Le suore del convento di Maaloula in Siria, sono state liberate (così come abbiamo già anticipato in un precedente servizio), dopo essere state sequestrate quattro mesi fa dai ribelli. Le 13 religiose e tre loro collaboratrici sono arrivate a bordo di un convoglio composto da 30 auto. La liberazione è avvenuta dopo che i ribelli hanno acconsentito a uno scambio con le autorità siriane, ottenendo la scarcerazione di alcune donne detenute. Una fotografia, pubblicata sui media ufficiali libanesi, mostra i soldati mentre aiutano una delle suore di mezza età a uscire da un veicolo. In cambio del loro rilascio, Damasco ha liberato circa 150 prigioniere dalle carceri governative. Così come ha spiegato alla tv siriana il capo dell’Agenzia di sicurezza generale, generale Abbas Ibrahim. L’accordo, ha aggiunto l’alto ufficiale, ha rischiato di saltare all’ultimo minuto, quando i ribelli hanno alzato il numero di donne di cui pretendevano la liberazione nello scambio. Poi è arrivata la liberazione. “Siamo arrivate tardi e siamo arrivate stanche”, ha detto la madre superiora, Pelagia Sayaf, che guida il convento di Maaloula. Assieme alle consorelle, è stata condotta in una stanza per le cerimonie dagli ufficiali siriani. Le religiose sono per la maggior parte libanesi e siriane e lavoravano nell’orfanotrofio del convento. Sayaf ha dichiarato che sono state trattate bene: “Dio non ci ha abbandonate. Il Fronte è stato buono con noi, ma ci siamo tolte i simboli religiosi perché eravamo nel posto sbagliato dove indossarli”. Il loro rapimento ha confermato i timori della minoranza cristiana in Siria, che afferma di essere presa di mira dalle frange ribelli estremiste e legate ad al-Qaeda.
Un video rilasciato da un ribelle attivista –commenta Paul Dakiki-, mostra le fasi della liberazione delle suore di Maaloula, fino alla loro consegna alle autorità libanesi e allo scambio con 143 (alcune fonti dicono 153) donne prigioniere del governo siriano. Fra queste vi era una madre con tre figli, che si è scoperto essere Saja Dlaymé, irakena, moglie di un importante rappresentante di Al Qaeda. Nel momento in cui avviene lo scambio, vicino alla frontiera libano-siriana, il gruppo di ribelli che ha accompagnato le suore e che riporterà le donne liberate in Siria, cominciano a gridare “Allah Akbar!” di continuo, accompagnato da commenti sulla loro vittoria e dalla promessa di continuare a lavorare per la liberazione di tutti i prigionieri rinchiusi nelle galere di Assad. Nel video postato che documenta la liberazione delle suore, i ribelli hanno il viso incappucciato. In una delle prime sequenze si vede uno di loro che trasporta in braccio una delle religiose più anziane. Le altre, provocate dalle domande di Abdallah, ringraziano Dio e tutti coloro che hanno contribuito alla felice conclusione del loro sequestro: “Dio vi protegga e vi dia la ricompensa”, dice una suora all’operatore.
Nel filmato, dopo la consegna delle suore, avvenuta verso la mezzanotte del 9 marzo, si vede venire verso i ribelli una donna velata, accompagnata da due bambini e una bambina in braccio a un uomo. A quel punto, mentre si intravvedono altre decine di donne che si muovono verso il convoglio dei ribelli, gli incappucciati gridano sempre più forte e in modo sempre più entusiasta “Allah Akbar!”, ringraziando Dio per la buona conclusione. Uno di loro promette: “Non prenderemo riposo fino a che non otterremo la liberazione di tutte le nostre sorelle prigioniere nelle carceri del tiranno”. Il video finisce con un primo piano di uno dei bambini che sorridendo dice che la sua abitazione è in Siria. Tutti hanno escluso che sia stato pagato alcun riscatto, anche se il quotidiano Al Nahar dice che i ribelli hanno ricevuto ieri 4 milioni di dollari Usa. Le suore sono state portate alla chiesa della Croce a Damasco, dove è stata celebrata una Messa di ringraziamento per il loro ritorno. a cura di Francis Marrash
Di seguito il video postato ieri su Youtube è a cura di un certo Hadi Abdallah che mentre filma l’operazione, scambia parole con le suore e fa commenti.
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