Sancta Sedes

Le periferie che visita dicono a Papa Francesco che è sulla giusta strada per una Chiesa ‘in uscita’

Grande e calorosa accoglienza per il Papa in visita alla parrocchia romana del “SS. Sacramento a Tor de’ Schiavi”.

Un nuovo bagno di folla per Francesco, un nuovo atteso e toccante abbraccio del pastore al suo gregge. Il Papa arriva alla parrocchia del SS. Sacramento a Tor de’ Schiavi, nella periferia Est di Roma, alle 15.20 circa, in anticipo sul programma, e il sorriso largo sul volto di chi lo accoglie, così come i cori e il fragore degli applausi segnano la gioia per questa visita.
“Papa Francesco benvenuto a Tor de’ Schiavi”. È il testo dello striscione bianco con la scritta gialla che ha accolto il Pontefice presso l’oratorio della parrocchia Santissimo Sacramento, alla periferia est di Roma.

Nel cortile della chiesa, dove campeggia l’enorme striscione di benvenuto coi colori del Vaticano, il Pontefice saluta i parrocchiani quasi uno per uno regalando carezze, baci ai più piccoli e decine di selfie. Poi prende posto per iniziare il dialogo con i genitori e i giovanissimi del catechismo.

Il primo a prendere la parola è Mauro, tra i responsabili dell’oratorio, che domanda a Francesco come si può convincere i genitori ad accompagnare costantemente i propri figli nel cammino di fede e a non lasciarli soli, e come si può lavorare per rendere più coese le famiglie.
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Il dialetto dell’amore
Il Papa insiste sull’importanza dei nonni, che il mondo continua a mettere nella “lista degli scarti” ma che invece sono un tesoro per la Chiesa e la società, e aggiunge che solo parlando in casa il dialetto dell’amore si possono costruire legami solidi. Importante è anche giocare e parlare con i propri figli, anche se alcune volte è difficile per via della mancanza di tempo quasi totalmente assorbito dal lavoro, perché questa è “la vitamina” per farli crescere forti e sani.

Ma saper rispondere, saper giocare, saper parlare, saper perdere il tempo con i figli: questo è il dialetto dell’amore, che fa trasmettere tutti i valori e la fede. Per favore, lavorate per questo. Il nocciolo dell’amore è la famiglia. Quello che non si impara nella famiglia difficilmente si imparerà fuori.

Testimonianza e coerenza
Simona invece scuote il Papa, parlando della difficoltà che ha avuto ad inserirsi in parrocchia per colpa di cattive testimonianze e atteggiamenti incoerenti ma anche per la mancanza di amore e accoglienza che spesso porta i giovani verso altre strade, e domanda: “Ma effettivamente, il Papa ci ama davvero? I vescovi, i sacerdoti, i catechisti vogliono veramente bene ai ragazzi? E se questo amore c’è, allora come mai non riesce ad arrivare a tutti i ragazzi e li manda via, cioè non riesce a tenerli vicini?”.

Francesco sdrammatizza: “Secondo la musica della tua domanda, la mia risposta dovrebbe essere una bastonata ai preti e ai vescovi?” Ma poi coglie l’occasione per insistere sulla necessità della “buona testimonianza”, che parte sempre dalla famiglia ma deve necessariamente estendersi alla parrocchia.

Il Vangelo dei fatti
C’è una virtù che tutti i preti devono avere, un atteggiamento che devono avere – i preti, i vescovi, i Papi, tutti – la vicinanza. “Ah… questo lo dicono gli psicologi …”. No, lo ha detto Dio Padre quando ha voluto che il Suo Figlio si facesse vicino a noi. Gesù è Dio vicino a noi. E noi che siamo gli apostoli di Gesù, dobbiamo andare per quella strada: la vicinanza. Non si predica il Vangelo con parole, con argomenti. No, non si predica così. Si predica con vicinanza, con testimonianze, con coerenze. E questo voi dovete chiederlo ai pastori: a me, ai vescovi e ai preti. Coerenza. Testimonianza.
La più grande delle prediche – sostiene il Pontefice – è la vicinanza tra i pastori e i laici che collaborano in parrocchia, ma anche la testimonianza e la coerenza di vita: senza queste virtù ci saranno solo parrocchie, magari perfette esternamente, funzionali, dove tutto va bene – tranne il cuore.

