Di ritorno dal viaggio apostolico che lo ha visto in Africa dal 31 gennaio al 5 febbraio scorsi, Papa Francesco ha dedicato la catechesi all’udienza generale ai momenti più significativi ricordando quel “basta sfruttare l’Africa” pronunciato a Kinshasa e la tappa ecumenica a Giuba assieme all’arcivescovo di Canterbury e al moderatore della Chiesa di Scozia.
Due “sogni”: visitare il popolo congolese, custode di un Paese immenso, polmone verde dell’Africa e secondo del mondo. Terra ricca di risorse e insanguinata da una guerra che non finisce mai perché c’è sempre chi alimenta il fuoco. E visitare il popolo sud sudanese, in un pellegrinaggio di pace insieme all’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby e al Moderatore generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields: siamo andati insieme per testimoniare che è possibile e doveroso collaborare nella diversità, specialmente se si condivide la fede in Cristo.
Della Repubblica Democratica del Congo Papa Francesco dice che è “come un diamante” per le sue tante risorse e per la sua gente, ma che le ricchezze del Paese sono diventate motivo di contesa, di violenza e di impoverimento:
È una dinamica che si riscontra anche in altre regioni africane, e che vale in generale per quel continente: continente colonizzato, sfruttato, saccheggiato. Di fronte a tutto questo ho detto due parole: la prima è negativa: “basta!”, basta sfruttare l’Africa! (…) La seconda parola è positiva: insieme, insieme con dignità e rispetto reciproco, insieme nel nome di Cristo, nostra speranza, andare avanti. Non sfruttare e andare avanti.
Il Papa ricorda uno dei momenti più intensi vissuti a Kinshasa quando ha incontrato alcune vittime della violenza nell’est del Paese lacerato dalla guerra:
La gente vive nella paura e nell’insicurezza, sacrificata sull’altare di affari illeciti. Ho ascoltato le testimonianze sconvolgenti di alcune vittime, specialmente donne, che hanno deposto ai piedi della Croce armi e altri strumenti di morte. Con loro ho detto “no” alla violenza, no alla rassegnazione, “sì” alla riconciliazione e alla speranza. Hanno sofferto tanto e continuano a soffrire
Cita l’incontro con quanti si occupano dei più poveri attraverso tante iniziative di carità, che ha sollecitato non siano solo assistenza ma sostegno allo sviluppo delle persone, e poi quello “entusiasmante” con i giovani congolesi, quindi nella Cattedrale il momento vissuto con i sacerdoti, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e, infine, con i vescovi esortati ad essere segni della compassione, della vicinanza e della tenerezza di Dio.
Quello a Giuba, capitale del Sud Sudan, è stato “un pellegrinaggio ecumenico di pace”, afferma poi il Papa parlando della seconda parte del viaggio. Con lui c’erano infatti i capi “di due Chiese storicamente presenti in quella terra: la Comunione Anglicana e la Chiesa di Scozia”. Francesco spiega il perché e l’obiettivo di quella visita condivisa:
Era il punto di arrivo di un cammino iniziato alcuni anni fa, che ci aveva visti riuniti a Roma nel 2019, con le autorità sud sudanesi, per assumere l’impegno di superare il conflitto e costruire la pace. (…) Purtroppo il processo di riconciliazione non è avanzato tanto e il neonato Sud Sudan è vittima della vecchia logica del potere, della rivalità, che produce guerra, violenze, profughi e sfollati interni. Ringrazio tanto il signor presidente dell’accoglienza che ci ha dato e di come sta cercando di gestire questa strada niente facile per dire “no” alla corruzione e ai traffici di armi e “sì” all’incontro e al dialogo. E questo è vergognoso: tanti Paesi cosiddetti civilizzati offrono aiuto al Sud Sudan, e l’aiuto consiste in armi, armi, armi per fomentare la guerra.
Sottolinea poi il Papa il significato e il valore a carattere ecumenico della visita in quel Paese dove si è pregato insieme.
In una realtà fortemente conflittuale come quella sud sudanese questo segno è fondamentale, e non è scontato, perché purtroppo c’è chi abusa del nome di Dio per giustificare violenze e soprusi.
Della visita in Sud Sudan rievoca l’incontro con “un grande gruppo di sfollati interni”, che vivono in campi e dove forte è la presenza delle donne. “ Sono la forza che può trasformare il Paese – afferma il Papa – ; e ho incoraggiato tutti ad essere semi di un nuovo Sud Sudan, senza violenza, riconciliato e pacificato”. Nella celebrazione eucaristica che ha concluso la visita, Papa Francesco ricorda il suo incoraggiamento ai fedeli ad essere “sale e luce” nella loro terra. “Dio ripone la sua speranza non nei grandi e nei potenti – afferma -, ma nei piccoli e negli umili”. E dopo aver ringraziato i fratelli che lo hanno accompagnato nel viaggio e quanti hanno lavorato per il suo buon esito, conclude:
Preghiamo perché, nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sud Sudan, e in tutta l’Africa, germoglino i semi del suo Regno di amore, di giustizia e di pace.
A fine udienza generale, Francesco ha lanciato un appello per i due Paesi devastati dal terremoto ha causato quasi 9 mila morti e innumerevoli feriti: “Incoraggio tutti alla solidarietà per questi territori, in parte martoriati dalla guerra”. Un invito anche a pregare per i soccorritori, ostacolati da condizioni metereologiche avverse e gravi danni alle strade. Il Pontefice rivolge poi un pensiero agli ucraini “senza luce e riscaldamento” e alle vittime degli incendi in Cile.
Parole, queste ultime, rivolte in particolare alle popolazioni di Aleppo e altre città siriane che hanno paura di ritornare nelle proprie case, rese insicure dalle bombe di questo decennio di conflitto. Il Papa affida tutto e tutti alla protezione della Vergine Maria.
Preghiamo insieme perché questi nostri fratelli e sorelle possano andare avanti davanti a questa tragedia e chiediamo alla Madonna che li protegga. Ave Maria.
Come in ogni udienza generale del mercoledì e ogni Angelus della domenica, dal 24 febbraio 2022 ad oggi, il Papa non fa mancare un pensiero per l’Ucraina aggredita, dove si registrano nuovi attacchi nell’oblast di Sumy, nella zona nordorientale, e si teme una nuova offensiva su larga scala ad Est nei prossimi giorni.
Non dimentichiamo la sofferenza del popolo ucraino così martoriato con questo freddo, senza luce, senza riscaldamento e in guerra.
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