Rolando Lucchetta viveva in un capannone a Codognè, in Veneto; un capannone che faceva parte della sua fabbrica, quando era un piccolo imprenditore, e che adesso la generosità delle persone che gli vogliono bene ha salvato dal disastro finanziario, permettendogli così di avere un tetto sulla testa.
Non che gli importi molto, del tetto, o delle condizioni – quasi da eremita – in cui vive, nel cuore di una delle zone più ricche d’Italia. L’elemento centrale della sua esistenza è l’incontro, ma forse sarebbe meglio dire, in base al suo racconto, la presenza continua, costante della Madre di Dio, che Lucchetta, e le persone accanto a lui chiamano «Mamma Celeste».
Rolando Lucchetta non è giovane. È nato nel novembre 1928, da una famiglia semplice, religiosa come si era credenti nel Veneto agricolo dell’epoca. E sempre stato un uomo che ha vissuto del lavoro delle sue mani: artigiano, piccolo imprenditore, fino a un giorno di quasi trent’anni fa. Adesso è un signore alto, dall’aspetto dignitoso e dimesso, con grandi occhi velati di melanconia, di quella speciale vena di tristezza apparente che è possibile leggere negli occhi di qualche anziano sacerdote che ha molto confessato, e di grande consuetudine con le fragilità e i lati oscuri della gente. Quella che segue è la cronaca raccontata da lui stesso del suo ingresso nel mondo del soprannaturale. Il detonatore è stato un incidente gravissimo in automobile, su una strada del Veneto.
Nel 1972 ho fatto un frontale con un autocarro, che ha invaso la mia corsia. È stato inevitabile, quell’urto. Un incidente stradale tremendo, in conseguenza del quale morii. E sono andato di là, e ho parlato con loro; sono stato anni senza dirlo, perché dal giorno dell’incidente sono stato in coma quasi quattordici anni, ma penso di essere una persona normale, e non mi sono messo a dire: guarda, ho visto questo o quello.
L’incidente ebbe conseguenze molto serie, per Lucchetta, che passò molti anni in uno stato di semiincoscienza, da cui uscì alla fine degli anni Ottanta, rendendosi poi conto di quella che era stata la sua esperienza. «Vedendo alla televisione e in qualche giornale, che c’è qualcuno che “passa”, che va di là, che torna, che ha parlato, che ha visto, così allora mi sono detto: ma allora è vero quello che ho visto io…»
Che cosa ha visto?
Sono andato di là e mi sono trovato davanti a una porta, questione di attimi… sulla destra c’era una marea di gente che saliva, tutti vestiti di bianco. Entravano non dalla porta in cui entravo io, ma attraverso un’altra, e mi chiedevo: «Da dove viene tutta quella gente, vestita tutta uguale?». Pensavo di essere ancora sulla Terra, non credevo di essere passato di là. «Che cosa è questa storia?» mi dicevo. E a quel punto mi viene davanti un arcangelo, che poi ho capito, parlando con un sacerdote, che era Gabriele, o forse Raffaele. Mi dice: «Calmati Rolando» e io gli rispondo: «Sì, mi calmo, ma prova a spiegarmi che cos’è quella gente che viene da quella porta». A dieci a dieci, a cinque, andavano su così appaiati. Dice: «E allora non hai ancora capito, non ti sei reso conto di dove sei arrivato».E così mi ha fatto capire che ero entrato in un altro mondo, in un’altra cosa.
Il dialogo però è proseguito, perché l’arcangelo, sempre secondo le parole di Rolando Lucchetta, gli ha dato un avvertimento: «Mi dice: “Se passi quella porta non torni piùindietro”». «Ma io non la passo se non posso tornare indietro.» Allora, replica l’interlocutore: «Eh, ma c’è chi deve dire se puoi tornare indietro». «Posso chiederglielo» suggerisce Lucchetta. «No, tu non puoi andare, te l’ho detto che non puoi passare quella porta, altrimenti non torni più indietro.» «Allora ci vai tu per me?» «Certo che ci vado.» Quando l’arcangelo fu sulla porta, udì una raccomandazione: «Ehi non dimenticarti di me che sono qui, eh?».
