Primo appuntamento del pomeriggio a Tblisi è stato l’incontro del Papa con i sacerdoti, i religiosi e le religiose nella Cattedrale di S. Maria Assunta a Tbilisi. Ha introdotto l’incontro l’amministratore apostolico, mons. Pasotto, che ha parlato dell’esperienza di questa piccola minoranza cattolica: è una sfida e un’opportunità essere minoranza ma a volte è duro.
Poi sono seguite quattro testimonianze: un giovane, una madre di famiglia, un seminarista e un sacerdote.
Il Papa ha parlato a braccio, affermando che “oggi c’è una guerra mondiale per distruggere il matrimonio”, fatta non con le armi ma “con le idee”. Il “grande nemico” del matrimonio oggi è la teoria del gender, una colonizzazione ideologica.
Saluto di mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso
Santità, Papa Francesco, che bello, dopo aver celebrato la Santa Messa, ritrovarci qui, insieme a Lei, nostro Pastore, sotto gli occhi di Maria Assunta e abbracciati dai Santi cari a questa gente georgiana, dipinti sull’abside! Abbiamo voluto questo incontro in questo luogo per sentirci famiglia, per sentirci con Lei a casa nostra e poter condividere preoccupazioni, gioie e prospettive come si fa quando ci si vuole bene.
Sono qui radunati sacerdoti, consacrati, membri dei consigli pastorali e rappresentanti della comunità, il cuore di questa Chiesa locale.
La bellezza e la forza di una Chiesa si riconoscono principalmente dalle domande che essa sa porsi, guardando il futuro e cercando i modi di essere quotidianamente fedele al Vangelo. Solo in questa prospettiva accolga le domande e le riflessioni che alcuni rappresentanti di questa assemblea le rivolgeranno con filiale schiettezza. Siamo una piccola Chiesa e facciamo ogni giorno l’esperienza della minoranza. Vivere la minoranza significa possibilità di cogliere anche molte opportunità come la libertà interiore, perché non si hanno tante cose da difendere, la capacità di intuire subito ciò che è essenziale e indispensabile, perché non ci si può adagiare e bisogna essere sempre tesi verso ciò che è primario. Una grande opportunità che abbiamo è anche il comprendere meglio chi è in minoranza come noi.
Ma qualche volta è proprio dura! E’ vero che in questa situazione si può cadere facilmente nel pessimismo e nella lamentela creando in noi il senso della vittima, dimenticandoci che ogni situazione è grazia, possibilità che viene da Dio per farci crescere. Non possiamo dimenticare infatti che chi vuole essere discepolo di Gesù deve prendere la croce ogni giorno e seguirlo.
Santo Padre,
con lo sguardo rivolto al futuro, vogliamo mostrare un volto di Chiesa serena, ecumenica, ricolma di Spirito Santo, e che proprio in forza dello Spirito sia una rete di unità, non si stanchi di costruire ponti che avvicinino e favoriscano la pace in questa terra caucasica.
Grazie, Santo Padre!
Testimonianza di un sacerdote armeno
Santissimo Padre,
grazie alla Divina Provvidenza ci ritroviamo per la terza volta quest’anno insieme a Lei. La prima volta è stata in Armenia, dove abbiamo espresso a Lei, Santo Padre, ciò che scaturiva dal nostro cuore: amore, identità, vita e testimonianza. Un incontro che sta dando i suoi frutti in un rinnovato e coraggioso cammino di fede. La seconda volta, grazie alle organizzazioni caritative e alla Chiesa in Polonia, siamo riusciti, con un gruppo di 380 giovani armeni del nostro Ordinariato, a realizzare il sogno di partecipare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia.
Abbiamo vissuto giorni memorabili, ricchi di spiritualità, fede, fratellanza, preghiera e testimonianza. Da lì abbiamo portato via i suggerimenti essenziali che Lei, Santo Padre, ci ha dato: tenere viva la memoria del passato, la storia nazionale, e avere il coraggio di sognare e costruire un futuro luminoso, un futuro di pace e fratellanza. Tutti quei giovani Le dicono “grazie”, Santità, grazie per i consigli, grazie per la vicinanza e grazie per la Sua testimonianza di Successore di Pietro.
