Apprendo con profondo dolore, le minacce rivolte dalla malavita a due sacerdoti, missionari del Vangelo e testimoni della carità di Cristo. Nella vita di questi confratelli, intravedo le esortazioni di Padre Puglisi ai mafiosi del quartiere Brancaccio di Palermo. Qualche giorno prima di morire, durante un’omelia esortò i potenti della zona ad affrontarlo: “Venite, discutiamo”. La parola del Signore è scomoda. I preti che ogni giorno lavorano silenziosamente nella vigna di Gesù, sono oggetto di intimidazioni. Le tenebre sembrano avanzare. Anche quando il male sembra avere il sopravvento, il bene si rivela in tutta la sua forza. Chi opera il male, si nasconde, colpisce alle spalle. Non ha il coraggio necessario per affrontare la Verità. Credono di essere forti bruciando macchine e mandando bigliettini non firmati. Vigliacchi! Hanno paura di affrontare il bene? La mafia, la camorra, e qualsiasi altra organizzazione a delinquere non sono compatibili con il Vangelo. Questi uomini oscuri e cattivi, usano le immagini sacre, la pietà popolare, per estendere il loro personale dominio sul territorio e le persone. Non si può essere allo stesso tempo cristiani e mafiosi o camorristi. Chi favorisce l’estensione dei gruppi malavitosi, vive nel regno del male. E’ come un corpo affetto da un male incurabile. La camorra è cancro distruttivo ed invasivo della società. Coloro che lottano in prima linea, con le armi della giustizia e della legalità, non possono essere lasciati soli, abbandonati a se stessi. E’ necessario alzare la voce, farsi sentire. Perché la Verità è più forte della menzogna. La Chiesa ha pagato prezzi altissimi. Padre Puglisi recentemente beatificato a Palermo, ucciso in odio alla fede e don Giuseppe Diana, operatore instancabile di speranza. La società civile con il sacrificio di Borsellino, Falcone, e di tanti altri servitori dello stato, ha preso coscienza della pericolosità di coloro che non vogliono lo sviluppo e il progresso della comunità civile. Le strutture mafiose, sono contro l’uomo. Non hanno rispetto per i bambini, le donne, gli indifesi. Ciò che conta è trarre profitto dalle loro operazioni illecite. Quanti ragazzi sono morti a causa della droga trafficata dalle mafie? Quante famiglie sono rimaste senza padre, fratelli, a causa delle vendette? Dopo le grandi stagioni delle stragi a carattere terroristico, hanno pensato bene, di allearsi con quella frangia di potere statale corrotto, con il quale hanno fatto affari di gran lunga più produttivi a cui erano abituati. Sembra invece che contro i ministri della Chiesa, gli atti intimidatori stanno subendo un’importante virata. A Bagheria, tristemente ricordato come uno dei tre paesi del triangolo della morte, un altro sacerdote nelle scorse ore è stato oggetto di minacce. Durante la notte, hanno bruciato la macchina. Come sempre operano nell’oscurità! I veri uomini non scappano, e nemmeno appiccano fuochi contro le macchine…
I vescovi siciliani già nel maggio del 1994 così scrivevano: “ L’incompatibilità tra l’organizzazione mafiosa con il Vangelo è intrinseca alla mafia per se stessa, per le sue motivazioni e per le sue finalità, oltre che per i mezzi adoperati. La mafia appartiene, senza possibilità di eccezione, al regno del peccato e fa dei suoi operatori altrettanti operai del Maligno. Per questa ragione tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente, fanno parte della mafia o a essa aderiscono o pongono atti di connivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, di essere fuori della comunione della sua chiesa”. Di fronte a una società cristiana solo formalmente, il documento rammentava a tutto il clero: “Bisogna costruire una Chiesa viva, fatta di credenti più che di praticanti; occorre una pastorale d’insieme sul territorio; bisogna purificare tutte le espressioni della devozione popolare, rianimando di valori cristiani le processioni, sciogliendo comitati di festa religiosa dove prevale l’interesse economico e vigilare affinché si eviti ogni possibile collateralismo tra realtà ecclesiali ed uomini e partiti politici. Occorre rendere in ogni modo protagonisti i poveri, evitando ogni forma di marginalità ed emarginazione”.
Il fenomeno malavitoso ha assunto diversi caratteri e ha acquistato forme diverse, con strutture e codici seppur simili da regione a regione e talvolta da provincia a provincia. Accade anche che la distribuzione – e relativo controllo – territoriale appaia complesso e in continua evoluzione e talvolta anche singoli quartieri della medesima città conoscano diverse tipologie organizzative. Complice di questo spezzettamento è l’organizzazione a clan delle principali mafie e dei gruppi mafiosi e camorristici. I clan spesso hanno legami di tipo familiare e questo fa sì che le attività dell’organizzazione rispecchino gli interessi di un determinato gruppo detto famiglia a rimarcare il particolare legame. Le organizzazioni principali sono nate e si sono sviluppate dapprima nel meridione, dove la diffusione dei gruppi di stampo mafioso è capillare, anche se la loro influenza si è espansa pressoché su tutto il territorio nazionale, ma non mancano organizzazioni simili o colluse con le principali mafie al centro o al nord Italia, si pensi ad esempio alla banda della Magliana ed alla mala del Brenta. Alcune di queste organizzazioni sono storicamente insediate nei rispettivi territori dell’Italia meridionale, ma quasi tutti i fenomeni documentati non vanno oltre il XIX secolo. Una singolare prospettiva è quella offerta dalla Camorra, unica vera eccezione, del fenomeno malavitoso diffuso in Campania. DonSa