Santa Caterina da Bologna divenuta esperta degli inganni del diavolo, dopo esserne stata vittima per ben cinque anni, propose alle sue consorelle sette armi spirituali per non cadere nelle sue trappole. Il demonio, è ben astuto e sa ben nascondere la sua identità e apparire sotto le sembianza della Vergine Maria con Gesù Bambino in braccio o di Cristo crocifisso.
Benedetto XVI ha dedicato l’Udienza Generale del 29 dicembre 2010 a una presentazione particolarmente ampia della vita e degli scritti di santa Caterina da Bologna e delle sue “sette armi spirituali”, che gli ha offerto l’occasione di approfondire la realtà dell’azione del demonio.
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Per il nostro cammino ascetico la santa propone:
PRIMA ARMA – LA DILIGENZA: è la sollecitudine nell’operare il bene.
Sembrerebbe un’arma che debba impegnare tutta la nostra perizia e volontà ed invece la Santa afferma che a dare il primo movimento e impulso è DIO-AMORE, lo Spirito Santo, che con le sue “buone ispirazioni” attende una risposta diligente nella pratica coerente. A prima vista sembra che tutto potrebbe compiersi nella risposta della volontà della creatura, invece tutta la diligenza consiste nel porre questa volontà in mano allo Spirito, primo motore, per conseguire il “discernimento” necessario al fine di non fare né troppo né poco e per usare “con criterio” tutte le virtù. In definitiva come non c’è diligenza nel poco, così c’è difetto nel troppo, perciò l’equilibrio nel discernere è la legge spirituale nel buon uso della prima arma.
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SECONDA ARMA – LA DIFFIDENZA DI SE’: ogni diligenza, anche e proprio nel bene, può degenerare in presunzione e superbia senza la diffidenza di sé.
Essa è “nobilissima dote” e ha il potere di sconfiggere le forze del male, che si nascondono in chi si fida delle proprie forze e ancor più della propria esperienza. Quindi male è: “Voler vivere di testa propria e con lo stolto fervore”; bene è, invece: “vivere secondo coscienza e secondo il parere e la volontà dei superiori”. La Santa dunque propone quest’arma della diffidenza di sé al positivo e solo così si possono dare colpi mancini al nemico. Infatti essa poggia sulla retta coscienza e ha come contro prova la virtù dell’umiltà, che chiede consiglio e si sottomette “totalmente” alla volontà dei superiori.
TERZA ARMA – LA CONFIDENZA IN DIO: Non si può diffidare di sé con verità ed equilibrio, se non si confida pienamente in Dio, perciò la Santa dice di prendere questa terza arma per combattere “virilmente” le prove e le tentazioni della triplice concupiscenza: il diavolo, il mondo, la carne. E se per “divino e occulto mistero” l’anima soffre fino a sperimentare l’abbandono di Dio, essa ha, come modello di perfetta confidenza in Dio, Gesù crocifisso, che in quei momenti sarà “dolce e fedele compagno” di colei che, follemente innamorata, desidera soffrire per Lui.
QUARTA ARMA – LA MEMORIA DELLA PASSIONE E MORTE DI GESU’ CRISTO: è posta al centro delle sette armi, allo stesso modo che questo mistero è al centro della nostra vita cristiana, anzi Caterina afferma che è “superiore a tutte” a tal punto che senza di essa poco gioverebbero le altre. La maestra delle novizie addita loro la passione di Cristo Gesù come vera “maestra sapientissima”, che porta a piena bellezza tutte le virtù.
QUINTA ARMA – LA MEMORIA DELLA PROPRIA MORTE: è considerata tutta in chiave positiva.
Infatti essa ha lo scopo di non lasciar passare invano questo “tempo di misericordia” ed esercitando il dono “della buona volontà” nella obbedienza per essere usata “con giusta prudenza”, permette di percorrere la via della salute dell’anima e del corpo.
SESTA ARMA – LA MEMORIA DEL PARADISO: i cui beni non sono il premio del mercenario, bensì di chi combatte, vive ed opera “per puro amore”.
SETTIMA ARMA – MEMORIA DELLA SACRA SCRITTURA: è la madre meritevole di piena fiducia, da ci prendere sempre consiglio. E’ molto importante ciò che Caterina dice sull’uso di quest’arma, ove troviamo accenni delicati e teneri di un rapporto sponsale dell’anima con Cristo Gesù che, nel Vangelo e nelle Epistole della Santa Messa, invia la sua lettera d’amore alla creatura che ama, affinché ella lo possa “dolcemente e castissimamente abbracciare” soprattutto nel ritiro della cella.
San Caterina nel consigliare l’uso delle armi non segue il criterio dal meno al più importante, bensì le pone tutte sullo stesso piano, per scegliere ora l’una ora l’altra, al momento opportuno, per la battaglia spirituale. E direi che la settima è come la guaina che tutte le contiene e permette così di non stare mai senza di esse e di usarle con prudenza. Infine quest’ultima arma chiude il discorso sul cammino ascetico e fa da prologo a un discorso più ampio, che investe l’esperienza mistica della Santa, di cui forse non avrebbe parlato, se non fosse stata interiormente sollecitata per il bene delle novizie e delle sorelle, onde metterle in guardia contro gli inganni del maligno.
Le sette armi possono chiamarsi il Vademecum di ogni creatura che, “illuminata dalla grazia divina, in giovane età, con sana coscienza e con buon fervore entra in monastero”, e si dedica all’orazione e all’esercizio della virtù, ma poi la religiosa, non più giovane, avrà bisogno delle medesime armi per la battaglia spirituale, che si svilupperà in un rapporto personale di esperienza mistica nella dinamica della vita trinitaria. (tratto da Le Sette Armi Spirituali di Santa Caterina da Bologna di Sr. M. Giovanna Lo Bianco o.s.c.)
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