Firmata oggi a Roma, nella sede della Comunità di Sant’Egidio, una dichiarazione Congiunta per elezioni libere e pacifiche nella Repubblica Centrafricana. Presenti i principali esponenti della politica del Paese, tra loro anche quattro ex primi ministri.
E’ un appello a tutti i cittadini del Centrafrica quello lanciato a Roma dai leader dei principali partiti centrafricani che, sotto gli auspici della Comunità di Sant’Egidio, hanno firmato una Dichiarazione congiunta nella quale chiedono al loro popolo di sostenerli nel difficile cammino che nei prossimi mesi li porterà, si legge, alla “ricostruzione politica, istituzionale, economica e morale del loro Paese”. La Repubblica Centrafricana è oggi un Paese in fase di transizione, dilaniato dalla violenza dei due principali gruppi armati, da una parte gli anti-balaka e dall’altra le forze seleka, entrambi colpevoli di uccisioni di centinaia di civili. La popolazione è allo stremo, abusata e vessata, sono centinaia di migliaia i profughi sfollati nei Paesi limitrofi. Oggi quindi, a Roma, alcuni tra i principali protagonisti della vita politica del Centrafrica si sono impegnati a garantire elezioni presidenziali libere e pacifiche, con il necessario sostegno della comunità internazionale. Don Angelo Romano,della Comunità di Sant’Egidio:
R. – Finché il Paese non avrà celebrato le elezioni, finché non ci sarà un governo legittimo, il Centrafrica non potrà essere veramente sostenuto dalla Comunità internazionale: un Paese, come il Centrafrica, che ha ancora un governo di transizione non eletto, di solito riceve un minimo di aiuti, ma mai aiuti decisivi, perché si ha paura che si possa avallare una situazione transitoria che, invece, deve avere un suo termine. Questa classe politica, che è l’élite del Centrafrica, ha chiesto aiuto su alcuni punti fondamentali, in particolare riguardo al problema della sicurezza per la tenuta delle elezioni. La Comunità internazionale può aiutare in maniera decisiva per fare in modo che le elezioni possano essere libere. Nel Centrafrica ci sono ancora milizie e gruppi armati attivi, ma attraverso la forza militare internazionale, che è già presente in Centrafrica, la loro influenza sulle elezioni può essere ridotta al minimo. C’è la possibilità di fare delle elezioni libere in Centrafrica, che possano far inaugurare un nuovo governo, che dovrà essere necessariamente un governo inclusivo, un governo di collaborazione e non di esclusione dei perdenti, ma soprattutto di rispetto alle minoranze.
Tra i firmatari della dichiarazione vi sono quattro ex primi ministri, tra loro Martin Ziguélé, premier dal 2001 al 2003, e oggi presidente dell’M.L.P.C., il Movimento di Liberazione del Popolo Centrafricano:
R. – Le chemin vers la paix è comme le chemin que …
Il cammino verso la pace è come il cammino che intraprende un malato grave, che arriva al periodo della convalescenza: quando si è convalescenti non si è guariti, ma non si è neanche più gravemente malati. E’ necessario però continuare le cure. La cura per il Centrafrica è il dialogo e soprattutto le elezioni, perché in una repubblica la competizione sana si deve giocare sulle elezioni e quindi sulla possibilità di scelta del popolo dei suoi responsabili legittimi, affinché l’insieme dei problemi del Paese vengano presi in mano da autorità legittimamente elette e che possano trovare delle soluzioni.
D. – Quali sono attualmente i problemi più gravi per il suo Paese, per la Repubblica Centrafricana?
R. – C’est le problème de l’insécurité…
Il problema dell’insicurezza! Oggi per i centrafricani spostarsi, anche nella stessa capitale del Paese, a Bangui, è qualcosa di estremamente pericoloso. All’interno del Paese la situazione relativa alla sicurezza è veramente preoccupante, lo è ancor di più poiché nel Paese le forze di difesa e di scurezza nazionale non sono operative. Quindi c’è questo vuoto nella sicurezza che viene riempito da gruppi armati che esercitano la violenza contro la popolazione civile. Questo è ciò che davvero ci preoccupa, perché riguarda la vita, che è il bene più prezioso. E questo è il nostro problema fondamentale. E’ necessario quindi che tutto il sostegno possibile venga dato al governo centrafricano perché, insieme alla Comunità internazionale, possa assicurare la pace e la sicurezza e quindi l’assenza di assassinii, di cieca violenza contro le donne, contro i bambini, contro le persone anziane, che pagano il prezzo più grande a questa crisi che dura da più di due anni.
