Il prossimo 26 gennaio comincerà l’iter al Senato del testo sulle cosiddette “unioni civili”, ancora una volta diciamo cosiddette perché il ddl Cirinnà di civile non ha nulla dal momento che è strutturato per delegittimare e disintegrare la cellula fondamentale della nostra società, ovvero la famiglia.
Disintegrazione del matrimonio. Questo testo viene presentato come uno strumento necessario a garantire dei diritti ad una supposta categoria di persone discriminate per il loro orientamento sessuale. Basta il buon senso per capire che non è così. Il matrimonio in Italia è consentito a tutti, non è precluso a nessuno (purché maggiorenni e non già sposati chiaramente), ed è fondato sull’unione stabile e fedele tra un uomo e una donna. Istituire un’unione tra due uomini o due donne ed equipararla al matrimonio non significa dunque estendere un diritto a chi non ce l’ha, significa invece ridefinire il matrimonio che, a questo punto, non sarebbe più fondato sulla complementarietà sessuale e la potenzialità generativa bensì su una “preferenza” sessuale o, come va di moda dire ultimamente, “sull’amore” inteso unicamente come sentimento ed emozione. Ma il matrimonio non ha nulla a che fare con il sentimento, la parola “amore” non si trova negli articoli del Codice Civile poiché la disciplina del matrimonio parla di diritti e di doveri fra marito e moglie e nei confronti dei figli, parla di obbligo reciproco alla fedeltà, di assistenza morale e materiale, di fissare l’indirizzo della vita famigliare. La nostra Costituzione ri-conosce la famiglia (ovvero prende atto che esiste da prima della Carta) come cellula primaria della società poiché la stessa è l’unica che può educare, in un nucleo stabile, cittadini capaci di contribuire al bene comune e di accogliere la diversità, all’interno di un’unione fondata sulla differenza sessuale. Il sentimento non ha nulla a che fare con la disciplina giuridica del matrimonio, da millenni fondato sulla complementarietà uomo donna: l’unica capace in potenza di generare.
Mercificazione dei bambini. Come abbiamo ripetuto fino allo sfinimento, l’istituto della stepchild adoption, contenuto nel DDL, apre la strada alla pratica abominevole dell’utero in affitto, per cui due persone adulte che decidono di volere un figlio, unicamente in funzione di questo desiderio, avrebbero il diritto di fabbricare lo stesso con ovuli, utero e seme esterni, sfruttando il corpo di altre donne (che avvenga a pagamento o meno, resta inaccettabile) all’estero, di tornare in Italia e di vedersi riconosciuto quel bambino come figlio, quando figlio non è, ma un minore trattato come un oggetto di diritto. Inoltre la mancanza della bipolarità sessuale, del padre o della madre, creerebbe ostacoli allo sviluppo normale dei bambini. Ma è chiaro che non basterebbe eliminare dal DDL la stepchild adoption, perché qualora il nostro paese varasse una legge sulle cosiddette “unioni civili”, anche senza adozione, l’Europa ce la imporrebbe (vedi la sentenza contro l’Austria) o lo farebbe la magistratura a colpi di sentenze. Inoltre, anche senza figli, queste unioni indebolirebbero l’istituto matrimoniale, svilendone il significato, facendo passare l’idea che il compito procreativo ed educativo sono solo delle opzioni. Il matrimonio non servirebbe più a garantire l’ordine delle generazioni e ciò sarebbe dannoso per la stabilità della società.
Bisogna scendere in piazza. Se il ddl Cirinnà, come abbiamo detto, disintegra la società partendo dalla famiglia, la società intera è chiamata a dire no ed è chiamata a farlo nello spazio pubblico poiché questa legge riguarda chiunque sia figlio, fratello, padre, madre, amico. La famiglia non è una delle tante opzioni possibili per costruire la società, il matrimonio non è “una modalità di vivere l’amore”, il figlio non è mai un oggetto, l’amore non è una pulsione sessuale e la tendenza sessuale non definisce le persone. Ripetiamo, il matrimonio è una reciproca donazione, esclusiva, di un uomo e una donna che si compiono nell’apertura alla generazione ed educazione di nuove vite.
Da Nord a Sud il popolo è pronto per mobilitarsi a difesa dell’uomo poiché, pur non avendo mezzi di comunicazione a disposizione, ci restano il nostro corpo, la nostra faccia, quello che siamo, la nostra storia e il nostro amore per l’uomo e per il Bene Comune. Nessuna mediazione è possibile e partendo da questa certezza siamo pronti ad una grande manifestazione a Roma, ma nell’attesa non restiamo a guardare: da Nord a Sud vegliamo nelle piazze italiane, lì dove viviamo, abitiamo, dove siamo chiamati a svegliare le coscienze. Prima dell’inizio della discussione al Senato, e in particolare il 23 e 24 gennaio, invaderemo le piazze delle nostre città.
VERBANIA SABATO 23 GENNAIO PIAZZA RANZONI ORE 16
TRIESTE SABATO 23 GENNAIO PIAZZA DELLA REPUBBLICA ORE 17
BRESCIA SABATO 23 GENNAIO PIAZZA VITTORIA ORE 16.30
CESENA SABATO 23 GENNAIO PIAZZA DEL POPOLO ORE 16.30
CATANIA SABATO 23 GENNAIO PIAZZA UNIVERSITA’ ORE 18
BERGAMO SABATO 23 GENNAIO SENTIERONE ORE 16
SIENA SABATO 23 GENNAIO PIAZZA DEL CAMPO ORE 17
VITERBO SABATO 23 GENNAIO PIAZZA DEL PLEBISCITO ORE 18.30
BIELLA DOMENICA 24 GENNAIO VIA ITALIA (ANGOLO BATTISTERO) ORE 16
MODENA DOMENICA 24 GENNAIO PIAZZA MAZZINI ORE 16.30
SALO’ (BS) DOMENICA 24 GENNAIO PIAZZA SERENISSIMA ORE 15.30
MILANO (DATA E PIAZZA DA CONFERMARE)
…e tante altre piazze da confermare. Aggiornamenti sul sito www.sentinelleinpiedi.it
Vegliamo perché sia tutelata la nostra società, la famiglia, il matrimonio, l’essenza dell’uomo, vegliamo per la ragione, vegliamo in piazza perché ci sta a cuore la felicità piena di ciascuno.
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