È una parrocchia ‘cardiopatica’. Ha la malattia del cuore, che è quello che fa la condiscendenza e la vicinanza.

La gioia del Vangelo
Beatrice, 15 anni, invece ha perso il papà due anni fa e nella parrocchia ha trovato una famiglia e ora vorrebbe che tanti ragazzi della sua età facessero l’esperienza di una Chiesa d’amore, come l’ha conosciuta lei. E il Papa scherza così:

Ma tante volte, quei compagni tuoi hanno ragione, eh? Perché alcuni, alcuni pastori, alcune suore, alcuni laici sono noiosi davvero, no? Sono noiosi davvero. E hanno una faccia che tu non sai se è una faccia di pastore, di uomo, donna che lavora in Chiesa o una faccia da veglia funebre.

La verità è però che solo la gioia del Vangelo fa la differenza. Non i sermoni, non le parole, non la ricerca di gratificazioni o ruoli all’interno della comunità:

Attrazione, non proselitismo
La Chiesa cresce, non per proselitismo ma per attrazione, l’attrazione della testimonianza. Noi non siamo una squadra di calcio, un club che va a cercare aderenti. No. Noi siamo discepoli di Gesù, che cerchiamo di fare le cose che il Vangelo ci dice. E questo sempre fa scaturire la gioia. E loro vedono la gioia e dicono: “Perché sono così gioiosi?” Questo succedeva nei primi tempi della Chiesa. Appena nata la Chiesa, dopo che è venuto lo Spirito Santo, la gente li guardava e diceva: “Ma guarda, sono felici questi! E come si vogliono bene tra loro! Non si spellano…”. Perché era gente la cui gioia attirava gli altri. Non si può vivere il Vangelo senza gioia: è condizione per vivere il Vangelo, la gioia.

Infine il Papa prega per la mamma di Mattia, un piccolo scout di 12 anni che anziché porgergli una domanda, confida al Papa la preoccupazione per l’intervento che dovrà subire la sua mamma, malata.

E’ una cosa che voi ragazzi e ragazze dovete fare sempre: pregare per i genitori. Pregare per i genitori. Loro pregano per voi, ma voi pregate per loro? O pregate soltanto quando avete la speranza che loro vi faranno un regalo? Ma non serve fare preghiere lunghe. No… Dire: Signore, custodisci mamma, papà, nonno, nonna.

L’abbraccio a malati e anziani
Dopo il lungo dialogo all’aperto, Francesco entra nel salone della parrocchia dove sono stati fatti accomodare malati, anziani e disabili. Lontano dalle telecamere li benedice e prega per loro definendoli “quelli che fanno fiorire l’albero della Chiesa” e che sanno trasmettere le radici, quelli che anche senza grandi titoli di studio, hanno il “dottorato della vita”:

Trasmettere la fede. Trasmettere la saggezza. Voi siete una ricchezza nella Chiesa. Non siete materiale di scarto. Per favore, non sentitevi materiale di scarto. No. Voi siete la ricchezza della Chiesa, la retroguardia della Chiesa. La civiltà moderna fa di tutto per farvi credere che voi siete passati, che voi non contate più, che voi siete lo scarto: sono bugie. Sono bugie!

Casa della Gioia
Poi, accompagnato dal parroco don Maurizio Mirilli e dal cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis, promotore di questo progetto straordinario di solidarietà, il Papa sale nei locali della “Casa della gioia”. Si ferma con i disabili del centro diurno e con le loro famiglie. Quindi visita la Casa famiglia e benedice gli ambienti, per poi fermarsi con sette ragazzi che a partire da oggi abiteranno qui insieme a due religiose e ad una laica. Pieni di incoraggiamento e benevolenza anche gli incontri con i responsabili della Caritas, dei progetti “Quartieri solidali” e “Condomini solidali”, e del servizio notturno per i senza dimora.

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