La liberazione delle sei donne è avvenuta ieri. Le loro condizioni di salute sono buone. Francesco aveva rivolto un appello per il loro rilascio durante un Angelus e i fedeli di tutta la Nigeria avevano pregato intensamente.
E’ una buona notizia quella che è arrivata ieri dalla Nigeria, la liberazione cioè delle tre suore e di altre tre laiche, tutte africane, che erano state rapite dal loro convento il 14 novembre scorso nello Stato meridionale di Edo, in Nigeria. Veronica, Frances e Roselyn, i nomi delle religiose, Vivian, Mariam e Anna, quelli delle novizie.
Per la loro liberazione non è stato pagato alcun riscatto
La conferma della loro liberazione è arrivata dalla madre superiora del convento il “Cuore Eucaristico di Cristo”, Agatha Osarekhoe, che ha assicurato sulla loro buona condizione di salute. “Stanno bene, ha detto, si trovano in ospedale per una visita”. La religiosa ha escluso qualsiasi pagamento benché i sequestratori avessero chiesto un riscatto di 54mila dollari per il loro rilascio. Il commissario locale di polizia ha affermato che le donne sono state liberate durante un’operazione compiuta da agenti delle forze di sicurezza che, sentendosi scoperti, ha messo in fuga i sequestratori. “Sappiamo che la polizia ha fatto del proprio meglio”, ha dichiarato suor Osarekhoe.
All’Angelus del 17 dicembre la preghiera del Papa
“La vicenda delle sei donne nigeriane era salita all’attenzione dell’opinione pubblica grazie all’appello fatto da Papa Francesco – dice ai nostri microfoni padre Giulio Albanese, missionario comboniano, direttore della rivista “Popoli e Missione” – ed è frutto del grande impegno dei vescovi nigeriani che si sono presi a cuore la loro sorte e hanno chiesto ai sequestratori che il rilascio avvenisse senza condizioni, così come in effetti è stato”.
Ancora non chiaro il motivo del sequestro avvenuto in un contesto, quello della Nigeria, di violenza e criminalità diffuso. “Un Paese che è un paradiso e un inferno – afferma padre Albanese – dove nonostante le grandi ricchezze, la maggior parte della popolazione vive in grande povertà e gli episodi di violenza sono all’ordine del giorno”.
Essere cristiani significa stare dalla parte dei poveri
Si sa che le sei donne si occupavano di insegnamento nelle scuole ed erano impegnate in attività pastorali tra cui il contrasto al traffico degli esseri umani, in particolare delle donne e la loro riduzione in schiavitù. “Un rischio, quello a cui sono esposti i religiosi e i missionari in contesti difficili – commenta ancora padre Albanse – che è il prezzo da pagare se si vuol essere cristiani coerenti con il Vangelo, il che significa essere in periferia, dalla parte dei poveri”.
Fonte www.vaticannews.va/Adriana Masotti – Città del Vaticano
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