Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano per Vaticannews.va
A vescovi, seminaristi, rettori, padri spirituali e formatori di quella “gemma incastonata tra il Tirreno e lo Ionio” che è la Calabria, Papa Francesco pone la stessa domanda: “Che cosa cercate?”. Un quesito non generico né casuale, ma lo spunto per riflettere ognuno sulla propria missione e vocazione dinanzi alle “esigenze della carità” e “alla promozione della cultura della legalità”. Il Papa riceve nel Palazzo Apostolico il gruppo proveniente dal sud Italia, nell’ambito del pellegrinaggio a Roma organizzato dalla Conferenza episcopale calabra. Subito, Francesco, ricorda la storia e la cultura di cui la Calabria è impregnata: “Anche se la vostra terra a volte sale alla ribalta della cronaca portando alla luce vecchie e nuove ferite, mi piace ricordare che siete figli dell’antica civiltà greca e ancora oggi custodite tesori culturali e spirituali che uniscono l’Oriente e l’Occidente”, dice.
La terra calabrese “brilla anche come luogo di spiritualità, che annovera importanti Santuari, figure di santi e di eremiti, nonché la presenza della Comunità greco-bizantina”, sottolinea il Pontefice.
Tuttavia, questo patrimonio religioso rischierebbe di restare solo un bel passato da ammirare, se non ci fosse ancora oggi, da parte vostra, un rinnovato impegno comune per promuovere l’evangelizzazione e la formazione sacerdotale.
In particolare su quest’ultimo punto della formazione sacerdotale si concentra il Papa, esortando a “formare preti che, pur provenendo dai propri contesti di appartenenza, sappiano coltivare una visione comune del territorio e abbiano una formazione umana, spirituale e teologica unitaria”. A tal proposito chiede di “fare una scelta chiara” e quindi di “orientare tutte le energie umane, spirituali e teologiche in un unico Seminario”. “Dico unico, possono essere due ma sommare: orientare verso l’unità con tutte le variabilità che possono dare ma lì. Questo non vuol dire annientare i seminari, no: vedete come fate questa unità”, dice a braccio.
Non si tratta di una scelta logistica o meramente numerica, ma finalizzata a maturare insieme una visione ecclesiale e un orizzonte della vita sacerdotale, invece che disperdere le forze moltiplicando i luoghi di formazione e tenendo in piedi piccole realtà con pochi seminaristi.
“Un seminario di 4, 5, 10 non è un seminario, non si formano seminaristi; un seminario di 100 così anonimo non forma i seminaristi…”, aggiunge Francesco a braccio. “Ci vogliono piccole comunità anche dentro un grande seminario o un seminario con misura umana che siano il riflesso poi del collegio presbiteriale. È un discernimento non facile da fare. Ma si deve fare e si devono prendere decisioni su questo. Non sarà Roma – specifica il Papa – a dirvi cosa dovete fare, no: perché il carisma lo avete voi. Noi diamo le idee, le orientazioni, i consigli, ma il carisma lo avete voi, lo Spirito Santo lo avete voi per questo. Se Roma incominciasse a prendere le decisioni sarebbe uno schiaffo allo Spirito Santo, che lavora nelle Chiese particolari”.
Questo processo si sta avviando in molte parti del mondo ed “è naturale che vi sia qualche resistenza e qualche fatica nel compiere questo passo”. Ma, raccomanda Papa Francesco, “ricordiamoci che l’attaccamento alla nostra storia e ai luoghi significativi della nostra tradizione non deve impedire alla novità dello Spirito di tracciare sentieri da percorrere, specialmente quando il cammino della Chiesa lo richiede”.
L’atteggiamento richiesto è dunque la “vigilanza”.
Abbiamo bisogno di occhi aperti e cuore attento per cogliere i segni dei tempi e guardare avanti!
Parlando direttamente ai seminaristi, il Papa pone loro una serie di quesiti. Ma prima mette in guardia dal “non cadere nel carrierismo” che “è una peste, è una delle forme di mondanità più brutte che possiamo avere, noi chierici, il carrierismo”. “Qual è il desiderio che vi ha spinto a uscire incontro al Signore e a seguirlo sulla via del sacerdozio? Cosa stai cercando in Seminario? E cosa cerchi nel sacerdozio?”, domanda Jorge Mario Bergoglio. “Dobbiamo chiedercelo – dice – perché a volte succede che dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, in realtà cerchiamo la gloria umana e il benessere personale”.