D. – Avete quindi bisogno di una stabilità politica, impossibile ora senza l’aiuto della Comunità internazionale, il forte aiuto della Comunità internazionale…
R. – Absolument! Aujourd’hui, il y a une mission …
Assolutamente! Oggi c’è una missione multidimensionale delle Nazioni Unite, in Centrafrica per aiutare il Paese a raggiungere la pace. Ma si pone un problema importante di interpretazione dei termini della missione: la missione delle Nazioni Unite dice di essere una forza di interposizione e naturalmente la popolazione centrafricana vuole invece che sia una forza di imposizione della pace. Noi siamo in una situazione atipica nella Repubblica Centrafricana, un Paese che non ha alcuna forza di difesa e di sicurezza. Non ci sono che i gruppi armati che impongono la loro legge. La popolazione chiede che le forze delle Nazioni Unite impediscano a questi gruppi di possedere armi, e che quindi li disarmino. Dato che queste bande armate riescono, grazie proprio alle armi, ad imporsi sulla popolazione, certo non si disarmeranno volontariamente. E’ per questo che la popolazione chiede il disarmo forzato. In tutti i casi c’è bisogno che il governo centrafricano e la Comunità internazionale e la Minusca (Missione di stabilizzazione dell’Onu) si intendano su quello che è necessario perché le vite siano preservate. Perché di tutti i giorni che Dio ha fatto, non ne passa uno solo senza che non ci siano degli eventi mortali che costano la vita a uomini, a donne, a bambini, che non hanno alcuna difesa. E questo perché non ci sono forze di difesa e di sicurezza nazionali in attività!
D. – Riguardo alla situazione umanitaria, gli organismi internazionali, così come le ong, forniscono periodicamente informazioni davvero drammatiche …
R. – La situation humanitaire est catastrophique!
La situazione umanitaria è catastrofica! Io vorrei anzitutto ringraziare gli sforzi delle Ong internazionali e anche delle Ong nazionali, che si sono battute affinché il dramma centrafricano non diventi un dramma senza speranza! Si sono battute ma il compito è immenso. Vi do soltanto qualche cifra: ci sono 420 mila centrafricani che sono rifugiati al di fuori dal Paese, di cui 240 mila in Camerun, più 150 mila in Ciad e oltre 100 mila nel Congo Brazzaville e nella RDC, che costituiscono la frontiera sud del nostro Paese. Circa un milione e 200 mila persone hanno lasciato le loro case, i loro villaggi e si sono rifugiati in edifici religiosi, nelle parrocchie, nelle chiese, nelle moschee, per cercare di mettere in salvo la loro vita. Abbiamo una situazione asimmetrica, nelle zone del Paese, occupate dagli anti-balaka, i musulmani si rifugiano nelle chiese e laddove sono gli ex seleka ad avere il controllo, i cristiani si rifugiano ugualmente nelle moschee e negli edifici pubblici. E poi a Bangui, una gran parte della popolazione, al momento 100 mila persone, si è rifugiata all’aeroporto internazionale di Bangui, sull’asfalto delle piste! E ci sono oltre 20 mila persone che vivono nella precarietà e nella miseria totale. Questa situazione deve essere risolta il più rapidamente possibile. Nel mondo ci sono Paesi dove l’attenzione è molto più focalizzata rispetto ad altri, il nostro Paese vive un dramma che è praticamente dimenticato. Oggi c’è bisogno di più un miliardo di dollari, secondo le stime delle Nazioni Unite, per aiutare a salvare queste vite umane.
Il servizio è di Francesca Sabatinelli per la Radio Vaticana