Racconta il veggente:
Lui mi guarda, e sorride, come per dire che «là» quando danno una parola sono molti corretti e precisi, e non ripetono mai una cosa. Mi è capitato, magari dopo qualche anno, di porre la stessa domanda, e loro mi hanno risposto: «Rolando, di questa cosa si è già parlato».
Secondo Lucchetta, la folla che ha visto era la marea di anime provenienti dal purgatorio, in cammino verso la gloria dei cieli. «Quella porta che era dietro la mia era quella che portava al paradiso.» Quanto è durato il colloquio? Qualche istante di tempo reale, secondo il veggente, anche se ne ha ricevuto un’impressione molto più lunga: era una classica situazione di «tempo esploso», non collegato alla reale durata. «Mentre si svolgeva questo dialogo, e nell’attesa che l’arcangelo tornasse con la risposta, vedeva il suo corpo?» Risponde:
Quando quell’arcangelo è uscito da quella porta ed è tornato indietro mi ha detto: «Puoi andare Rolando». Ebbi anche il coraggio di chiedergli per quanto tempo ancora sarei rimasto sulla terra. Mi rispose di non preoccuparmi, sarebbero venuti loro a prendermi quando fosse arrivata l’ora giusta. Io immediatamente mi sono trovato in mezzo alla strada, come sono adesso, in piedi, sul lato destro c’era l’autocarro che si era schiantato contro un platano; la mia macchina capottata. Riconosco la mia macchina, e dico: «Ohhhh! Ma quella è la mia macchina, come me l’hanno ridotta, ma che cosa è ‘sta roba». Uno vede la sua macchina massacrata, e penso che ciascuno sarebbe un po’ sotto shock. Vado vicino alla macchina, e vedo che c’è il mio corpo, accasciato sul volante, ingabbiato dentro, e mi dico: «Ma come mai sono qua? Come è ‘sta storia?». Faccio uno più uno, e diventa subito due. Dico: «Io qui sono in spirito, e quello è il mio corpo». E mi metto a chiamarlo, dicendo: «Ehi svegliati, se non ti svegli io che cosa faccio qui fuori?». Cerco di scuoterlo, di staccarlo dal volante, e così facendo rientro nel mio corpo. Sono andato dentro, poi sono uscito da solo dalla macchina, ho fatto quattro o cinque metri, e poi il mio fisico… sono crollato a terra. Mi hanno portato in ospedale. Sono sceso da solo, mi sono rotto costole e testa, ma gambe e braccia no.
Secondo l’opinione di chi lo conosce e gli è vicino, Rolando Lucchetta è una persona semplice, di una bontà e di un candore fuori dal comune. Ancora adesso, a distanza di anni, si percepisce l’emozione provata in quello stato particolarissimo. Qual è stata la sua sensazione, nel trovarsi in purgatorio?
Sono rimasto schoccato; tanto schoccato che è venuto un arcangelo a calmarmi. Loro hanno una facoltà da Dio, e mi hanno fatto capire dove ero arrivato. Stavo benissimo. È una cosa totalmente diversa da tutto quello che noi siamo… C’è solo tranquillità. Poi la voce dell’arcangelo, è una voce chiara, umana, ma molto, molto calma: parlando ti dà tranquillità, fiducia. E alle volte lui parla prima che tu faccia la domanda, perché conosce già la domanda. Ho visto che lui mi precedeva e mi dava tranquillità.
