Giornata di lutto nazionale in Libano dopo il duplice attentato che ieri ha scosso la periferia meridionale della capitale Beirut uccidendo oltre 40 persone e ferendone più di duecento. Obiettivo una roccaforte degli Hezbollah sciiti: a rivendicare l’azione il gruppo rivale sunnita dei jihadisti appartenenti al cosiddetto Stato islamico. Unanime la condanna internazionale per una atto terroristico definito” orribile”. Il servizio di Marina Calculli:
Scuole chiuse oggi in tutto il Libano e lutto nazionale: è questo che hanno deciso le autorità, ribadendo che la strage compiuta ieri contro la gente di Dahiyeh, la base popolare di Hezbollah, è una tragedia della nazione intera. Una nazione, in realtà, sempre più divisa dall’odio settario, a mano a mano che la guerra in Siria si esaspera. E infatti sulla matrice dell’attentato non ci sono dubbi: si trattava di un atto di guerra contro i “rafidiyyn”, termine spregiativo con cui il sedicente Stato Islamico ha etichettato gli sciiti, obiettivo della strage, nella sua rivendicazione su twitter. E così hanno rincalzato le brigate Abdullah Azzam, anche loro su twitter, lo strumento par eccellenza di questa guerra postmoderna: “Dahiyeh sarà coperta di sangue fino a quando invierà i suoi assassini in Siria”. E’ la Siria che divide, la Siria dove Hezbollah è ufficialmente un attore della guerra dal 2013 a fianco del regime di Asad e impegnato in quella che il partito descrive come “al-difa’ al-muqaddas”, la difesa sacra, e – si intende – contro gli islamisti sunniti radicali che combattono sul fronte opposto. Ma a Beirut regna adesso lo sgomento, ben oltre le divisioni settarie: a Dahiyeh ci si chiede se l’intelligence di Hezbollah sarà capace di frenare i jihadisti, come fece nell’estate del 2013, allora dopo 6 attentati che sconvolsero Dahiyeh. E timidamente qualcuno si chiede anche: “che senso ha questa guerra?”
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)