Dobbiamo educare ad un Nuovo Umanesimo del lavoro, dove l’Economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo! Sono le parole che Papa Francesco ha rivolto questa mattina al Movimento Cristiano Lavoratori, ricevuto in udienza in Aula Paolo VI in Vaticana. “Siete chiamati ad aiutare le giovani generazioni – ha detto Francesco – a scoprire la bellezza del lavoro veramente umano”. E poi parole chiare sull’illegalità: “l’illegalità è come una piovra: sta nascosta, sommersa, ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena”.
Queste le parole nel discorso del Pontefice
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Vi accolgo con piacere e ringrazio il Presidente per le parole che mi ha indirizzato. Rivolgo un fraterno benvenuto ai Pastori che hanno voluto essere presenti con voi, e alcuni di loro venendo anche da lontano. Saluto tutti voi e ringrazio i due rappresentanti, Maria e Giovanni, per le loro testimonianze.
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Maria accennava alla vostra vocazione, parlando di “vocazione del lavoro”. È vero: il lavoro è una vocazione, perché nasce da una chiamata che Dio rivolse fin dal principio all’uomo, perché “coltivasse e custodisse” la casa comune (cfr Gen 2,15). Così, nonostante il male che ha corrotto il mondo e anche l’attività umana, «nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 192). Come possiamo rispondere bene a questa vocazione, che ci chiama ad imitare attivamente l’instancabile opera del Padre e di Gesù che, dice il Vangelo, “agiscono sempre” (cfr Gv 5,17)?
Vorrei suggerirvi tre parole, che possono aiutarci. La prima, appena sottolineata da Maria, è educazione. Educare significa “trarre fuori”. È la capacità di estrarre il meglio dal proprio cuore. Non è solo insegnare qualche tecnica o impartire delle nozioni, ma rendere più umani noi stessi e la realtà che ci circonda. E questo vale in modo particolare per il lavoro: occorre formare a un nuovo “umanesimo del lavoro”, (…) dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo. Un altro aspetto, che è stato ricordato, è importante: educare aiuta a non cedere agli inganni di chi vuol far credere che il lavoro, l’impegno quotidiano, il dono di sé stessi e lo studio non abbiano valore. Aggiungerei che oggi, nel mondo del lavoro – ma in ogni ambiente – è urgente educare a percorrere la strada, luminosa e impegnativa, dell’onestà, fuggendo le scorciatoie dei favoritismi e delle raccomandazioni.
Ci sono sempre queste tentazioni, piccole o grandi, ma si tratta sempre di “compravendite morali”, indegne dell’uomo: vanno respinte, abituando il cuore a rimanere libero. Altrimenti, ingenerano una mentalità falsa e nociva, che va combattuta: quella dell’illegalità, che porta alla corruzione della persona e della società. L’illegalità è come una piovra che non si vede: sta nascosta, sommersa, ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando e facendo tanto male. Educare è una grande vocazione: come san Giuseppe addestrò Gesù all’arte del falegname, anche voi siete chiamati ad aiutare le giovani generazioni a scoprire la bellezza del lavoro veramente umano. La seconda parola è condivisione. Il lavoro non è soltanto una vocazione della singola persona, ma è l’opportunità di entrare in relazione con gli altri: «qualsiasi forma di lavoro presuppone un’idea sulla relazione che l’essere umano può o deve stabilire con l’altro da sé» (Lett. enc. Laudato si’, 125). Il lavoro dovrebbe unire le persone, non allontanarle, rendendole chiuse e distanti. Occupando tante ore nella giornata, ci offre anche l’occasione per condividere il quotidiano, per interessarci di chi ci sta accanto, per ricevere come un dono e come una responsabilità la presenza degli altri.
Giovanni ha parlato di una forma di condivisione che si attua nel vostro Movimento: i “progetti di Servizio Civile”, che vi consentono di avvicinare persone e contesti nuovi, facendone vostri i problemi e le speranze. È importante che gli altri non siano solo destinatari di qualche attenzione, ma di veri e propri progetti. Tutti fanno progetti per sé stessi, ma progettare per gli altri permette di fare un passo avanti: pone l’intelligenza a servizio dell’amore, rendendo la persona più integra e la vita più felice, perché capace di donare. L’ultima parola che vorrei consegnarvi è testimonianza. L’apostolo Paolo incoraggiava a testimoniare la fede anche mediante l’attività, vincendo la pigrizia e l’indolenza; e diede una regola molto forte e chiara: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3,10). (…) Oggi, invece, ci sono persone che vorrebbero lavorare, ma non ci riescono, e faticano persino a mangiare. Voi incontrate tanti giovani che non lavorano: davvero, come avete detto, sono “i nuovi esclusi del nostro tempo” (…), e vengono privati della loro dignità. La giustizia umana chiede l’accesso al lavoro per tutti. Anche la misericordia divina ci interpella: di fronte alle persone in difficoltà e a situazioni faticose – penso anche ai giovani per i quali sposarsi o avere figli è un problema, perché non hanno un impiego sufficientemente stabile o la casa – non serve fare prediche; occorre invece trasmettere speranza, confortare con la presenza, sostenere con l’aiuto concreto.
Vi incoraggio a dare testimonianza a partire dallo stile di vita personale e associativo: testimonianza di gratuità, di solidarietà, di spirito di servizio. Il discepolo di Cristo, quando è trasparente nel cuore e sensibile nella vita, porta la luce del Signore nei posti dove vive e lavora. Questo vi auguro, mentre (…) benedico tutti voi, le vostre famiglie e il vostro impegno. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.
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IL SERVIZIO VIDEO a cura del Centro Televisivo Vaticano
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di Francesco Rossi per la Redazione Papaboys
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