L’incidente fu solo l’inizio di un calvario fisico ed esistenziale, per Rolando Lucchetta. Una sofferenza che si risolse, come racconta, solo grazie a un intervento molto particolare:
Quattordici anni di tormenti continui, perché avevo un corpo estraneo nella testa, un pezzo di vetro, un frammento del parabrezza della mia macchina. Non le dico il tormento che avevo. Non lo vedevano in nessun modo; capivano che c’era qualche cosa di molto grosso, ma non riuscivano a rintracciarlo. Un giorno del 1986 ero seduto nella mia stanza, in cucina, in preda a una crisi di mal di testa violentissima, c’ero abituato, duravano molto a lungo, una crisi molto seria di quelle che mi colpivano tante volte, e mi si presentò davanti padre Pio che mi disse: «Se non ti fai togliere quel corpo estraneo che hai in testa, non te la cavi più; sei arrivato al limite delle tue forze». E dov’è ‘sto pezzo? Mi prese la mano, la guidò dietro l’orecchio, e sentii come uno spillo, un ago che mi pungeva. Ho sentito lì. Poi mi ordinò: «Trovati un chirurgo e fatti togliere quel pezzo».
Un primo chirurgo non diede la sua disponibilità, un secondo lo tenne ricoverato dieci giorni e alla fine non volle: «Ma come facciamo? Dobbiamo operarti alla mandibola, non possiamo addormentarti perché il cuore non è in buono stato». Rolando Lucchetta tornò a casa, a riprendersi. Una mattina si mise a pregare davanti alla statua di padre Pio: «Guarda che non trovo chirurghi. Se non mi aiuti, non so come fare. Non me la sento più di andare avanti, il mio fisico sta cedendo». Infine, a Padova, grazie alla mediazione del suo medico, si trovò un chirurgo, si fece l’operazione. Rolando Lucchetta tornò in pieno possesso delle sue facoltà, e cominciò il suo vero rapporto con il soprannaturale. «Dopo quest’intervento sono andato in pellegrinaggio da padre Pio». Si fermò a pregare al santuario di Loreto.
Mentre ero davanti alla Sacra Casa, avevo molto male alla schiena, dove avevo quattro vertebre spostate, in conseguenza dell’incidente. Ho sentito una mano che si appoggiava alla schiena. Mi sono girato: non c’era nessuno, stavo guardando la Madonna. Da quel momento non ho più avuto mal di schiena.Tornato a casa ho acquistato quella madonnina che sta nel cortile, per ringraziarla; e ogni tanto mi mettevo davanti a pregare.Una mattina, durante l’orazione, sento una voce: «Ti aspetto da Sant’Antonio». Salii sulla macchina che avevo davanti al portone e andai a Padova. Entrai dentro la basilica del santo, e mi fermai davanti alla Madonna del Pilastro. Mentre ero là in piedi a pregare, mi sento preso per le mani e vedo padre Pio. Mi tira giù in ginocchio, e io vedo distintamente una mano partire dal quadro della Mamma Celeste, che ha il Bambino in braccio. Io avevo una paresi alla parte sinistra del viso, un disturbo che mi era rimasto dal giorno dell’incidente; sento la mano che si appoggia, e mi sembra elettricità, non so per quanti secondi, per quanto tempo. La mano si sposta e va sulla testa, dove avevo un focolaio di epilessia, una conseguenza dell’incidente, che ogni tanto si risvegliava e mi dava dei grandi disturbi. Sento questa corrente che mi entra dentro. La paresi non c’è più; e il focolaio da allora non mi ha dato più fastidio. La Madonna mi ha guarito, per la terza volta. Da lì sono ritornato a casa e sono rimasto shoccato, commosso davanti alla mia madonnina; la Mamma Celeste è di tutti, siamo i suoi figli, dono di Gesù.
Fu in quel periodo che Rolando Lucchetta si accorse di avere il carisma della guarigione, un’energia particolare.
Quando mi avvicinavo a una persona che a sua e mia insaputa era posseduta o infestata dal demonio, venivo insultato. Ora sono in grado di vedere, oltre che di persona, anche a distanza, attraverso una fotografia; riesco a sentire quali sono le parti del corpo che vengono colpite da un maleficio o fattura, e sono particolarmente doloranti. Riesco anche ad agire sulle malattie malefiche, provocate cioè dal demonio attraverso i suoi lavoranti.
