Gesù inchiodato alla croceDopo aver detto, con lacrime e sudore di sangue, il suo sì filiale al Padre, Gesù acquista forza ed è pronto ad affrontare la Passione tacendo davanti alla menzogna e all’umiliazione, deciso a portare a compimento la sua missione salvifica. Condannato a morte senza un regolare processo, si avvia, portando la croce, verso il Calvario.
Durante la faticosa salita, egli è il buon Pastore che porta sulle sue spalle non tanto una croce di legno quanto l’umanità, ossia la pecorella smarrita che è venuto a cercare per riportarla nell’ovile del Padre sulle proprie spalle. Siamo dunque noi la sua vera croce. […] la prima parola che udiamo da lui sulla croce è perdono, vale a dire «per-dono», dono al superlativo, dono di quell’amore che l’ha spinto lì: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». […]
buon_ladrone[…] Un «re da burla» che non si difende e che non è difeso da nessuno, nemmeno con una parola… È una condizione estremamente umiliante, ma è la vera via regale scelta da Cristo per sé e da lui proposta ai suoi discepoli: «Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore» ( Gv 12,26). E ancora: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore» ( Mt 11,29).
[…] per quella sua fede il ladro ebbe il coraggio, in mezzo alle bestemmie e alle parole irrisorie, di chiamarlo per nome, di riconoscerlo «salvatore» e di rivolgergli un’umile preghiera di supplica: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno», rubando così all’ultimo istante il passaporto per entrare nel più bello di tutti i regni e ricevere in eredità una ricchezza incalcolabile. Ebbe, infatti, la grazia di sentirsi dire: «Oggi con me sarai nel paradiso» ( Lc 23,43). […]
Tutto il tumulto della più tragica giornata della storia sembra ora placarsi. Sulla vetta del Golgota verso sera spiccano soltanto tre gesù muore sulla crocepersone, tre esili figure: Gesù agonizzante, la Madre e Giovanni, il discepolo dal cuore vergine, capace di amare con totalità di dedizione, senza paura di morirne. Come Maria.
E si distinguono ormai soltanto alcune brevi parole: brevi ma intense, essenziali, cariche di potenza creatrice, perché cariche d’amore: «Donna, ecco tuo figlio!… Ecco tua madre!». La consegna della Madre al discepolo è il supremo testamento d’amore lasciatoci da Gesù. Nelle tenebre del Venerdì Santo una luce rifulge; in un raccapricciante scenario di morte avviene un mirabile atto creativo. Maria rappresenta qui la nuova Eva dalla quale nasce una prole nuova: la stirpe dei figli di Dio. Donna, ecco tuo figlio![…]
Dopo aver pronunziato il suo «testamento spirituale» e aver consegnato la Madre al discepolo amato, Gesù è ora totalmente spoglio di ogni divina e umana ricchezza; il Figlio di Dio, ridotto all’estrema povertà, grida tutta la sua desolazione e l’angoscia di uomo che sperimenta la dolorosa assenza di ogni sostegno vissuta come assenza costato-misericordia-croce di Dio stesso, come stato di abbandono totale: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Il grido lacerante dell’Uomo-Dio attraversa le nostre tenebre; è l’ora culminante dell’agonia in cui il Cristo assume veramente tutta la desolazione, l’angoscia, la paura, il terrore della morte che abitano nel cuore dell’uomo. […] «Dio non può averlo abbandonato – spiega sant’Agostino – perché lui stesso è Dio». Eppure il Cristo prova questo abbandono, vive questa estrema desolazione, cade in questo abisso dove le tenebre sono assolute. È un mistero. Al grido straziante del Figlio, dell’uomo, Dio non si fa sentire, non interviene.
