Le elezioni generali che hanno sancito la vittoria del partito Awami League, guidato dal premier Sheikh Hasina, sono state fortemente osteggiate dalla principale formazione dell’opposizione, il Bangladesh Nationalist Party (BNP), e dal gruppo islamista Jamaat-e-Islami. Entrambe le fazioni – che più volte hanno chiesto le dimissioni della Hasina e la formazione di un governo provvisorio – hanno esercitato forti pressioni sulla popolazione locale affinché boicottasse le consultazioni. Anche le minoranze religiose, in particolar modo quella indù, hanno subito attacchi da parte dei fondamentalisti che hanno minacciato di morte chiunque non avesse disertato le votazioni.
«Durante il periodo natalizio abbiamo vissuto giorni terribili – racconta ad ACS un fedele della diocesi di Dinajpur che per ragioni di sicurezza ha preferito rimanere anonimo – Per noi cristiani il Natale dovrebbe essere un momento di immensa gioia e invece in troppi hanno dovuto rinunciare alle celebrazioni». Le strade bloccate e gli attentati hanno impedito a catechisti e sacerdoti di raggiungere i fedeli nei diversi villaggi. «Perfino muoversi all’interno della stessa città era di fatto impossibile. Tantissimi non-musulmani sono stati picchiati a sangue e le loro case saccheggiate e distrutte». La diocesi di Dinajpur, nel Bangladesh nord-occidentale, è tra le aree che destano maggiore preoccupazione. Nei mesi scorsi si sono verificati numerosi attacchi ai danni della comunità cristiana, inclusa l’irruzione di alcuni fondamentalisti nel seminario interdiocesano “Jisu Dhyana Niloy”.
La situazione non è affatto migliorata con l’apertura dei seggi, centinaia dei quali sono stati gravemente danneggiati dai sostenitori di BNP e Jamaat-e-Islami. A causa di boicottaggi e intimidazioni l’affluenza alle urne ha di poco superato il 20%. Vista la poca partecipazione elettorale e la chiusura anticipata dei seggi interessati dai disordini, l’opposizione ha chiesto immediatamente che fosse riconosciuta l’irregolarità delle consultazioni. Le ulteriori polemiche non hanno fatto che accrescere le tensioni. «Il 7 gennaio – continua la fonte – è stato dato alle fiamme un villaggio cristiano. Tante persone, inclusi alcuni miei familiari, sono state duramente picchiate dagli estremisti». Secondo le ultime stime, il bilancio degli scontri avvenuti durante le elezioni sarebbe di almeno 21 morti ed oltre 300 feriti.
Fortunatamente non tutto il paese è stato interessato da violenze di tale entità. Un sacerdote che vive a Dacca, riferisce ad ACS che, grazie ad un considerevole impiego delle forze di polizia, nella capitale il clima è rimasto piuttosto tranquillo. «La chiesa in cui ho celebrato la messa di Natale, in un villaggio a 30 chilometri da Dacca, era sorvegliata da ben dieci agenti».
Marta Petrosillo
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