Ad oggi vi è ancora chi si chiede se vi sia un vincitore nella situazione attuale internazionale ma i dubbi sono minimi. Putin telefonando ad Obama no pare che abbia mostrato debolezza, ma la forza di poter scegliere i tempi per una normalizzazione delle relazioni, rifiutando implicitamente di vedere ridotto il proprio ruolo a forza geopolitica regionale. Il leader russo ha già reso noto la speranza di un federalismo ucraino, che in termini concreti coinciderebbe con la fine di una nazione, valutando la forza delle minoranze russofone in alcuni luoghi molto influenti come in Transnistria. Kazakhstan, Estonia e Lettonia tremano nel riguardare quotidianamente le stime di una minoranza che tale è solo in termini relativi, componendo il 24%, 25% e 26% della popolazione rispettivamente. Ora un ruolo fondamentale sarà svolto dalla Francia per gli europei, (forse in vista di un futuro rassetto interno all’Europa stessa?!) e la scelta di Parigi come location per l’incontro non è parsa casuale e da India e Cina ad Est. I due paesi asiatici sono notoriamente contrari alle modifiche dei confini territoriali, forse per gli antichi conflitti connessi ai propri (si pensi alla diatriba tra Giappone e Cina per le isole Senkaku o ai confini tra Pakistan ed India). In Ucraina intanto la sfida tra Poroshenko (il magnate del cioccolato) e Yulia Tymoshenko pare escludere qualsiasi soluzione favorevole alle richieste russe, ma ciò che spaventa l’Europa (o almeno dovrebbe) è il movimento di Pravyj Sektor (il Dimitro Yarosh) ultranazionalista e paramilitare che oltremodo in caso di messa al bando potrebbe addirittura uscirne rafforzato. di
Flavio Britti