Barbara Castelli – Città del Vaticano
Le ferite “non vanno mai prescritte” e “non spariscono mai”. Dobbiamo “condannare con forza queste atrocità”, come pure “concentrare gli sforzi per sradicare questa cultura di morte”, e dobbiamo provare “vergogna” dinanzi a uno “stile di vita” che “ha smentito e smentisce ciò che recitiamo con la nostra voce”. Sono parole di condanna e dolore quelle che Papa Francesco scrive all’indomani dei fatti in Pennsylvania, con la pubblicazione di “un rapporto in cui si descrive l’esperienza di almeno mille persone che sono state vittime di abusi sessuali, di potere e di coscienza per mano di sacerdoti”. “Guardando al passato – scrive il Pontefice nella Lettera– non sarà mai abbastanza ciò che si fa per chiedere perdono e cercare di riparare il danno causato. Guardando al futuro, non sarà mai poco tutto ciò che si fa per dar vita a una cultura capace di evitare che tali situazioni non solo non si ripetano, ma non trovino spazio per essere coperte”.
Papa Bergoglio parte dalle parole di San Paolo ai Corinzi – “se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme” – per rimarcare che il dolore delle vittime investe tutti, perché il male subito da tanti innocenti è “un lamento che sale al cielo” e che “per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere”. Ma questo “grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità”. “Con vergogna e pentimento – scrive il Papa – come comunità ecclesiale, ammettiamo” che “non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli”. Il Pontefice fa proprie le parole dell’allora cardinale Ratzinger nella Via Crucis scritta per il Venerdì Santo del 2005: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza”.
Nella missiva, il Pontefice riconosce con rammarico che in passato “l’omissione” è divenuta una forma di risposta, un comportamento vergognoso che oggi non può più trovare seguito e che deve, invece, tramutarsi in solidarietà, “intesa nel suo significato più profondo ed esigente”. Una solidarietà “che reclama la lotta contro ogni tipo di corruzione, specialmente quella spirituale, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito”. Papa Francesco è, comunque, fiducioso del radicale cambio di rotta in corso: “Sono consapevole dello sforzo e del lavoro che si compie in diverse parti del mondo”, scrive, per dare “sicurezza” e protezione per “l’integrità dei bambini e degli adulti in stato di vulnerabilità”, “come pure della diffusione della ‘tolleranza zero’ e dei modi di rendere conto da parte di tutti coloro che compiono o coprono questi delitti”.
Nelle quattro pagine del documento, trova spazio anche una nuova ferma condanna di ogni “forma di clericalismo” con l’affermazione della necessità di una “partecipazione attiva di tutte le componenti del Popolo di Dio”. “Il clericalismo – scrive Papa Francesco – genera una scissione nel corpo ecclesiale che fomenta e aiuta a perpetuare molti dei mali che oggi denunciamo”. “Ogni volta che abbiamo cercato di soppiantare, mettere a tacere, ignorare, ridurre a piccole élites il Popolo di Dio – insiste – abbiamo costruito comunità, programmi, scelte teologiche, spiritualità e strutture senza radici, senza memoria, senza volto, senza corpo, in definitiva senza vita”. Il clericalismo è “un modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa, molto comune in numerose comunità nelle quali si sono verificati comportamenti di abuso sessuale, di potere e di coscienza”, un atteggiamento che “non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente”. “L’unico modo che abbiamo per rispondere a questo male che si è preso tante vite è viverlo come un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti come Popolo di Dio”. “Dire no all’abuso significa dire con forza no a qualsiasi forma di clericalismo”.
Papa Francesco, infine, invita “tutto il santo Popolo fedele di Dio all’esercizio penitenziale della preghiera e del digiuno secondo il comando del Signore, che risveglia la nostra coscienza, la nostra solidarietà e il nostro impegno per una cultura della protezione e del ‘mai più’ verso ogni tipo e forma di abuso”. Una “dimensione penitenziale di digiuno e preghiera”, che ci aiuta “come Popolo di Dio a metterci davanti al Signore e ai nostri fratelli feriti, come peccatori che implorano il perdono e la grazia della vergogna e della conversione, e così a elaborare azioni che producano dinamismi in sintonia col Vangelo”. Sempre avendo Maria come riferimento e modello, il Pontefice precisa che “la penitenza e la preghiera” ci aiuteranno a “vincere la bramosia di dominio e di possesso che tante volte diventa radice di questi mali” e a “camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie”.
di Barbara Castelli – Città del Vaticano – Vaticannews.va
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