Categorie: Sancta Sedes

Lettera del Papa sui cristiani nascosti in Giappone

Dal 14 al 17 marzo prossimi la Chiesa giapponese celebrerà il 150.mo anniversario della scoperta dei cristiani nascosti del Giappone, i fedeli che dopo 250 anni di persecuzioni furono finalmente liberi di professare la loro fede. Per l’occasione si recherà a Nagasaki il cardinale Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato, nelle Filippine – inviato speciale del Santo Padre per quest’occasione – al quale Papa Francesco ha scritto una lettera per accompagnarlo nella sua missione. Il servizio di  Roberta Barbi per la Radio Vaticana:

Un invito ai fedeli a partecipare a questa festa della Chiesa giapponese, ma anche un omaggio ai tanti martiri che hanno donato la propria vita per la sua sopravvivenza. Papa Francesco, impartendo la propria Benedizione Apostolica alle prossime celebrazioni in Giappone, ricorda la testimonianza dei tanti cristiani giapponesi, che riuscirono a tenere la loro fede viva nonostante i secoli bui: una storia dalla quale tutti possiamo imparare, come già aveva sottolineato nel corso dell’Udienza generale del 15 gennaio 2014:

“È esemplare la storia della comunità cristiana in Giappone. Essa subì una dura persecuzione agli inizi del secolo XVII. Vi furono numerosi martiri, i membri del clero furono espulsi e migliaia di fedeli furono uccisi. Non è rimasto in Giappone nessun prete, tutti sono stati espulsi”.

Accadeva nel 1597, appena una cinquantina di anni dopo l’arrivo in Giappone dei Gesuiti prima e di Francescani e Domenicani poi, perché lo shogun credeva che dietro il loro apostolato ci fossero velleità di conquiste militari. Da allora i cristiani divennero “kakure”, nascosti: vivevano nelle catacombe, e non essendoci più sacerdoti, erano i padri di famiglia a battezzare i figli e a trasmettere loro la fede. Ci furono anche molti morti in odium fidei: si ricordano fra i tanti i 26 martiri uccisi a Nagasaki e i 188 che persero la vita nella seconda ondata di persecuzioni, tra il 1603 e il 1639, donne, bambini, intere famiglie. Ma la comunità resistette, mimetizzando i propri simboli dietro a quelli buddisti e risorgendo a nuova vita solo nel 1865, quando il Giappone riaprì le porte ai missionari francesi, che il Venerdì Santo si ritrovarono a celebrare davanti a diecimila fedeli, come ha ricordato anche il Papa:

“Erano sopravvissuti con la grazia del loro Battesimo! Questo è grande: il Popolo di Dio trasmette la fede, battezza i suoi figli e va avanti. E avevano mantenuto, pur nel segreto, un forte spirito comunitario, perché il Battesimo li aveva fatti diventare un solo corpo in Cristo: erano isolati e nascosti, ma erano sempre membra del Popolo di Dio, membra della Chiesa”.

[box] Lo “specchio magico” donato da Shinzō Abe a Papa Francesco

Il premier giapponese Shinzō Abe, nel corso di una visita in Vaticano avvenuta a giugno 2014, aveva donato a Papa Francesco uno speciale specchio fabbricato da un artigiano contemporaneo, uguale a quelli in uso tra i cristiani clandestini del XVII secolo, quando il cristianesimo era perseguitato. Sembra uno specchio qualsiasi, ma esposto alla luce del sole, mostra una croce e una immagine di Gesù. Subito il Papa ha voluto vedere le immagini, avvicinandosi con Abe alla finestra della Sala della Biblioteca per poter esporre lo specchio alla luce solare. Abe ha anche spiegato di aver deciso di fare questo dono ricordando che Papa Francesco aveva detto che “in Giappone non c’era più nessun prete e dopo circa due secoli e mezzo, quando i missionari ritornarono in Giappone, migliaia di cristiani erano sopravvissuti nella fede con la grazia del loro battesimo”.

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A cura di Redazione Papaboys fonti: Radio Vaticana e AsiaNews

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