“Sei morta, troia” è una frase che la leggo e la rileggo senza fiato. Se l’avessi sentita urlare per strada da un uomo ad una donna mi sarei guardato attorno smarrito. Non avrei applaudito, che è il senso della condivisione. Non avrei sorriso, che è il senso del like. Non l’avrei raccontata agli amici dandogli di gomito, che è il senso del retweet. Avrei cercato di aiutare la donna.
Di fermare l’uomo. Di chiamare aiuto. Su facebook, invece, come ha potuto racimolare più di trecento like e avere quattrocento condivisioni? Cos’è un post? Cos’è un like? Cos’è una stellina? Cos’è un social? Inizio dalla fine. Il social network è una rete sociale non fisica. Unisce persone che mettono a disposizione reciproca pezzetti di sé stessi. Non vela, svela. Se vuoi far vedere la tua unghia del mignolo sinistro, fai vedere solo quello: ma deve essere vero. Se non è vero, non “passa”, cioè, per un incredibile sesto senso, la gente se ne accorge, e non guarda. Quindi il mezzo ti costringe ad essere vero. I social sono delle piazze dove ci si incontra. Una volta ho risposto a un insulto su twitter in maniera sgarbata, e un amico mi ha rimproverato. Io gli ho detto “mi è scappata”, e lui ha aggiunto “trattieniti, non sei in bagno”, e aveva ragione lui. Se scrivi un post, un tweet, non stai scrivendo una lettera elettronica, non dai informazioni: dici di te. Dici chi sei. Senza filtri. La rete, ripeto, non è un filtro. La rete non nasconde. Svela. Denuda. I politici in rete, senza portavoce, senza ufficio stampa, senza filtro, senza pause ad effetto, senza il look giusto a “proteggerli”, sono una prova di questo. Ormai le loro figuracce non fanno neanche più notizia. Il social non è un mezzo di comunicazione, è comunicazione, è comunione. È realtà nuda. Quando le bambine portavano le gonne, se si arrampicavano su un albero, su uno scivolo, se dondolavano su un’altalena, rimanevano scoperte e le mamme le facevano scendere e stare composte. E i maschietti ridevano come scemi.
L’effetto web è questo. Cosimo Pagnani raccontava delle liti con la moglie, di come lui amasse la figlia, e la gente stava con lui. A uno può scappare (sbagliando) di dire “va a morire ammazzato”. Lo dice tra sé in silenzio in auto quando gliene combinano una. La dice tra sé, sbaglia, ma tutto finisce lì. Sui social non è così. Il social è un enorme amplificatore di realtà. Ricordiamoci che su facebook e twitter siamo in piazza: scrivi una sciocchezza di cui ti pentirai e quella rimarrà su internet per sempre. Siamo in alto come le bambine di una volta con l’altalena e le gonne a scacchi. Impariamo a stare composti. Non è un altro linguaggio. Non è un’altra realtà. È realtà.
Di Don Mauro Leonardi
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Un'introduzione molto bella all?Iliade di Baricco dice più o meno lo che il poema omerico dimostra la "bellezza della guerra": ed è vero, la guerra, ha il fascino delle armature, dell'eroismo, della gioventù, del sacrificio estremo per la patria, del conflitto eroico tra amore e patria. Bello. Affascinante. Solo così, al di là della propaganda, ci possiamo spiegare come mai, allo scoppiare di vari conflitti tanti giovani, giovanissimi si siano arruolati volontari. La guerra aveva un fascino. E anche il male, purtroppo, lo ha: il fascino illusorio del potere, del piacere, del controllo, dell'idolatria del proprio io su ogni altra cosa, su ogni altra persona. Si spiega solo così il "fascino" e il successo di tanti personaggi negativi, l'attenzione morbosa verso omicidi sanguinosi, oepisodi equivoci e pruriginosi, l'ossessione per il sesso e le due derive. Hanno un fascino. Triste a dirsi, ma è così. Come fare a contrastare tutto questo? Bisogna proporre un'alternativa. buona. Ma altrettanto affascinante. Il papa ha detto che bisogna legare il bello al buono e al vero. E sul serio bisogna fare così. Partendo innanzi tutto dall'idea che la comunicazione è una responsabilità. Curando le parole. specie nei social networks. Bellissimo articolo