Dal 2013, il Presidente eletto degli USA ha dedicato al Vescovo di Roma pochi ma eloquenti “cinguettii” di taglio diverso. Compreso un attestato d’ammirazione che fa riferimento all’umiltà, il “denominatore comune” che il miliardario dichiara di condividere con Francesco. A rportare queste belle considerazioni è Gianni Valente nel portale Vatican Insider.
Come andranno le cose tra Papa Francesco e Donald Trump? Tra le incognite che segnano il nuovo corso dell’Amministrazione USA c’è anche quella sulla piega che prenderanno i rapporti tra il futuro inquilino della Casa Bianca e il Vescovo di Roma. Si ricordano le scintille già sprigionatesi tra i due sul tema dei muri anti-immigrati, quando il Papa celebrò messa a pochi passi dal confine tra USA e Messico. Ma sono meno noti i riferimenti che il prossimo «Commander in Chief» degli Stati Uniti d’America ha dedicato all’attuale Successore di Pietro dal suo account Twitter. Giudizi e accenni di varia natura, compreso un attestato d’ammirazione che fa riferimento all’umiltà, il «denominatore comune» che Trump dichiara di condividere con il Papa.
Finora, il punto di riferimento per immaginare i futuri rapporti tra il Pontefice e il Presidente designato rimane «l’incidente» di febbraio, avvenuto in occasione della visita di Papa Bergoglio in Messico. Trump aveva attaccato briga in un’intervista rilasciata a Fox Tv: interpellato sulla messa tra i migranti che il Papa avrebbe di lì a poco celebrato a Ciudad Juàrez ed el Paso (Texas), aveva definito il Vescovo di Roma come «una persona molto politica», che «non capisce i problemi che ha il nostro Paese» e nemmeno il «pericolo del confine aperto che abbiamo con il Messico». Aveva anche puntualizzato che, a suo giudizio, il Messico «gli aveva chiesto di farlo (celebrare la messa a Ciudad Juarez, ndr) perché loro vogliono mantenere il confine così come è. Loro ci stanno facendo una fortuna, e noi ci stiamo perdendo».
Sul volo di ritorno verso Roma, intervistato sulle esternazioni riservategli da Trump, il Papa non aveva usato toni sfumati, dichiarando che «una persona che pensa soltanto a fare muri, sia dove sia, e non a fare ponti, non è cristiana». Trump aveva contro-ribattuto per via mediatica che «per un leader religioso, è scandaloso mettere in dubbio la fede di una persona». E poi aveva rincarato la dose, ipotizzando che in caso di attacco jihadista contro il Vaticano, il Papa «si augurerebbe soltanto e pregherebbe che Donald Trump fosse Presidente, perché questo con me non potrebbe accadere».
La sola idea dello scontro incombente tra il leader politico più potente del mondo e il Vescovo di Roma già solletica i riflessi condizionati del media system globale. Ma ben prima della baruffa per via mediatica di febbraio, il successore designato di Obama aveva già esternato parecchie considerazioni e giudizi su Papa Francesco, fin dalla sua elezione alla Sede Apostolica di Roma. Frasi di circostanza, boutade, attestazioni della propria distanza dallo «stile» del Papa, ma anche dichiarazioni di stima.
Trump aveva cominciato all’alba del 14 marzo 2013, poche ore dopo la fine del Conclave, con le classiche felicitazioni «ai miei amici cattolici per la selezione di Papa Francesco I (sic) alla guida della Chiesa cattolica. Le persone che lo conoscono lo amano!», aveva puntualizzato il futuro Presidente USA nel primo pensiero da lui rivolto al nuovo Papa dentro il limite dei 140 caratteri. Pochi giorni dopo, il magnate newyorkese già arricciava il naso davanti alla scelta di Papa Francesco che nella sua prima uscita dalle mura vaticane, nel primo giorno di pontificato, era voluto andare anche a saldare il conto della stanza che aveva occupato alla «Domus» di via della Scrofa, prima di entrare in Conclave: «Non mi piace vedere il Papa in piedi davanti al banco di un hotel per pagare il conto. Non è una cosa da Papa!» aveva twittato Donald Trump nel pomeriggio di martedì 19 marzo, giorno in cui Papa Francesco aveva celebrato la messa d’inizio del suo pontificato. E a chi, commentando via-twitter la sua uscita, gli aveva fatto notare che il Papa non aveva bisogno come lui di ostentare ogni volta la sua grandezza, aveva risposto buttandola sullo scherzo: «È per questo» aveva sentenziato il Tycoon «che io non sarò mai Papa!». Ma è nel giorno del primo Natale del pontificato bergogliano, nella magica atmosfera newyorkese carica di luminarie e di buoni sentimenti, che Trump trova le parole giuste per esprimere il fascino esercitato su di lui dal Vescovo di Roma, e fornirne una motivazione spiazzante: «Il nuovo Papa» scrive nel pomeriggio del 25 dicembre 2013 «è un uomo umile, proprio come me, e questo probabilmente spiega perché mi piace così tanto». La dichiarazione piena d’affetto verso Papa Bergoglio, con connessa professione d’umiltà, viene diffusa e rilanciata su twitter da più di 5mila retweet.
I «cinguettii» di Trump su Papa Francesco non hanno a che fare solo con le loro asserite affinità e le loro differenze. Nell’aprile 2014, le elezioni presidenziali sono ancora lontane. Chissà se Trump ha già pensato a candidarsi. Intanto, si diverte anche su twitter, e nelle sue guasconate da social network tira in ballo Bergoglio. Gli viene chiesto chi sogna di avere come ospite a The Celebrity Apprentice, il programma che lui stesso ha ideato e condotto sulla rete NBC dal 2008, dove ogni settimana diverse persone famose, divise in squadre, competono per raccogliere quanto più denaro possibile da offrire in beneficenza. Lui risponde secco: «il Papa!».
Sulle vicende vaticane, il Presidente eletto degli USA in verità gettava l’occhio anche prima dell’arrivo di Papa Francesco. Aveva detto la sua via twitter anche sulla decisione di Benedetto XVI di rinunciare al Papato, esprimendo con la consueta, ruvida franchezza il suo totale dissenso: «Il Papa» aveva scritto Trump sul suo account il 27 febbraio 2013 «non avrebbe dovuto rinunciare. Lui avrebbe dovuto continuare. Questo fa male a lui, fa male alla Chiesa…».
di Gianni Valente per Vatican Insider
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