Verbum Domini

Leggi e medita il Vangelo di Domenica 6 Settembre 2020. Lettura e Commento

Vangelo del giorno – Domenica, 6 Settembre 2020

Lettura e commento al Vangelo di Domenica 6 Settembre 2020: Mt 18,15-20 – “Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello.”

+ Dal Vangelo secondo Matteo



In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.

In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Parola del Signore

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Vangelo di oggi, 6 Settembre 2020 (nondisolopane.it)

Commento al Vangelo a cura di Don Lucio D’Abbraccio

La correzione fraterna

Il profeta Ezechiele, nella prima lettura di questa domenica, ci consegna un preciso ammonimento di Dio: «figlio dell’uomo, io ti ho posto come sentinella per la casa d’Israele. Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia

». Ognuno di noi è «sentinella» per il fratello: dobbiamo, allora, avere lo sguardo attento per scoprire le necessità del fratello; dobbiamo avere il cuore ospitale per accogliere i suoi problemi; dobbiamo avere la mano pronta per soccorrerlo con amore compassionevole.

Spesso, noi, infatti, ci lamentiamo perché Dio non interviene per sanare determinate situazioni, ma in verità non è Dio a mancare: sono i fratelli che mancano all’appuntamento d’amore con i fratelli; siamo noi che siamo indifferenti; sono io…che non vedo e non sento e non provo compassione di mio fratello!

Il profeta Ezechiele continua, riferendo il pensiero di Dio: «Se io dico al malvagio: “Malvagio, tu morirai”, e tu non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te». Amare i fratelli, dunque, non significa accarezzare i loro capricci o coprire le loro ferite senza curarle o far finta di non vedere i rischi delle loro scelte sbagliate. Amare i fratelli significa assumere fino in fondo la preoccupazione del loro bene: e voler bene comporta talvolta anche la decisione di dire cose scomode ma necessarie per richiamare il fratello e riportarlo sulla via del bene. Ciò che è decisivo è che ogni intervento nasca dall’amore: infatti se la parola viene dal cuore, arriva al cuore e riesce a farsi capire senza ferire.

Gesù ci consegna lo stesso insegnamento del profeta Ezechiele, delineando però una vera strategia di intervento per soccorrere il fratello che sbaglia: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello». Avere il coraggio di rivolgere al fratello una parola franca, a tu per tu e al momento opportuno, ci libera dal rischio di covare rancore nei suoi confronti, di mormorare contro di lui rivolgendoci a un terzo, di sentirci migliori di lui, osservando la pagliuzza che è nel suo occhio senza accorgerci della trave che è nel nostro (cf Mt 7,3). E può anche aprirci alla capacità di accogliere a nostra volta la correzione, quando saremo noi a cadere in errore. Il primo passo, dunque, è il gesto delicato del colloquio: un colloquio che deve restare segreto e nascosto

, affinché il fratello possa percepire chiaramente che il nostro passo nasce dalla sola preoccupazione di aiutarlo a ritornare sulla via di Dio: a noi deve stare a cuore la conversione del fratello e non la sua umiliazione.

In questa logica di autentica compassione nei confronti del fratello che «commette una colpa», c’è anche un’altra cosa che bisogna assolutamente evitare: è la divulgazione sciocca e maligna della colpa del fratello! Raccomanda con decisione l’apostolo Giacomo: «Non dite male gli uni degli altri». E se ci capita di ricevere confidenze malevoli nei confronti dei fratelli, seppelliamo la cattiveria nel nostro cuore mettendo in pratica una stupenda massima della Scrittura: «Hai udito una parola? Muoia con te! Sta’ sicuro, non ti farà scoppiare» (cf Sir 19,10). Se facessimo così, quanto male verrebbe fermato! Quante calunnie verrebbero stroncate!

C’è un episodio della vita di san Filippo Neri che può, ancora oggi, insegnare qualcosa. Una volta una donna andò a confessarsi da san Filippo Neri, accusandosi di avere l’abitudine di sparlare di alcune persone. Il santo la assolse, ma le diede una singolare penitenza. Le disse di andare a casa, di prendere una gallina e di tornare da lui, spiumandola accuratamente durante la strada. La donna andò ed obbedì all’ordine del santo sacerdote, ma, quando fu di nuovo davanti a lui, si sentì rivolgere un nuovo comando: «Adesso torna a casa e raccogli una ad una le piume che hai lasciato cadere venendo fin qui!». La donna giustamente rispose che era impossibile raccogliere tutte le piume, perché il vento le aveva disperse dappertutto. San Filippo Neri allora concluse: «come è impossibile riprendere le piume una volta che sono state disperse dal vento, così è impossibile ritirare le mormorazioni e le diffamazioni una volta che sono uscite dalla bocca».

La correzione, dunque, come ammonisce anche l’Apostolo, va fatta con dolcezza e con pazienza (cf Gal 6,1; 1Ts 5,14: 2Tm 2,25), senza infierire sul colpevole con la scusa di fare il bene. Questa è l’intenzione che anima le successive parole di Gesù, il quale mostra un discernimento ispirato a misericordia e gradualità: «se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità». Queste parole di Gesù sembrano severe, ma non è così. Gesù semplicemente non accetta e non può accettare che nella comunità ci sia una rassegnazione al peccato. Allora è chiaro che di fronte a gravi offese verso la verità e verso la carità, la chiesa deve intervenire attraverso le persone che, per il bene di essa, esercitano il grave e indispensabile servizio della guida. In questo modo la correzione fraterna può diventare un evento ecclesiale, all’insegna di quell’amore che è l’unica legge della comunità cristiana. Può accadere infine che, nonostante tutto questo, il fratello perseveri nell’errore; allora – dice Gesù – «se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano», cioè sia escluso dalla comunità e pertanto si arriva al gesto estremo di prendere una totale distanza dal fratello. Ma anche questa decisione, tuttavia, deve essere un atto di misericordia, un atto d’amore che spinga il fratello a riflettere e a prendere coscienza della sua situazione, del suo sbaglio.

La conclusione del vangelo di questa domenica è davvero impegnativa: l’indifferenza non è e non sarà mai una virtù; la preoccupazione della salvezza eterna deve portarci ad usare ogni strategia (anche quella scomoda e impopolare) per correggere e salvare il fratello che si è allontanato dalla via del Signore.

Chiediamo al Signore che ci renda sensibili alla sorte di ogni fratello secondo il comandamento dell’amore, compendio di tutta la legge.

Redazione Papaboys

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