Infine, l’incontro con la Madonna, sull’altopiano del Cansiglio.
Ecco che mi arriva ancora padre Pio. Ogni tanto andavo a pescare, la mattina presto, alle quattro, alle cinque. Bisogna andare presto, per trovare una buona posizione. Dopo aver preparato due canne, ho gettato l’amo nell’ampia ansa del fiume. Richiamo la lenza, mi sembra che venga verso di me camminando sull’acqua. Ho pensato di avere le allucinazioni, ero vicino al fiume, e ho fatto due o tre passi indietro, pensando che, se fossi stato male, almeno non sarei caduto nel fiume. E mi tiro indietro. La lenza viene su, la tiro su con la canna, poi arriva all’altezza degli occhi. Mi allontano per non cadere in acqua. La rigetto. E succede la stessa cosa. Allora dico: «È meglio che me ne vada». Padre Pio dice: «Ma non l’hai ancora capito?». «Ah, se ci sei tu…» rispondo; ributto l’amo, e padre Pio viene via con me. Quando sono alla macchina, mi ricordo delle due canne e della scatola. Faccio: «Padre Pio, la scatola e le due canne le lascio là?». «Ma no, prenditele.» Allora recupero le canne e tutta l’attrezzatura, compreso il seggiolino dove mi sedevo, le metto nella macchina e parto.
È il viaggio che segna l’inizio della «missione» pubblica di Rolando Lucchetta, anche se rispetto ad altri suoi «colleghi» sembra esercitarla con poco amore della pubblicità, in discrezione.
«Dove andiamo?» Vai a destra, vai a sinistra, vai a destra, vai a sinistra e mi porta nella basilica della Madonna dei Miracoli. Mi fa andare nel confessionale ed entra anche lui. E ho l’impressione che il frate, anche se non me l’ha detto, che il frate che mi confessa veda Padre Pio perché a un certo punto mi dice: «Hai altro?». Mi metto a pensare se ho dimenticato qualche cosa, ma il frate riprende: «Me l’ha già detto lui, me li ha già detti lui i tuoi peccati. Ti assolvo…». Padre Pio mi fa assistere a due messe, mi fa fare due comunioni, poi mi fa andare davanti alla Madonna dei Miracoli. Sarò stato mezz’ora a pregare là davanti, poi mi dice: «Andiamo», e mi fa passare da dove ho preso questa madonnina. Mi fa: «Prendi una madonnina». «Ne ho già una a casa» gli rispondo «se hai bisogno te la do, dove la devo portare?» «Quella sta bene dov’è, tu ne devi prendere un’altra.»
Lucchetta indica una statua della Vergine nel suo capannone:
Ce n’era una uguale a questa, e una di venti centimetri più piccola. Quale devo prendere? Metto una mano sulla madonnina uguale a questa, poi su quell’altra, che era più bassa; toccandola, sento che la mano mi si riempie di calore. «Allora sei tu che devi venire con me» mi dico. Poi siamo ripartiti.
Un viaggio, racconta il veggente, sempre sotto la guida del santo di Pietralcina.
Destra, sinistra, destra, sinistra, mi fa salire tutta la cima del Cansiglio, mi fa andare in mezzo alla foresta, in mezzo alle erbacce alte così, che adesso non ci sono più, sparisce padre Pio. Mi giro, ho fatto fatica a salire, perché allora la strada era scombinata, con tanti sassi e buche, mentre ora è diventata una bella pista. Mi giro, sono con la madonnina in mano «Dove la metto la madonnina, padre Pio?».
