Una sera di maggio del 1959, dopo un intimo colloquio, il venerato Padre mi disse: «Figliuolo, la meditazione è molto importante per le anime consacrate». Aveva ragione! Necessaria la preghiera ma importante la meditazione perché la mente si unisce a Dio più intimamente senza parlare.
Padre Pio, in un frammento di Diario che riguarda il periodo dal 21 luglio al 15 agosto 1929, scritto dietro esortazione del suo Confessore, Padre Agostino da San Marco in Lamis, annotò: «Devozioni particolari giornaliere: non meno di 4 ore di meditazione, e queste d’ordinario su la vita di nostro Signore: nascita, passione e morte».
Si può immaginare come egli s’immergesse nella meditazione dei misteri del Verbo fatto carne… della sua agonia, della sua flagellazione e coronazione di spine… della sua crocifissione e morte.
Prima e dopo la Santa Messa passava molto tempo nella «orazione mentale». Al termine della stessa il suo volto sembrava di fuoco.
Sembrava Mosè che scendeva dal monte dopo il colloquio con Dio.
Il Padre Fortunato mi diceva che Padre Pio meditava a lungo e molte volte la sera lo sentiva gemere e sospirare davanti al Crocifisso del coro.
“Sono un morto ambulante”
Nella sacrestia del Santuario, a San Giovanni Rotondo, il signor Giuseppe Canaponi, due mesi prima di morire, mi disse: «Padre, sono un morto ambulante ma, grazie a Padre Pio, vivo ancora».
Ricordai di aver letto qualcosa al riguardo, ma per saperne di più chiesi che mi raccontasse personalmente la sua storia.
«Il 21 giugno 1946 – cominciò –, mentre andavo in motocicletta, fui investito da un camion sulla strada Sarteana, presso Chiusi, in quel di Siena. Trasportato all’ospedale di Sarteano mi riscontrarono la frattura del femore sinistro e commozione cerebrale. Dopo quaranta giorni, non avendo avuto alcun miglioramento, cominciò per me il calvario dell’ospedale da Chiusi a quello di Montepulciano, poi a Siena e infine all’ospedale ortopedico di Bologna. Molti dolori, tanta disperazione, nessun risultato positivo. Non potevo camminare ed ero senza lavoro.
Padre Paolo Covino,
Ricordi e testimonianze,
pp. 143-144; 235-236
Redazione Papaboys (Fonte www.settimanaleppio.it)
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