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L’appello di Papa Francesco: l’educazione cattolica dia un’anima al mondo globale

Ricevendo i membri della Fondazione Gravissimum Educationis, Francesco sottolinea come l’educazione cattolica debba tener conto delle future generazioni, non dimenticando le radici del passato e la convivenza nelle nostre società di cittadini, gruppi e popoli di culture, tradizioni e fedi differenti

Giada Aquilino – Città del Vaticano

Contribuire, attraverso l’educazione, alla costruzione di un avvenire “nel quale la dignità della persona e la fraternità universale siano le risorse globali a cui ogni cittadino del mondo possa attingere”. Questo il mandato del Papa ai membri della Fondazione Gravissimum Educationis, costituita da Francesco il 28 ottobre 2015, in occasione del 50° anniversario dell’omonima Dichiarazione del Concilio Vaticano II.

Responsabilità dell’uomo si propaga nel tempo

Dopo il saluto del cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, a nome degli 80 partecipanti all’udienza nella Sala del Concistoro e impegnati in questi giorni nel convegno ‘Educare è trasformare’, il Pontefice sottolinea che “solo cambiando l’educazione si può cambiare il mondo”.

Le sfide che interrogano l’uomo di oggi sono globali in un senso più ampio di come spesso si ritiene. L’educazione cattolica non si limita a formare menti a uno sguardo più esteso, capace di inglobare le realtà più lontane. Essa si rende conto che, oltre a estendersi nello spazio, la responsabilità morale dell’uomo di oggi si propaga anche attraverso il tempo, e le scelte di oggi ricadono sulle future generazioni.

Fare rete

Il suggerimento del Papa è “fare rete”, cioè “mettere insieme” le istituzioni scolastiche e universitarie per “potenziare l’iniziativa educativa e di ricerca, arricchendosi dei punti di forza di ciascuno, per essere più efficaci al livello intellettuale e culturale”. Ma indica pure far collaborare “i saperi, le scienze e le discipline”.

Fare rete significa creare luoghi d’incontro e di dialogo all’interno delle istituzioni educative e promuoverli al di fuori, con cittadini provenienti da altre culture, di altre tradizioni, di religioni differenti, affinché l’umanesimo cristiano contempli l’universale condizione dell’umanità di oggi.

Al di là dei piani didattici, inoltre, Francesco punta a “fare della scuola una comunità educante” nella quale i docenti e gli studenti siano collegati “da un programma di vita e di esperienza, in grado di educare alla reciprocità fra generazioni diverse”: un carattere “tanto importante per non perdere le radici”, mette in luce.

Donare speranza al mondo

Richiamando poi l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, il Pontefice invita a “non lasciarci rubare la speranza”, incontrando “positivamente” il cambiamento sociale illuminati dalla “promessa della salvezza cristiana”, per “donare speranza al mondo globale di oggi”.

Una globalizzazione senza speranza e senza visione è esposta al condizionamento degli interessi economici, spesso distanti da una retta concezione del bene comune, e produce facilmente tensioni sociali, conflitti economici, abusi di potere. Dobbiamo dare un’anima al mondo globale, attraverso una formazione intellettuale e morale che sappia favorire le cose buone portate dalla globalizzazione e correggere quelle negative.

Un’ecologia integrale

Si tratta, aggiunge il Papa, di “traguardi importanti” che potranno essere raggiunti “attraverso lo sviluppo della ricerca scientifica”, affidata alle università e anche presente nella missione della Fondazione Gravissimum Educationis. Una ricerca di qualità, osserva, ha di fronte a sé un “orizzonte ricco di sfide”, con riferimento ai processi dell’interdipendenza globale, che “da una parte si propone come una forza storica positiva, perché segna una maggiore coesione fra gli esseri umani”, dall’altra produce “ingiustizia” e mostra la “stretta relazione tra le miserie umane e le criticità ecologiche del pianeta”.

“ La risposta è nello sviluppo e nella ricerca di un’ecologia integrale. ”

Vorrei sottolineare ancora la sfida economica, basata sulla ricerca di migliori modelli di sviluppo, adeguati a una concezione più autentica di felicità e capaci di correggere certi meccanismi perversi del consumo e della produzione. E ancora la sfida politica: il potere della tecnologia è in continua espansione. Uno dei suoi effetti è la diffusione della cultura dello scarto, che risucchia cose ed esseri umani senza fare alcuna distinzione. Tale potere implica un’antropologia fondata sull’idea di uomo come un predatore e il mondo in cui abita come risorsa da depredare a piacimento.

Identità, qualità, bene comune

Agli studiosi e ai ricercatori il Papa augura un lavoro che obbedisca a tre criteri “essenziali”: l’identità, la qualità e il bene comune. Il primo “esige coerenza e continuità con la missione delle scuole, delle università e dei centri di ricerca nati, promossi o accompagnati dalla Chiesa e aperti a tutti”.

Tali valori sono fondamentali per innestarsi nel solco tracciato dalla civilizzazione cristiana e dalla missione evangelizzatrice della Chiesa. Con ciò potrete contribuire a indicare le strade da intraprendere per dare risposte aggiornate ai dilemmi del presente, avendo uno sguardo di preferenza per i più bisognosi.

L’appartenenza alla famiglia umana

Per quanto riguarda la qualità, essa – ricorda il Pontefice – è il “faro sicuro” per illuminare ogni iniziativa di studio, ricerca ed educazione. L’obiettivo del bene comune è, invece, “di difficile definizione nelle nostre società segnate dalla convivenza di cittadini, gruppi e popoli di culture, tradizioni e fedi differenti”.

“ Bisogna allargare gli orizzonti del bene comune, educare tutti all’appartenenza alla famiglia umana. ”

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