Categorie: Ethica et Oeconomia

Legalizziamo la nostra ipocrisia

Insomma quando il gioco si fa duro ognuno spara a destra e a manca senza badare troppo a chi colpisce, quel che conta è fare muovere le pedine in un senso o nell’altro, se poi ci va di mezzo un giovane, risulterà una sofferenza accettabile. Effettivamente non sempre accade che chi fa uso di sostanze sia destinato a rovinarsi, a morire, a uccidere, non sempre la vita diventa un vicolo cieco.

Alle mie obiezioni sulla legalizzazione qualcuno risponde così: non sempre, solo qualche volta, c’è il ferito, il morto, il botto e il silenzio. Forse bisognerebbe farci i conti con quel ”qualche volta”, con quelle vite dimezzate, azzoppate, disperate, annullate, scomparse, per una svista, non certamente causata da un eccesso di zuccheri. Possiamo metterla giù come meglio crediamo e vogliamo, ma legalizzare non toglierà mercato alle mafie, non farà diminuire le utenze, la pratica del minor danno-sballo non risulterà politica risolutrice.

Ciò che domani sarà mercato istituzionale, consegnerà percentuali importanti di principi attivi, guadagni e sfruttamento dei più deboli e fragili, a un altro mercato parallelo, ben più efficace e provvisto di alternative comode, a pronta consegna. Salute, vita umana, dignità, responsabilità, capacità di fare delle scelte, di avere soprattutto delle scelte, stanno diventando concime per fintamente nuove ideologie, le quali negano diritti fondamentali ai più giovani, ai più esposti, dentro una società di adolescenti al palo, in attesa di varcare la soglia del vicolo cieco, perché di cecità giovanile si tratta, quindi occorre fare i conti con il Dna di ogni nuova generazione. Anche e soprattutto con l’ottusità politica, etica, morale, di quanti dovrebbero ergersi in piedi, non in quanto rigoristi, ma perché in tutta coscienza e nel rispetto degli altri, non intendono fare da rampa di lancio, da spazio neutro, da finestra cui rimanere a guardare, ingrossando le fila di una indifferenza sociale che non salverà vite umane, non maturerà individui disacerbati, non aiuterà a fare i compiti per conoscere i propri limiti.

Campagne, slogan e manifesti, contro questo e contro quello, adesso occorrerà farne anche contro la Maria, la Giovanna, la Elisa, sarà necessario ferirsi e lacerarsi ancora di più: auto sequestrate, patenti ritirate, pendenze penali, lavoro pubblica utilità, gambe tranciate, corpi in scadenza, assenze eterne che divengono ulteriori presenze costanti. Qualcuno proporrà, come accade sempre, altri interventi di ripiego, cercheranno di tranquillizzarci sostenendo che i minori non potranno accedere a questo nuovo supermercato dello sballo, ma noi sappiamo bene che potranno ugualmente riempirsi gli zainetti di fumo e erba, infatti c’è sempre chi scalpita e si presta alla festa prossima.

La droga non è normale quanto un bicchiere di vino, la droga non fa bene, uno spinello “aiuta” a lenire “terapeuticamente” il dolore insopportabile a chi è costretto a letto da un male terribile, ma non rende lucidi coloro che sono protagonisti attivi della propria vita e del proprio benessere, responsabili di se stessi e degli altri, come libertà insegna a ognuno. Uno spinello è sufficiente a pensare, sbagliando, di essere a mezz’aria, sopra e sotto il tuo problema, dentro un’esistenza mai sotto osservazione, subita come una condizione di inferiorità.

Legalizzare la roba non renderà meno duro il linguaggio del mondo, meno feroce l’ansia e lo stress per l’ignoto che ci attende, è puerile giustificarne l’uso (e l’eventuale abuso ) per risolvere il sovraffollamento carcerario causato dalla severità di alcune leggi di contrasto allo spaccio di sostanze.

Ho l’impressione ci sia davvero urgenza a mettersi di traverso a fronte di dichiarazioni semplicistiche, c’è bisogno di non dare mai le spalle a zone buie come queste, perché sono volti e maschere della stessa identica tragedia, che incombe, non s’allontana, e non sarà la legalizzazione a domare una violenza insita in ogni responsabilità negata. di Vincenzo Andraous

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