E tuttavia non è un Dio assente; è un Padre che, per folle amore, immola il Figlio della sua compiacenza per i « figli dell’ira»; nel Figlio del suo amore egli immola il proprio cuore, che, tutto donato, diventa puro silenzio. Ma in quel silenzio c’è la più alta risposta, la più sofferta «com-passione». È un’ora buia; è l’ora più buia della storia, ma è anche il grembo del nuovo giorno, per la nascita di un mondo nuovo, per il sorgere di una nuova luce. […] Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio si fece buio sulla terra… Questo è uno spazio di tempo nella giornata, in ogni giornata, che noi dovremmo sempre trascorrere sotto la croce, poiché quell’ora non si è chiusa, ma perdura e abbraccia tutta la nostra esistenza. […]
[…] imbevuta una spugna di aceto, gliela porge è, in mezzo a tante atrocità, un segno di umana compassione, compiuto per alleviare le sofferenze dell’agonizzante. Ma la sete di Gesù non può trovare sollievo soltanto in questo, perché è una sete soprattutto spirituale che lo ha accompagnato lungo tutta la sua esistenza terrena. È sete di amore. […] Di che cosa, infatti, ha sete Gesù se croce aceto e fielenon di noi, della nostra salvezza, della nostra fede, del nostro amore? La beata Teresa di Calcutta commentava queste ultime parole di Gesù, dicendo: «Ho sete: queste parole di Gesù non riguardano solo il passato, ma sono vive qui e ora, dette a noi… Finché non comprendiamo nel profondo del nostro essere che Gesù ha sete di noi, non potremo cominciare a conoscere quello che egli vuole essere per noi, e ciò che egli vuole che noi siamo per lui». […]La sete di Gesù è sete di compiere la volontà del Padre, è desiderio della nostra salvezza… Egli ci ama e ha sete dell’amore di ognuno di noi, perché ciascuno di noi conta per lui più di tutto il mondo.
Perciò, se noi non ricambiamo il suo amore, egli rimane assetato e continua a cercarci. Ma come possiamo ricambiare l’amore se, a causa del peccato, siamo incapaci di amare? Gesù stesso, morendo riarso dalla sete, diventa la sorgente inesauribile dell’acqua viva, poiché dal suo cuore trafitto sgorgano sangue e acqua. Da questa sorgente possiamo attingere l’amore e la sovrabbondanza della Vita. L’ora della crocifissione e della morte di Cristo è quindi l’ora del trionfo dell’Amore e della sua massima fecondità. Nella misura in cui beviamo a questa sorgente, veniamo dissetati e anche dal nostro cuore zampilla una sorgente d’acqua viva offerta a tutti gli assetati di Dio, del Dio che è inesauribile Amore.
Le braccia distese sul legno, le mani inchiodate, Gesù è fisicamente del tutto impotente, agli occhi di tutti appare uno sconfitto. […] Tutto è compiuto. Tutto è avvenuto secondo le profezie, tutto è avvenuto secondo il disegno del Padre. L’ora dell’offerta iniziata con la croce (14)nascita di Gesù a Betlemme si compie sul Calvario: là era nato nella estrema povertà, qui muore nell’estrema spogliazione e umiliazione. È la scelta di Dio, è la scelta dell’Amore che, volendo ricuperare i miseri, si fa Misericordia, si abbassa, si svuota di se stesso per riversarsi in noi come sorgente di vita. Tutto è compiuto: è questo «l’istante immobile»; il tempo si ferma, l’ora batte sul cuore di Gesù e si riparte da zero. È l’ora zero della storia, l’ora in cui comincia il Giorno nuovo, il tempo nuovo, tempo della salvezza e della grazia.
Tutto il dolore della Passione sembra ora acquietarsi, come la terra che, dopo aver accolto il seme nel solco, attende nella pace che esso germogli. È l’ora del «grande silenzio». È l’ora in cui, come discepoli di Cristo, più nulla possiamo fare, nulla dire, ma solo «rimanere nel suo amore», rimanere in preghiera presso di lui, inchiodati alla croce insieme con Maria, la Madre, formando un’unica grande supplica che, passando attraverso il cuore trafitto del Cristo, si versa nel seno del «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» ( 2Cor 1,3). A quest’ora della Passione di Gesù si può riferire quanto diceva il poeta Claudel: il dolore è come una mandorla amara che si getta sul ciglio della strada; ripassando per la medesima via, vi troviamo un mandorlo in fiore.
