<<Talità Kum>>. Con ogni probabilità a fianco del capo della sinagoga c’era una moglie, quindi una madre. E c’era una madre al fianco del funzionario del re che implorava a Gesù di guarire il suo bambino… E chissà cosa avrebbe provato la moglie del Padre Misericordioso nel vedere il figlio minore andar via… E c’era una Madre, ai piedi della Croce…
Se Dio è al contempo Padre e Madre, secondo il linguaggio anticotestamentario, ma anche secondo alcune splendide espressioni dei nostri amati Pontefici, è segno che Dio stesso sente, avverte, vive pienamente come una “mamma”.
Le fatiche di una madre, talvolta, sembrano insostenibili, incomprensibili al resto del mondo. Dalla gravidanza in poi, nasce un legame ben oltre la visceralità, al di là di ogni scibile umano e del potenziale affettivo. La donna, di fatto, partecipa alla creazione offrendosi come canale attraverso il quale passi la vita di Dio, per volontà di Dio stesso. Fin da ciò che narra la Genesi, è forse il dettaglio che sorprende di più: il Creatore, per creare, si serve della creatura. Ecco la misura infinita dell’amore. Nonostante l’umanità infedele, la fedeltà di Dio al proprio disegno di vita resta immutata dall’inizio del mondo. Poteva fermarsi ad Eva che non si era comportata granché… No. Dio ama la donna infinitamente e all’infinito e definitivamente rimuove il limite della propria pazienza. Pensa a donne sempre migliori fino a desiderarne una perfetta per Suo Figlio. Avrebbe potuto farlo scendere dal cielo (gli effetti speciali avrebbero convertito molto più della Grotta di Betlehem!), invece vuole una donna. E la genera ‘Immacolata’, libera, cioè, da ogni corruzione, nell’assoluta adeguatezza a Sé, riabilitando in Lei tutto il genere umano.
È inspiegabile, dunque, il dolore di una madre. Insopportabile. Tuttavia è perfettamente incastonato, come diadema, nel cuore di Dio. Il figlio si ammala, muore o più semplicemente si allontana, delude, tradisce… e la madre si sente schiacciare dal dolore, sopraffare dall’angoscia: sembra che dall’inizio dei tempi quella “spada che trafigge l’anima” non si sia mai fermata… però sa che è attraverso il dolore, quel dolore, che passa la salvezza. L’accettazione di esso, l’offerta, la certezza che sia pur sempre disegno d’amore di Dio, che non lo ‘manda’, ma lo contempla nella medesima dell’uomo, diventa atto di fede.
La mamma che prega poggia il capo sul petto di Gesù e si lascia accarezzare. A Lui non importa se qualche lacrima scenda sulla tunica… Conosce bene quel dolore, che vide già nel volto di Maria lungo tutta la via del Calvario e fissò dall’alto, sul Gòlgota, sotto la Croce e chissà quanto avrebbe desiderato fermarlo, secondo la logica umana. Dio non ferma il dolore: chiede solo che Gli si consegni, che diventi veicolo per l’abbandono totale all’amore. Disarmata dalla sofferenza, la madre ricorda di essere figlia e si getta inerme tra le braccia del Padre. Non teme più la nudità dell’anima perfettamente povera, non se ne vergogna, ma la dona arrendendosi all’Infinito della tenerezza. E le ferite smettono di sanguinare, perché l’Amore guarisce. Bastava desiderare di toccare il mantello, eppure Dio dà molto, molto di più.
“Padre Misericordioso, Tu che non hai avuto una madre, ma sei più madre di me, Tu che non sei stato generato, ma ami anche col cuore del Figlio, Tu che non ti sei innamorato come me, ma sei Amore nella potenza dello Spirito, prendi il mio dolore, plasmalo, trasformalo, usalo perché i miei occhi e quelli dei miei figli vedano la Tua Gloria. Ti benedico, Signore, perché hai scelto me, premiandomi, senza che ne avessi alcun merito, col privilegio della maternità: vieni a bagnare ciò che in me è arido, a sanare ciò che in me sanguina, a piegare ciò che in me è rigido, a scaldare ciò che in me è gelido… Ho tanto da fare, Signore, ma lascia ancora per un attimo che il mio capo resti qui: è meraviglioso sentire con i miei, i battiti del tuo cuore… Sembra che la musica sia una sola…”.
di Loredana Corrao
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