L’Europa che non sa cosa fare

In un recente articolo Padre Samir Khalil Samir, afferma:

“c’è una guerra interna all’islam e i politici occidentali non difendono la cultura europea, […], non sanno cosa fare”.

Subito dopo l’attacco di Parigi, al giornale Charlie Hebdo, le Comunità musulmane di Francia hanno emesso un comunicato molto equilibrato e ragionevole. Ma tutte queste dichiarazioni mostrano un certo imbarazzo. Non basta più dire “Questo non c’entra con l’Islam” perché i fatti dimostrano il contrario: almeno l’80% degli attacchi terroristici nel mondo avviene in nome dell’Islam, per difendere la fede, il profeta, il Corano, ecc. ecc..

In Francia si sta cercando di creare un islam autoctono, attraverso l’istituzione di scuole per imam che assimilino i valori occidentali. Di fatto, questo contrasta con quanto sostiene la maggioranza dei musulmani attivisti che rispettano quanto scritto nei testi sacri, secondo cui l’islam è un sistema omnicomprensivo che va diffuso, anche con il jihad.

Questo tentativo di assimilazione non funzionerà, così come non sono più sufficienti i tentativi delle comunità musulmane “moderate” di prendere le distanze dalla violenza inaudita diffusa in tutto il mondo dai musulmani.

Come possiamo distinguere i musulmani “moderati” dai “non moderati”, i “riformisti” dai “non riformisti”, i “democratici” dagli “integralisti” e i “violenti” dai “non violenti”? La minaccia terroristica islamica è talmente diffusa e eterogenea che risulta un’impresa alquanto difficile se non illusoria.

Se non s’introduce un nuovo principio col quale interpretare il Corano e la Sunna, una riforma che consenta ai musulmani moderni di modificare o cambiare alcuni aspetti del diritto pubblico sharaitico restano solo due possibilità: ignorare la Sharia nella sfera pubblica oppure imporre i principi della Sharia. La prima ipotesi è criticabile in linea di principio perché viola il dovere religioso dei musulmani di osservare i precetti dell’Islam in ogni aspetto della loro vita, sia pubblica che privata. Inoltre, alla luce della rinascita islamica questa possibilità difficilmente rimarrà praticabile. La seconda scelta, invece, è moralmente ripugnante e politicamente insostenibile. E’ moralmente ripugnante assoggettare le donne e i non musulmani alle offese e alle umiliazioni della Sharia, così com’è applicata oggi.

Ai nostri giorni, le tecniche tradizionali di rinnovamento della Sharia non sono in grado di ottenere il livello di riforma necessario e i musulmani sono legittimati a non rispettare le norme dei trattati internazionali, compresi i diritti umani, quando violano i principi del diritto sharaitico.

E’ necessario isolare i passi chiari e univoci del Corano e della Sunna del periodo medinese, riconoscendo che hanno svolto la loro funzione transitoria, utilizzando i versi del periodo meccano, che al loro tempo non si prestavano a essere applicati, ma che, oggi, sono la sola strada da seguire.

Occorre riconoscere che in una fase di crescente tensione fra l’Islam e il mondo occidentale, e di rinascita di un orgoglio civile che investe l’intera umma islamica, molto difficilmente le masse musulmane e i loro leader religiosi rinnegheranno ex abrupto la funzione normativa che la Sharia ha esercitato per secoli, in stretta connessione con il Corano e la Sunna. E’ improbabile che, oggi, le classi politiche islamiche si impegnino a dar vita a Bills of Rights costituzionali.

Rebus sic stantibus è illusorio attendersi da parte degli Stati islamici l’emanazione di Carte costituzionali che prescindano da un immediato riferimento ai testi sacri, Sharia compresa, e che presentino il profilo di elaborazioni teoriche secolarizzate in conformità a rivendicazioni collettive. Ed è altrettanto chiaro che la nozione di “Stato islamico” non potrà avere altro senso se non quello di un regime politico che dichiarerà, in tutte le circostanze e gli ambiti possibili, la sua assoluta fedeltà al diritto islamico, secondo i principi della giustizia sharaitica tradizionale. Questo “Stato islamico” sarà molto restio a trasformarsi effettivamente in uno Stato di diritto o Stato costituzionale, secondo il modello europeo o nordamericano della divisione dei poteri, delle Costituzioni rigide e del controllo giurisdizionale della costituzionalità degli atti legislativi.

I principi propri della cultura giuridica occidentale e le ideologie secolari, col trascorrere del tempo, non avranno seguito nella maggioranza dei paesi arabo-islamici. Cercare risposte di tipo secolare equivale semplicemente ad abbandonare il campo ai fondamentalisti, i quali riusciranno a trascinare con sé la maggior parte dei musulmani citando autorità religiose a sostegno delle loro politiche e teorie. Per questo motivo è necessario rimanere all’interno del quadro di riferimento religioso, sforzandosi di raggiungere quelle riforme che renderanno l’Islam un’ideologia moderna e praticabile. (di Severis)

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