Gesù, apparendo un giorno a Santa Geltrude, disse: “Tutte le volte che liberi una anima dal Purgatorio fai un atto a Me sì gradito, che più non lo sarebbe se riscattassi Me stesso dalla sofferenza. A tempo debito, ricompenserò i miei liberatori, secondo l’abbondanza delle mie ricchezze.”
S. Geltrude è l’unica donna nella storia tedesca ad essere chiamata “die Grosse” cioè “la Grande” o “Teresa di Germania” perché sotto molti aspetti richiama la grande Teresa di Avila e, secondo, di “Teologa del Sacro Cuore” perché con la sua particolare devozione al Cuore divino del Cristo preannunciava e preparava santa Margherita Maria Alacoque che ne sarà la grande apostola.
Geltrude nelle sue rivelazioni racconta che una pia religiosa, morta nel fior dell’età e nel bacio del Signore dopo una vita passata in continua adorazione verso il SS. Sacramento, le apparve appena morta tutta sfolgorante di luce celeste, inginocchiata davanti al divino Maestro, che faceva partire dalle sue piaghe gloriose cinque raggi infiammati, che andavano a toccar dolcemente i cinque sensi della pia suora. Ciononostante, sembrando la fronte di questa come offuscata da una nube di tristezza profonda, S. Geltrude, piena di meraviglia, domandò al Signore come mai, mentre egli favoriva la sua serva in modo tanto speciale, questa sembrava che non godesse di una gioia perfetta.
E poichè la Santa intercedeva per lei, nostro Signore le fece conoscere che senza numerosi suffragi quell’anima non avrebbe potuto così presto terminar la sua pena, esigendo così la giustizia divina; il che era tanto ben compreso dalla defunta, che fece segno a Geltrude di non voler essere liberata prima di aver soddisfatto interamente al suo debito; per la qual cosa il Signore, in segno di particolare benevolenza, le stese la mano sul capo e la benedisse.
Una volta, mentre Geltrude pregava per la Abbadessa malata, desiderando conoscere il suo stato, il Signore le disse: « Ho atteso questo tempo con gaudio ineffabile, per condurre la mia Sposa nella solitudine e parlarle cuore a cuore. Il mio desiderio si attua, perchè ella entra in tutte le mie vie e compie in ogni cosa la mia Volontà ».
Tali parole significavano che la malattia è quella solitudine ove Gesù parla al cuore della sua diletta, più che alle sue orecchie; le sue parole non colpiscono l’orecchio del corpo, perchè le parole che si rivolgono al cuore sono più sentite che ascoltate.
Le parole del signore alla sua eletta sono le tribolazioni e le angosce ch’ella prova pensando che la malattia la rende inutile, ch’ella perde il tempo, che le consorelle affaticandosi intorno a lei, lo perdono esse pure, giacchè non le sarà dato di poter guarire. Ma ella risponde a tali tentazioni nel modo da Dio desiderato, cioè, custodendo la pazienza e non bramando che una sola cosa, cioè che in essa si compia la divina Volontà. […]
«La mia eletta compie i miei più cari desideri, accettando i dolori della malattia, lungi d’imitare la regina Vasthi che disprezzò gli ordini d’Assuero, quando quel re le ordinò di entrare col diadema in testa, perchè i grandi della corte potessero, contemplare la sua bellezza. Io pure voglio far risplendere la magnificenza della mia Sposa davanti all’adorabile Trinità ed a tutta la Corte celeste, perciò la tormento con gli spasimi della malattia. Ma ella compie i desideri del mio Cuore, accettando con tranquillità, pazienza e discrezione í ristori che il suo stato reclama: ciò le varrà grandi gradi di gloria, perchè deve superare se stessa per agire in tal modo. Ella però deve farsi coraggio pensando che, grazie alla mia bontà infinita « diligentibus omnia eooperantur in bonum – Tutto coopera al bene di coloro che amano » (Rom. VIII, 28).
« Talvolta mi compiaccio di mirare, la mia eletta che sta preparandomi doni graditi, e allora le procuro perle e fiori d’oro. Ecco ciò che queste parole significano; Le perle sono i suoi sensi, i fiori sono le ore disponibili che le permettono di prepararmi, ornamenti belli, graditi, preziosi; giacchè, appena può e riprende le forze, si occupa subito della sua carica, per quanto le riesce possibile. Con sollecitudine prende diverse misure per conservare ed accrescere la Religione perché, dopo la sua morte, le suorasue parole ed i suoi esempi siano come colonna saldissima che, per la mia eterna gloria, sostenga la stato religioso. Se però s’accorge che il lavoro nuoce alla sua salute, lo lascia tosto e mi abbandona ogni cosa con grande fiducia. Questa fedeltà a riprendere il lavoro, o a lasciarlo quando le forze declinano, commuove profondamente il mio Cuore».
Altra volta ella si turbò, temendo che vi fosse negligenza da parte sua nell’omettere la S. Comunione, l’orazione ed altre pratiche di Regola. Le sembrava anche di comunicarsi con poco rispetto, poiché la sua grave infermità le impediva di prepararsi accuratamente. Il Signorà volle istruirla e consolarla per tramite di Geltrude: « Sappi che quando, per giusto senso di discrezione, tralascia di comunicarsi; o di compiere altra pratica, la mia infinita bontà si affretta ad attribuirle un bene che supplisce a quello che non ha potuto acquistare, perchè tutti i tesori della Chiesa sono miei, ed Io posso disporre dei medesimi ».
Geltrude chiese all’anima di una religiosa defunta: « Dalle tue parole mi pare di poter concludere che è più vantaggioso celebrare delle Messe per i defunti, piuttosto che per altre intenzioni». La giovane Religiosa rispose: « In vista della carità con la quale si aiutano, le anime purganti, la S. Messa produce maggiori frutti che se fosse celebrata soltanto per dovere sacerdotale. Ma se un moto intimo del cuore getta íl sacerdote in Dio, e lo fa celebrare sotto tale impulso, allora il S. Sacrificio è ancora più fruttuoso ».
Un altro giorno Geltrude vide una defunta raggiante di gloria, adorna di abiti scarlatti: ne chiese la ragiono al Signore, il quale rispose: « Come gliene avevo fatto promessa, per tuo tramite, volto santo di madre Pierina così l’ho rivestita della mia Passione; perchè nonostante la grande debolezza della sua salute, non si è mai astenuta dai lavori comuni imposti dalla Regola e quantunque si spendesse al di là delle sue forze, pure non lasciò sfuggire nè un lamento, nè una impazienza». Il Signore aggiunse: « Le ho poi dato parecchi nobili principi della mia corte, affinchè le rendano onori particolari per compensare gli spasimi sopportati durante la malattia. Un braccio le cagionò particolari sofferenze, perciò ella mi tiene abbracciato nella gloria con tale beatitudine che vorrebbe avere sofferto cento volte di più ».
di Stefano Santi per la Redazione Papaboys
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