Il presidente di Libera, don Luigi Ciotti, all'interno del Campo dei Miracoli al Corviale in occasione dell'apertura degli Stati generali dell'Antimafia, 23 ottobre 2014 a Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI
“Don Ciotti sbirro. Più lavoro meno sbirri”. La scritta con una bomboletta spray è apparsa stamattina sul muro dell’episcopio di Locri. Ad accorgersi un sacerdote che ha avvisato il vescovo Francesco Oliva. Informate le forze dell’ordine, è intervenuta la Digos e, dopo i rilievi, gli operai del Comune con il sindaco Giovanni Calabrese hanno provveduto ad eliminarla.
Questo attacco al fondatore di Libera arriva dopo la visita a Locri del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il giorno prima della Giornata della Memoria e dell’Impegno.
In mattinata, nello stadio di Locri, davanti al Presidente della Repubblica, il lungo elenco delle vittime innocenti delle mafie era stato accompagnato da scroscianti applausi; nella Cattedrale di Locri, ieri sera, silenzio e raccoglimento hanno fatto da sottofondo a quella mesta litania che ha ricordato circa mille volti. Volti, non numeri, “volti sorridenti anche di fronte alla tragedia” ha sottolineato l’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone, che ha presieduto la veglia nella qualità di Presidente della Conferenza Episcopale Calabra.
Con lui c’erano don Luigi Ciotti, il vescovo di Locri-Gerace, Francesco Oliva, e l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini.
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Dopo la testimonianza di un familiare di “terza generazione”, quella di Luigi, nipote del commissario della Polizia di Stato Giuseppe Montana, ucciso a Palermo 32 anni fa, è toccato a Bertolone accompagnare la riflessione sul senso di questa iniziativa di Libera che, da quest’anno è stata istituzionalizzata con una legge dello Stato. “È nella preghiera che ci è dato di poter guardare tutto, anche le tragedie, il dolore, i delitti efferati, dal punto di vista di Dio, alla luce del Vangelo” ha detto. Il 21 marzo non segna soltanto l’arrivo della primavera, che irrompe con fiori e profumi, risvegliando ciò che era appassito o gelido, ma rappresenta pure “un giorno di fiducia e di speranza, un giorno in cui la luce ha la meglio sul buio del cielo e sul lutto delle più cupe tragedie”. Ricordare i tanti caduti serve anche a ricostruire la storia “per analizzare lo sviluppo delle dinamiche mafiose e delle possibili strategie di contrasto” ha detto Bertolone. Il Presidente dei vescovi calabresi (che hanno dato la piena adesione alla Giornata della Memoria e dell’Impegno organizzata da Libera a Locri e in altri 4.000 luoghi), ha richiamato le parole pronunciate da papa Francesco durante la sua visita in Calabria, condannando senza mezzi termini l’appartenenza alla criminalità organizzata; nello stesso tempo si è rivolto ai mafiosi invitandoli alla conversione: “Anche voi avete avuto un papà e una mamma: pensate a loro e convertitevi”.
Un incoraggiamento alla “comunità cristiana e civile a impegnarsi sempre di più nella costruzione di una società giusta, libera dai condizionamenti malavitosi e pacifica, dove le persone oneste e il bene comune siano tutelati dagli organi competenti”. E’ il messaggio inviato dal Papa ai familiari delle vittime di mafia riuniti in questi giorni a Locri per la Giornata della Memoria e dell’impegno, che sarà celebrata il 21 marzo, promossa da Libera con il sostegno della Conferenza episcopale calabra.
A leggere la lettera di Papa Francesco alle centinaia di familiari delle vittime innocenti di mafia è stato il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino, che ha portato loro il saluto e la vicinanza spirituale del Santo Padre. “Sua Santità – ha riferito mons. Galantino – auspica che l’incontro aiuti a riflettere sulle cause delle numerose violazioni del diritto e della legalità, che in non pochi casi sfociano in episodi di violenza e fatti delittuosi”. “Con tali voti – conclude la lettera – Papa Francesco, mentre assicura la sua preghiera per quanti combattono la piaga sociale del crimine e della corruzione, adoperandosi per un futuro di speranza, di cuore invia la benedizione apostolica”.
Dopo la lettura del messaggio, Mons. Galantino ha poi rivolto, sempre a nome di Francesco, alcune riflessioni ai parenti delle vittime di mafia. “Il vostro lutto, il vostro dolore e la vostra sofferenza- ha detto il segretario della Conferenza episcopale italiana- non possono e non devono restare chiusi nella vostra casa e nella cerchia dei vostri parenti e conoscenti”, ma “portati con grande dignità in pubblico, devono provocare rimprovero, vergogna e condanna per coloro che hanno provocato questi lutti per realizzare i propri piani di sopraffazione malavitosa”.
Quindi, mons. Galantino ha rivolto “un richiamo alla responsabilità” per chi amministra la cosa pubblica. “Incontrando queste persone – ha detto il presule – devono sentire forte il bisogno di prendere con chiarezza le distanze dal malaffare, devono avvertire forte lo schifo del compromesso e della vicinanza di chi vi ha privato di un affetto”.
Fonte: www.Avvenire.it
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