Oggi, Santo Padre, come servitore della comunità Armeno Cattolica della Georgia, facente parte della minoranza cattolica georgiana, ho il piacere di ringraziarLa ancora una volta per la Sua sollecitudine e vicinanza. Con la Sua presenza ci incoraggia a rimanere saldi nella fede dei nostri avi in Gesù Cristo, e vivere fraternamente con tutti in questa terra benedetta dal Signore.
Gli Armeni cattolici in Georgia, paese cordiale che ci ha sempre accolto con amore e rispetto, hanno una lunga storia di fede ardente. La Georgia è stata la terra nativa del nostro primo santo Martire, san Vartan Mamigonian, che ha sacrificato la sua vita, insieme ai suoi compagni, per difendere la fede cristiana. Ed è questa stessa fede che ha spinto migliaia di cattolici armeni a recarsi questa mattina, da diversi villaggi della Georgia, per incontrare il Successore di Pietro ed esprimergli amore e riconoscenza. Questi figli della nazione armena, anche se non hanno ancora una chiesa a Tbilisi, si sono radunati per essere confermati nella fede e benedetti da Lei, Santo Padre, e per ringraziarLa di tutto ciò che ha fatto per noi, eredi nella fede di San Gregorio Illuminatore. Amatissimo Santo Padre, mentre chiediamo la Sua benedizione, Le assicuriamo le nostre intense preghiere, affinché il Signore Le dia forza e salute per guidare la nave della Chiesa verso lidi di pace.
Testimonianza di un seminarista
Santità,
sono Kote, un seminarista georgiano. Ho terminato lo studio della teologia e mi appresto a diventare diacono. La mia vocazione è iniziata da bambino. Avevo 9 anni e ricordo proprio il giorno in cui a mia mamma, durante la S. Messa, al momento della consacrazione dissi: “Io voglio fare quello che fa quell’uomo”. Quell’uomo era un prete polacco, morto alcuni mesi fa, Padre Jerzy Szymerowski.
Prima di tutto vorrei dirLe grazie per la presenza qui in Georgia di sacerdoti e religiosi/e che hanno lasciato la loro terra e sono venuti a servire la nostra Chiesa dopo il periodo comunista. Sappiamo che il loro stare con noi è accompagnato dal desiderio di impiantare al più presto una Chiesa locale che possa camminare con le proprie gambe. Ci sono già alcuni sacerdoti e religiosi locali, diversi diaconi permanenti, alcuni seminaristi che si preparano in Kazakistan, e dei laici che hanno assunto le loro responsabilità, ma il cammino da fare è ancora lungo.
Pensando al mio prossimo diventare sacerdote, e sentendo ciò che sta a cuore ai nostri pastori, spesso mi nascono domande e riflessioni che mi spingono a cercare il modo migliore per spendere la mia vita.
In questi anni la nostra Chiesa si è sempre fatta promotrice dell’ecumenismo, i nostri fedeli pian piano hanno sentito l’importanza della preghiera di Gesù “che tutti siano una cosa sola” (cfr Gv 17,21), ma io mi domando spesso come fare per una collaborazione più attiva ed efficace con la Chiesa Ortodossa. Il cammino ecumenico e il lavoro pastorale per creare comunione è lento e difficile. Qualcuno, anche tra i nostri fedeli, suggerisce di pensare ai fatti nostri e di non preoccuparci troppo degli altri… ma è questa la via per il futuro?
Io sono convinto che non possiamo guardare in avanti con pessimismo, anzi, con l’aiuto di Dio vogliamo cercare nuove strade per essere fedeli ad un passato in cui i cattolici si sono sentiti sempre parte della società anche con opere caritative e di promozione umana. Un impegno importante per noi ora è l’Università “Sulkhan Saba Orbelliani”. E’ una università della nostra Chiesa, dove studia anche un migliaio di giovani ortodossi e dove una delle cinque facoltà è quella teologica. E’ una università stimata a livello pubblico e che permette alla nostra Chiesa di creare ponti in diverse direzioni.
Santo Padre, io sono fiero di essere cattolico e di diventare un prete cattolico georgiano. Attraverso il servizio di Pietro che Lei rappresenta, io e tutti noi ci sentiamo davvero uniti con la grande Chiesa Universale. Mostrare la cattolicità della Chiesa è il servizio che possiamo fare in questa terra. Ci incoraggi in questo. Grazie e ci benedica.
Testimonianza di una madre
Santità,sono Irina, sposata con Zurab e madre di due figli. La ringrazio, a nome di tutte le famiglie che rappresento, per il Suo essere tra noi. La Sua presenza ci dà sicurezza e gioia. La ringraziamo per la Sua attenzione alla realtà della famiglia cristiana e in particolare per la sua Esortazione apostolica Amoris laetitia.
