Quando Cristo Gesù venne in questo mondo trovò il suo popolo in condizioni miserevoli. Molti erano gli afflitti che desideravano vedere la salvezza di Dio e a Lui accorrevano ed era il mondo dei poveri, dei semplici, dei derelitti, di quanti erano in una situazione di schiavitù fisica e morale.
Questa beatitudine non si addice a chi è nel peccato, né a chi si serve del male per governare la terra. Questa beatitudine, perché si compia, è necessario che si fondi su un cuore tutto avvolto dalla giustizia di Dio, dalla volontà di osservare i suoi comandamenti, dal desiderio dell’anima di non trasgredire mai la sua legge, anzi di fare del Vangelo lo stile della propria vita, anche se questo dovesse comportare l’estrema povertà, la miseria materiale, la schiavitù del corpo, l’asservimento ai grandi di questo mondo, l’essere vittima di ogni ingiustizia e di ogni peccato che si commette sulla terra.
Nessun uomo, se vuole essere consolato da Dio, dovrà porre la sua vita nelle sue mani e portare quelle vendette che hanno come scopo e finalità di ripagare il danno o il torto subito. A nessuno dei discepoli del Signore è consentito farsi giustizia da sé, né in piccole, né in grandi cose. Chi segue Gesù deve vivere la vita intessuta totalmente di bene, a lui non è consentito operare nessun male, per nessuna ragione.
C’è un’altra via per ottenere la pace dell’anima e dello spirito, c’è un’altra strada per poter pervenire alla consolazione in ogni tribolazione o afflizione. Questa via è l’affidamento totale della nostra vita al Signore, la consegna della nostra esistenza a Lui. Consegnata la vita a Dio, quale sarà la modalità del suo svolgimento non è più nelle nostre mani, nella nostra volontà, nella nostra saggezza; è solamente affidata al Padre dei cieli che la custodisce come la pupilla dei suoi occhi. Se alla gloria di Dio serve la via della croce per la redenzione del mondo, la via della croce sarà percorsa; se invece serve quella del pellegrinaggio in mezzo agli uomini, quest’altra via sarà intrapresa. Ma chi deve decidere la via, il tempo, la durata, le circostanze storiche non è mai l’uomo, è solo il Signore.
Le afflizioni del cristiano devono essere solo due: l’una perché Dio non è amato, non è stato amato, è tradito e rinnegato dai suoi figli; l’altra perché il peccato del mondo si abbatte su di lui e lo schiaccia. Nell’una e nell’altra afflizione chi consola è il Signore. Nella prima, la consolazione di Dio è la pace eterna nel suo regno. Quanti si sono presi a cuore l’adorazione del nome del Signore e hanno offerto la vita perché nessun peccato ferisse il cuore di Dio, tutti costoro riceveranno la gioia della vita eterna. Essi hanno lavorato per la gloria di Dio e questo lavoro è costato loro la grande afflizione dell’anima. Quale ricompensa più grande se non il regno dei cieli, promesso a tutti coloro che hanno zelato il nome del Signore e si sono fatti strumenti della sua gloria?
La seconda afflizione è invece quella che è provocata dal male fisico che si abbatte su di noi e che potrebbe condurci anche alla morte fisica; potrebbe essere anche il male morale, la persecuzione, la calunnia, la maldicenza che distrugge il nostro spirito e lo porta in grave prostrazione. Quando il cuore sanguina, quando lo spirito geme, quando tutto l’uomo è avvolto dalla tristezza a causa di un male subito, di una ingiustizia perpetrata ai nostri danni, è in questo preciso istante che dobbiamo essere uomini evangelici. Dobbiamo attenderci la consolazione da parte di Dio, invocando da Lui che la sua pace scenda nel nostro cuore. Mai è consentito al discepolo di Gesù intraprendere una qualsiasi iniziativa di male al fine di consolare il suo spirito, come se la vendetta, o altro, potesse portare pace nel cuore e serenità nello spirito. Chi deve consolare è il Signore e chi deve portare la pace è il Dio nelle cui mani abbiamo consegnato tutta intera la nostra vita.
Chi vuole trovare la gioia del suo spirito in seguito all’ingiustizia subita, deve sempre rispondere con il bene, sapendo che ogni consolazione viene dal Signore e ogni forma di pace sia per lo spirito che per l’anima discendono solo dal Padre dei cieli. Nel momento del dolore il discepolo di Gesù consegna la sua vita a Dio, rinnova la sua offerta e continua ad amare il Signore con cuore indiviso, sapendo che è proprio attraverso la sua storia di afflizione e di morte che rende gloria a Dio e instaura il suo regno sulla terra.
Vergine Maria, il Vecchio Simeone ti aveva preannunziato che una spada ti avrebbe trafitto l’anima. Il tuo dolore è stato così perfetto, così pieno, così intenso, che di te si dice e si parla dei sette dolori, simbolo di pienezza e di compiutezza che la tua anima ha subito insieme al tuo spirito. Hai sofferto, sei stata afflitta sotto la croce, ma questa afflizione era necessaria per elevarti in santità, per raggiungere il sommo della perfezione d’amore alla quale ti chiama il tuo Dio e Signore. Tu fosti consolata, prima con la risurrezione di Cristo Gesù, tuo Figlio e nostro Signore, poi con l’assunzione in corpo e anima nella gloria del cielo. Tu che sai quanta consolazione eterna Dio concede a coloro che sanno soffrire per Lui, aiuta anche noi a sapere offrire, come te, la nostra vita a Dio, per gustare la sua consolazione eterna nel suo regno di luce e di gloria. Consola i nostri cuori. Consola i cuori di questo mondo afflitto. Amen.
di Don Francesco Cristofaro
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