amore con due vocaboli diversi, l’eros e l’agape e tale distinzione è passata nella cultura romana e successivamente in quella cristiana con significati più o meno diversi.
Ancora distinzioni troviamo nell’Antico Testamento ebraico, e in tutta la filosofia antica e moderna fiorita in Occidente.
Ai giorni nostri la ritroviamo nella lettera enciclica di papa Benedetto XVI del 25 dicembre 2005 dal titolo Deus Caritas Est.
Il documento di papa Benedetto è importante perché tenta una sintesi dei due aspetti dell’amore, eros e agape. Per il teologo Ratzinger l’eros è l’amore “mondano” e l’agape è l’antica charitas del cristianesimo delle origini; la sintesi può compiersi, ma a patto che si ricorra ad una categoria teologica, la fede nel Dio.
Alla luce di questa enciclica, che possiamo considerare la più avanzata riflessione della Chiesa cattolica sul tema dell’amore, la domanda che ci si pone è questa: Francesco aveva un valore unico per l’amore, oppure aveva una somma di valori talmente estesa che a noi appare come una unità?
Dico questo perché nella vita di Francesco ci sono due fatti estremamente umani che per la loro specificità travalicano la dimensione universale: il rapporto con Chiara e quello con Jacopa dei Settesoli.
Si tratta di due rapporti diversi e tuttavia segnati entrambi dalla presenza femminile che cercherò di circoscrivere alla dimensione umana dei protagonisti.
Francesco e Chiara erano innamorati profondamente l’uno dell’altro, un amore purissimo, privo oltretutto di ogni spazio di sessualità, di fronte al quale noi dobbiamo il più grande rispetto.
I segni dell’innamoramento sono evidenti in tanti passaggi della loro esistenza, dagli incontri segreti nei quali Francesco si faceva accompagnare da frate Filippo e Chiara da una donna fidata, Bona di Guelfuccio e dove matura la decisone di Chiara di seguire la stessa via di Francesco, alla organizzazione della fuga dal mondo, al taglio dei capelli per mano di Francesco, al rifugio nel convento delle benedettine, ma anche nel distacco della clausura e il desiderio reciproco di incontrarsi almeno una volta (peraltro realizzato nella cena conviviale raccontata nei Fioretti,15) ed infine nella malattia e morte di Francesco.
Chiara temeva di morire prima di lui e fece conoscere a Francesco l’ansia che la tormentava e questi rispose con una lettera.
La portò un frate cui Francesco disse: Va e porta questa lettera a donna Chiara: Le dirai che lasci cadere ogni angoscia e mestizia causata dal fatto che adesso non può vedermi. Sappia in verità che, prima del suo trapasso, tanto lei che le sue sorelle mi vedranno ancora e ne trarranno la più grande consolazione.
Chiara e le sue sorelle lo videro per l’ultima volta, morto, perché nel trasportare la salma dalla Porziuncola alla città, la grata che custodiva la clausura fu tolta ed i frati alzarono la salma fino alla finestra perché Chiara e le suore potessero vederlo.
Jacopa dei Settesoli era una ricca vedova romana che Francesco aveva conosciuto durante i suoi viaggi presso la curia papale. Jacopa era stata certamente affascinata dalla predicazione e stile di vita di Francesco e dei suoi compagni, ma era rimasta nel proprio rango di nobildonna amministratrice dei propri beni, pur aiutando i frati ed i bisognosi con grande cuore e carità.
Il rapporto di Francesco con Jacopa è assolutamente diverso da quello con Chiara. Francesco ed i suoi la consideravano familiarmente tanto che la chiamavano Giacomina e persino Frate Jacopa.
Il sentimento che univa Jacopa a Francesco va ricercato nel sentimento materno, al più fraterno: se ne hanno segni inequivocabili come quello che appare al momento della morte di Francesco, mentre Jacopa è presente al trapasso.
Racconta Frate Tommaso da Celano, il massimo e più attendibile biografo di Francesco perché suo compagno, che non appena fu spirato, Frate Elia fece avvicinare Jacopa “e, ponendole fra le braccia il corpo dell’amico….dice: Ecco, stringi da morto colui che hai amato da vivo!
A proposito di questi rapporti femminili di Francesco, del resto unici e in controtendenza con la scelta dell’ascetismo, Padre Ernesto Balducci scrive: Un po’ arditamente, si potrebbe dire che se Chiara era la sposa, Jacopa era la madre.
Certo, la notazione è ardita, ma nella sua sintesi c’è il senso di una riconquista della dimensione umana che Francesco recupera, proprio attraverso l’amore, rispetto alla dimensione ascetica.
Di fronte a questo fatto così grande noi dobbiamo fermare la nostra indagine e dire con il Frate Tommaso da Celano: Che più?
Fonte it.zenit.org
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