Anche noi abbiamo partecipato al cammino sinodale con un coinvolgente lavoro preparatorio, accompagnati dalla nostra Commissione per la Famiglia.
Anche qui la famiglia, pur se sostenuta ancora da molti valori tradizionali, incontra varie difficoltà. In particolare, noi famiglie cattoliche, oltre alla trepidazione di diventare mamme e papà in situazione spesso di povertà, oltre al fatto che ci viene prospettata la possibilità di risolvere le difficoltà familiari attraverso la separazione, che rischia di diventare una cosa normale (nella Chiesa Ortodossa la separazione è molto facilitata e questo influisce sulle nostre coppie), sentiamo il problema dell’educazione cristiana dei figli.
Assieme alle famiglie ortodosse, incominciamo ad essere travolti dai problemi mondiali, quali la globalizzazione che non tiene conto dei valori locali, le nuove visioni della sessualità come la teoria del gender, e l’emarginazione della visione cristiana della vita, in particolare della nostra scelta di educare come cattolici i nostri figli.
La Commissione per la Famiglia ci propone diverse iniziative formative; in particolare, sta aiutando le coppie a riscoprire la propria realtà sacramentale per vivere più pienamente la ricchezza che portano in sé e che Lei, nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, ci ha ricordato. Da anni si impegna a far conoscere i metodi naturali per la regolazione delle nascite e la bellezza della fecondità secondo la visione cristiana. Vorremmo anche riscoprire il matrimonio come sacramento per l’evangelizzazione, come forza di testimonianza della Chiesa.
Inoltre, abbiamo notato che il proporre dei convegni di bioetica e di attenzione alla vita in tutti i suoi aspetti ci ha fatto fare qualche passo insieme con la Chiesa Ortodossa; ma Lei sa bene quante forze lottano contro la famiglia.
Accolga un particolare grazie, Santo Padre, perché ha usato la parola “letizia” unendola al concetto della famiglia. Ci piacerebbe davvero che ogni nostra famiglia mostrasse il volto sorridente della Chiesa e della fede! Le chiediamo di mettere questo nostro desiderio nella Sua preghiera.
Testimonianza di un giovane
Caro Papa Francesco, grazie di essere tra noi! Io sono Kakha e ho 23 anni. Faccio parte del consiglio dei giovani e rappresento qui tutti i giovani cattolici della Georgia, che guardano a Lei con tanto amore e simpatia. Quasi un centinaio di noi erano presenti in luglio alla GMG, e ci hanno portato di ritorno le Sue parole e la freschezza e l’entusiasmo che hanno riscontrato nei giovani di tanti Paesi.
Sì, la giovinezza è l’età tipica che fa guardare avanti con fiducia e speranza, ma è anche il periodo in cui nascono dubbi e scoraggiamenti. I grandi ideali che abbiamo nel cuore, e che spesso sono radicati nel Vangelo, si scontrano con la dura realtà quotidiana; e ci accorgiamo di cadere nella tentazione di adeguarci alla massa, e così tra noi c’è chi preferisce stare dove c’è più sicurezza e comodità, dove non si corrono rischi e non viene chiesto di volare in alto sfidando la legge della gravità.
Ma noi giovani cattolici, pur se in piccolo numero, pur consapevoli della nostra fragilità, sentiamo che grande è la chiamata che ci fa il Signore. Egli ci chiede di mostrare una Chiesa aperta, attenta a non chiudersi e a non considerarsi perfetta e unica, una Chiesa che crea relazioni disinteressate e si fa solidale rendendo concreto l’amore di Cristo.
Santità, sappiamo bene che molti giovani nel mondo vivono situazioni più difficili delle nostre e siamo grati a quelli che ci danno esempi eroici, testimoniando il Vangelo anche a rischio della loro vita. Ma, qualche volta, anche noi abbiamo la sensazione di essere soli, sbattendo contro muri di incomprensione.
Il Suo essere tra noi ci dà forza, ci fa sentire parte della famiglia universale e ci incoraggia nella nostra identità di cattolici. Vogliamo essere degni figli della Chiesa che Lei guida e esserlo con fierezza e senza paure.
Grazie, Santo Padre!
di Redazione Papaboys (fonte: Il Sismografo)
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