Quando tutto è compiuto, quando il sacrificio di amore è pienamente consumato, quando non c’è più un «oltre» nell’offerta e nel dolore, ecco l’ultimissima parola di Gesù: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». […] La Passione di Gesù non si conclude con un «perché» rivolto a un Dio sentito lontano, assente, ma con un atto di abbandono filiale: «Nelle tue mani consegno il mio spirito». Gesù croce1 (3)spira riconsegnandosi alle mani del Padre, a cui aveva sempre obbedito, la cui volontà era stata tutto il suo desiderio, la sua unica gioia. Per questo la sua agonia è come una notte che sfocia nell’alba della risurrezione.
[…] Perciò anche quando la prova è dura, terribile e angosciosa, noi dobbiamo gridare: nelle tue mani, Signore, sono al sicuro. Tuttavia, il grido di Gesù esprime pure lo sgomento di un figlio che sa di dover ancora compiere un viaggio nell’oscurità per poter ritornare a casa. […] Se viviamo davvero il mistero della Croce, si può finalmente squarciare il nostro vecchio mondo, il nostro vecchio uomo, il velo della nostra sufficienza; si può spaccare la roccia del nostro cuore per lasciar scaturire da essa una sorgente d’acqua viva.
Presi da santo timore, allora gridiamo con il centurione: «Costui è veramente il Figlio di Dio!»; poi, insieme con le pie donne, continuiamo a sostare presso la croce e presso il sepolcro, sicuri che Gesù, caduto nel silenzio della morte, non è perduto per noi, perché l’Amore è il più forte e ha vinto.
Madre Anna Maria Canopi, nata a Pescara nel 1931, è la fondatrice e abbadessa del monastero Mater Ecclesiae nell’isola di San Giulio, sul lago d’Orta, in provincia di Novara. Scrittrice feconda e studiosa dei Padri della Chiesa, è autrice di molti libri sulla spiritualità monastica e cristiana. Ha collaborato all’edizione della Bibbia della Cei, al Catechismo della Chiesa Cattolica e alle edizioni dei nuovi messali e lezionari. Ha preparato il testo della Via Crucis di Giovanni Paolo II al Colosseo nel 1993. Nel 1995 è intervenuta al Congresso della Chiesa italiana di Palermo e ha portato la sua testimonianza di monaca benedettina al Convegno dei giovani europei tenutosi a Loreto.
Dalla cattedra della Croce, il Giusto, che si è caricato di tutte le nostre sofferenze perché ha preso su di sé tutte le nostre colpe, ci insegna a sperare contro ogni speranza, a sentire che le mani di Dio sono più forti di qualsiasi mano potente degli uomini, più forti di ogni tentazione che possa sopraggiungere e abbattersi su di noi. Perciò anche quando la prova è dura, terribile e angosciosa, noi dobbiamo gridare: nelle tue mani, Signore, sono al sicuro.
Il testo che pubblichiamo è tratto dal volume Le sette parole di Gesù in croce. Meditazione e preghiera (Paoline, pagine 38, euro 3).
«Meditare su queste parole – scrive madre Canopi nell’introduzione – è come immergersi nel grande mistero della redenzione e diventarne una fedele manifestazione in mezzo agli uomini del nostro tempo che tanto facilmente passano distrattamente accanto alla Croce, assorbiti da altre parole che lasciano il vuoto nel cuore».
Redazione Papaboys
La preghiera a Maria che scioglie i nodi è una delle suppliche più usate dai cristiani per chiedere aiuto alla…
'Asciuga Bambino Gesù le lacrime dei fanciulli!'. Recitiamo in questo tempo di Avvento la preghiera più dolce di San Giovani…
Una nuova settimana in compagnia di Padre Pio Leggi le frasi di Padre Pio e invoca la sua potente intercessione…
Benvenuti sul sito www.papaboys.org! Siamo lieti di presentarvi la preghiera della sera alla Madonna di Lourdes, intitolata 'Io sono l'Immacolata…
POZZUOLI - Assegnato al giornalista siciliano Salvatore Di Salvo, segretario nazionale dell’Ucsi e Tesoriere dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, il…
La preghiera all' Immacolata di Giovanni Paolo II Una potente supplica di Giovanni Paolo II a Maria Santissima.. Il testo:…