È molto triste quando tu trovi sacerdoti che sono funzionari, che hanno dimenticato l’essere pastori di popolo e si sono trasformati in chierici di Stato, come quelli delle corti francesi, le monsieur l’Abbé, erano chierici di Stato, è brutto quando si perde il senso sacerdotale.
Magari, rileva ancora il Pontefice, si cerca “il ministero sacerdotale come un rifugio dietro cui nasconderci o un ruolo per avere prestigio, invece che desiderare di essere pastori con lo stesso cuore compassionevole e misericordioso di Cristo”.
Volete essere sacerdoti clericali che non si sanno impastare con la creta dell’umanità sofferente, oppure essere come Gesù, segno della tenerezza del Padre?
Il Seminario è dunque “il tempo in cui fare verità con noi stessi, lasciando cadere le maschere, i trucchi e le apparenze”. E in questo processo di discernimento, “lasciarvi lavorare dal Signore, che farà di voi pastori secondo il suo cuore”. “Il contrario – dice a braccio – è il mascherarsi, il truccarsi, apparire è proprio dei funzionari non dei pastori di popolo ma dei chierici di Stato”.
Anche ai vescovi il Papa pone degli interrogativi: “Quale Chiesa sognate? E quale figura di prete immaginate per il vostro popolo? Perché voi siete i responsabili della formazione di questi ragazzi, con quale figura li stai (state) formando?”. Un discernimento oggi più che mai necessario, perché “nel tempo in cui è tramontata una certa cristianità del passato, si è aperta davanti a noi una nuova stagione ecclesiale, che ha richiesto e richiede ancora una riflessione anche sulla figura e sul ministero del prete”.
Non possiamo più pensarlo come un pastore solitario, chiuso nel recinto parrocchiale o gruppi di pastori chiusi; occorre unire le forze e mettere in comune le idee, i cuori, per affrontare alcune sfide pastorali che sono ormai trasversali a tutte le Chiese diocesane di una Regione
Sfide come l’evangelizzazione dei giovani, i percorsi di iniziazione cristiana, la “ricca” pietà popolare, le esigenze della carità e la promozione della cultura della legalità. La cultura della legalità, soprattutto, rimarca il Papa: “Come vanno i vostri tribunali? Come va l’esercizio della giustizia nella vostra diocesi?”.
A voi vescovi “che sognate il bene della vostra terra e avete a cuore la formazione dei futuri preti”, il Papa offre quindi una raccomandazione chiara:
Non lasciatevi paralizzare dalla nostalgia e non restate prigionieri dei provincialismi!
Una parola va anche ai vescovi emeriti: “Non fate mancare nel silenzio e nella preghiera il vostro sostegno a questo processo… Chi è emerito è chiamato a servire con gratitudine la Chiesa nel modo che si addice a questo suo stato”. “Non è facile congedarsi, a tutti ci chiede uno sforzo per congedarsi”, aggiunge il Papa a braccio. “Io – rammenta – scrissi una lettera sull’argomento che incominciava con queste parole: Imparare a congedarsi, senza tornare a ficcare il naso, imparare a congedarsi e mantenere quella presenza assente, quella presenza lontana che si sa che è lì l’emerito ma prega per la Chiesa, è vicino ma non entra nel gioco. Non è facile”.
Infine Papa Francesco conclude l’udienza con le parole del patrono San Francesco di Paola, che nasceva proprio il 27 marzo 1416: “Amatevi l’un altro e fate tutte le vostre cose in carità”, disse il santo sul letto di morte ai suoi confratelli. “Questo si aspetta da voi la Calabria: che tutto si faccia in carità, in unità, in fraternità”, dice il Pontefice, raccomandando di stare “attenti ai tribunali perché lì tante volte nasce tanta corruzione”: “State attenti… Che ci sia un cambio nei tribunali pure”.
“Insieme” è la parola chiave: “Camminate insieme, e la formazione in un unico Seminario o in due o in tre, ma insieme, non isolati in piccoli gruppetti… Non come tribù diverse, no, insieme, insieme con la modalità che voi scegliete. Siate coraggiosi in questa decisione, siate coraggiosi”.
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