Ma il frate era scomparso:
Quando sono arrivato mi ha detto: «Fermati qui e prendi la madonnina». Mi giro, guardo la macchina: Padre Pio… lui era lì con me di sicuro, ma non si faceva vedere. A quel punto una voce dice: «Vieni avanti, Rolando». Ma non era la voce di padre Pio, era una voce di donna, una voce che non avevo mai sentito. Vado avanti, faccio un po’ di passi, c’è una pietra alta, irregolare, e io ero arrivato vicino alla pietra. «Vieni più avanti» dice la voce. Vado più avanti, non vedo niente, però la voce la sento. «Mettila lì sopra quel masso.» Guardo nella direzione da cui sento la voce e vedo una luce, come quel faro lì.
Lucchetta indica uno dei fari che servono per le riprese fotografiche, nel suo capannone. «Sopra la roccia, c’era quella luce. E la voce continua: “Vedi Rolando, questa è un’ara pagana, al tempo dei romani qui facevano i sacrifici prima di andare in battaglia. C’erano due legioni di romani qui sul Cansiglio”.»
Quella è una strada romana, prima non si sapeva con certezza, ci sono i ciottoli, il selciato romano; in quella zona non lo sapeva nessuno. La voce mi ha detto: «Quest’ara la consacro a me, metti la mia immagine sopra, davanti. Va bene, metto l’immagine», la guardo, guardo la luce, recito alcune preghiere; la ringrazio, per la mia schiena, la guardo e la riguardo. Mi dice: «Vedrai Rolando quanta gente verrà qui da me. Quante conversioni ci saranno»; e di guarigioni posso testimoniare che ne sono avvenute tante. Tumori, gente che era malata di nervi, giovani, meno giovani, signore che non potevano avere bambini, e sono riuscite ad averli, e anche belli.
Da allora Rolando Lucchetta non ha più visto padre Pio:
Mi trovavo in mezzo alla foresta, quella pietra non so se l’avevo notata, forse non l’avevo neanche notata; padre Pio sparì. Non lo vedevo più perché c’era la presenza di Lei, il suo compito era finito perché mi aveva accompagnato fino a laggiù.
Vicino alla frazione Sant’Anna, sull’altopiano del Cansiglio, c’è il luogo di preghiera; ogni domenica Rolando Lucchetta e un gruppo di fedeli salgono, a piedi, a recitare il rosario; è in quel momento, in particolare, che il veggente dice di percepire la presenza della Vergine. Quella radura in mezzo agli alberi è diventata da allora una specie di santuario a cielo aperto, il luogo dove Lucchetta ha sperimentato per la prima volta un contatto che definisce soprannaturale:
La Madonna è una radiante talmente bella che è una cosa indescrivibile. Lassù saremo stati una diecina di persone a pregare, e si presentò in cima alla pietra. Con un manto così radiante azzurro, che la guardo, le dico: «Mamma Celeste, non ti ho mai vista così bella. Mamma Celeste, mi avvicino e vengo sotto il tuo manto». Vado avanti, sotto la pietra, Lei è sopra, e mi fa così con la mano, e mi accoglie sotto il suo manto. Dieci persone hanno visto che sono diventato tutto azzurro. Io ho abbracciato il suo vestito, l’ho abbracciato, mi sono girato a guardare quei signori che erano lì con me e ho detto: «Guardate, sono sotto il Suo manto». Hanno detto: «Rolando, sei diventato completamente azzurro», tutti hanno visto che sono diventato azzurro. Allora mi sono girato, e ho detto: «Grazie Mamma Celeste, questo è un dono talmente grande per il mio cuore che penso che per Te non si fermerà neanche quando muoio. Sono talmente felice di essere qui sotto, però una cosa te la devo chiedere ancora: io rimango sempre dentro il tuo manto, che la gente lo veda o non lo veda, non lo so; e mi sento sotto anche adesso perché questi sono doni che si danno e non si tolgono più».
Così la racconta il veggente:
La sua bellezza è indescrivibile; è molto giovane, possiamo dire che è una donna sui quindici-sedici anni, ai diciotto non arriva. Ha una voce molto calma, né alta, né acuta, una voce ferma. Senti parole precise. Dice che è presente in tutta la Terra, tutte le città, tutte le nazioni, attraverso i suoi veggenti, e su questo non ci metto ombra di dubbio. Quello che dice che non posso ripetere non me lo ricordo. Quello che dice che posso scrivere lo scrivo. Quando ho dei contatti, li sento prima di averli, una settimana, tre giorni prima o lo stesso giorno. Proprio si fa sentire, e dico: «Oh, Mamma Celeste, che cos’è?». Tante volte è qui, tante volte è sul Cansiglio e l’ho trovata in diversi santuari.
Le persone vicine a Rolando Lucchetta parlano di guarigioni miracolose; sia ottenute attraverso la preghiera, sia grazie all’energia delle mani del veggente. Chi lo segue da presso cerca di limitarlo nei contatti; lo stancano molto.
La Mamma Celeste mi ha dato questa facoltà; Padre Pio mi ha detto: questo è un dono che Dio ti ha dato per guarire la gente con le tue mani. Io non c’entro niente, le mie mani non c’entrano niente, sono mani come quelle di tutti.
Rolando Lucchetta non sa se le persone che chiedono il suo intervento siano sincere, se abbiano fede, oppure se vadano da lui per altri motivi. Usa le sue mani, e affida a «Loro» la decisione:
Quando si tratta di guarigioni, chiamo sempre la Signora del Cansiglio; le dico: «Vieni presso questa povera donna, questo povero uomo, ai quali non arrivano bambini, che piangono». Ma ci sono anche mali comuni, ma seri, come per esempio i tumori, che sono stati risolti. E dico sempre: «Non pensate che sia io che li risolva, ma è Lei. Perché Lei ci ama tutti, vuole tutti con sé insieme con suo figlio Gesù per portarci al Padre. L’ha affermato più volte: “Io voglio che tutti arriviate al Padre”, questo me l’ha ripetuto più volte».
Anche nei messaggi di cui Rolando Lucchetta si fa portatore si legge un senso di pericolo incombente; fra l’altro la Madonna avrebbe annunciato l’esplosione della guerra in Kosovo ben prima che se ne avessero avvisaglie tangibili.
La gente non crede, e siamo in un periodo apocalittico, in un cambiamento d’era. La Chiesa è all’avanguardia. Tanti temono questo periodo apocalittico, ma non è da temere, c’è solo da pregare. È voluto da Dio, è un passaggio che deve arrivare, come quando è venuto Gesù, duemila anni fa. Ci sono testimonianze dappertutto. Gesù è qui, non ci piove, è in mezzo a noi. L’indignazione è per le messe nere, e me lo ha confermato Lei: mai da quando l’uomo è venuto sulla terra c’è stato un sacrilegio più grande di questo. Anche quando Dio ha mandato il diluvio, non c’era un sacrilegio così grande. Ecco perché le guerre, ecco perché la fame. Mamma Celeste mi dice: «Piango lacrime di sangue». Ci comportiamo talmente male sulla Terra che emergono delle cose molto serie, e i segnali ci sono da mezzo secolo.
E in agguato, c’è sempre, in una battaglia quotidiana, il maligno.Una presenza terribile, nelle parole di Rolando Lucchetta, che racconta di come anche il luogo di preghiera sul Cansiglio sia stato profanato. Il terreno tutt’intorno al capitello è disseminato di grosse pietre.
Un giorno fui avvisato che su una di queste pietre erano tracciati dei segni. Quando li vidi, riconobbi subito dei simboli diabolici. Girai la pietra verso il basso, immediatamente satana apparve e la rigirò come prima, dicendomi che, dato che la Madonna si era appropriata delle pietre sulle quali appoggiava, che prima appartenevano a lui (in quanto altare pagano), era libero di prendersi tutto quello che voleva. Mentre tenevo la pietra in mano per girarla nuovamente, si riformarono i simboli diabolici. Allora bagnai la pietra con l’acqua benedetta dalla Madonna e sia i segni sia satana sparirono immediatamente.
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