Negli Stati Uniti si fanno incandescenti i rapporti fra i cattolici e il presidente americano – Circa centomila persone presenti in Piazza San Pietro si sono unite per ben quattro ore allapreghiera di Papa Francesco contro il possibile intervento armato in Siria. La veglia di preghiera, unitamente alla giornata di digiuno, ha rappresentato l’apice dei tentativi del Pontefice di impedire lo scoppio di una guerra che potrebbe presto rivelarsi più pericolosa di quanto si possa immaginare. Un evento, quello di sabato scorso, che è stato preceduto da numerosi appelli rivolti da Papa Francesco in occasione dell’Angelus e dell’udienza del mercoledì. Sembra però che il presidente americano Obama voglia continuare per la propria strada, aspettando solamente il voto del Congresso, che dovrebbe arrivare nei prossimi giorni. Una guerra, quella che Obama si prepara a lanciare contro la Siria, che sembra spaccare sotto alcuni punti di vista il mondo cattolico americano.
L’invito della conferenza episcopale statunitense
Con i primi venti di guerra, è stata la conferenza dei vescovi statunitensi a mobilitarsi per cercare di contrastare l’azione militare contro la Siria progettata dal presidente Obama. Sono stati, infatti, i vescovi americani a decidere di rivolgersi direttamente ai cattolici, ed in particolare ai cattolici “elettori”. In una lettera pubblicata sul sito della United States Conference of Catholic Bishops (Usccb), i vescovi americani hanno invitato espressamente i cattolici a mettersi in contatto con i loro rappresentanti di riferimento al Congresso e fare “pressioni” su di loro affinché votino contro la richiesta del presidente Obama. In particolare, nell’appello si invitano i cattolici a chiedere “di votare contro la risoluzione che autorizza l’uso della forza militare in Siria quale risposta all’atroce attacco con armi chimiche condotto su civili innocenti”. Con la richiesta, ovviamente, di appoggiare un’azione condotta dagli Stati Uniti stessi al fine di ottenere un “immediato cessate il fuoco in Siria e per autentici ed inclusivi negoziati di pace”.
La lettera del cardinale Dolan
Anche l’arcivescovo di New York Timothy Dolan, uno degli “artefici” dell’elezione di Papa Francesco, ha fatto sentire la sua voce. Il porporato americano, presidente della conferenza episcopale statunitense, ha infatti inviato, insieme al vescovo Richard Pates, presidente del Comitato sulla giustizia internazionale e sulla pace dell’Usccb, una lettera al Congresso. Un fatto, quest’ultimo, che ha trovato una grande eco sull’Osservatore Romano. Nella lettera, infatti, si fa riferimento agli appelli contro la guerra lanciati dal “successore di San Pietro, Papa Francesco, e dai nostri fratelli vescovi sofferenti delle venerabili ed antiche comunità cristiane del Medio Oriente”. Dolan e Pates, in particolare, chiedono di non “ricorrere ad un intervento militare in Siria” in quanto sarebbe “controproducente, aggraverebbe una situazione già tragica e porterebbe a conseguenze indesiderate” ricordando, tra l’altro, come “tali preoccupazioni trovino una forte risonanza nell’opinione pubblica americana mettendo in dubbio l’opportunità stessa dell’intervento”.
Le tensioni con i cattolici dell’amministrazione Obama
Che il presidente Obama non sia particolarmente preoccupato della reazione del mondo cattolico americano non era difficile immaginarselo. Obama non è, a differenza di Kennedy, un cattolico e nell’ambito della sua presidenza si è spesso scontrato con l’elettorato cattolico, adottando politiche in contrasto con l’insegnamento della Chiesa su temi quali il matrimonio dei gay e l’aborto. Recente è, infatti, la battaglia tra i cattolici e l’amministrazione Obama per quanto riguarda la riforma sanitaria. Cattolici, però, sono i principali collaboratori del presidente Obama, e non solo. John Boehner, speaker del Congresso, è un cattolicissimo repubblicano dell’Ohio, particolarmente impegnato nella lotta contro l’aborto ed i matrimoni tra omosessuali. Ma cattolici sono anche il vice presidente americano Joe Biden, noto però per alcune sue posizioni non proprio “ortodosse”, quali l’equiparazione delle unioni gay ai matrimoni, il segretario di StatoJohn Kerry e il capogruppo dei democratici al Senato Nancy Pelosi. Ed anche Chuck Hagel, ministro della difesa, pur essendo ora vicino alla Chiesa episcopale, è un ex cattolico.
I principali collaboratori di Obama, quindi, sono ferventi cattolici uniti, però, da un unico filo in comune: tutti quanti, infatti, hanno più volte manifestato il proprio parere favorevole all’intervento armato in Siria, senza farsi quindi troppo influenzare dai vari appelli di Papa Francesco.
Ma i cattolici americani sono veramente contro l’intervento armato in Siria?
Limitandosi a leggere gli appelli provenienti dalla conferenza episcopale statunitense e dal cardinale Dolan sembrerebbe che i cattolici americani abbiano una posizione verso l’intervento militare meno ambigua rispetto a quella tenuta in occasione dell’attacco all’Iraq. C’è chi, però, come il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister ritiene che la situazione non sia proprio così chiara come sembra. Magister, infatti, sottolinea come “l’insieme del mondo cattolico degli Stati Uniti non sembra avere brillato per prontezza nel rispondere all’appello del Papa”. Il vaticanista dell’Espresso ricorda come “ancora tre giorni dopo il primo appello di Papa Francesco, se si andavano a vedere le home page delle più importanti diocesi USA, cioè quelle che nella loro storia hanno avuto almeno un cardinale, si scopriva che solo in tre su dieci era riportato l’annuncio della giornata di preghiera e digiuno lanciato dal Papa”. Inoltre, in un commento sul suo blog personale, il cardinale Dolan si è espresso sull’intervento militare in termini più possibilisti: “Il Signore sa, come le maggiori potenze del mondo, che noi abbiamo il dovere di ricordare alle nazioni, con la forza se necessario, che certe linee di inumano comportamento non possono essere tollerate”.
Un ultima mossa per Papa Francesco?
Potrebbe essere un’ipotesi piuttosto remota, ma pur sempre un’ipotesi. Papa Francesco potrebbe, infatti, decidere di inviare una persona di stretta fiducia a parlare con il presidente Obama per convincerlo a desistere dall’intervento militare. Un compito che potrebbe essere affidato al nunzio a Washington, Carlo Maria Viganò, o al cardinale Jean Luis Tauran, uomo di esperienza diplomatica che gode della totale fiducia del pontefice. E’ stato proprio Tauran a recarsi recentemente ad Amman per partecipare al summit sulla condizione dei cristiani in Medio Oriente. Un’ipotesi, quella dell’incontro col presidente Obama, che potrebbe ricalcare quanto fece Giovanni Paolo II prima dell’attacco americano all’Iraq. Il Papa polacco, infatti, inviò il cardinale Pio Laghi a Washington per incontrare il presidente Bush alla Casa Bianca nel tentativo di convincerlo a desistere. Ma la risposta di Bush fu lapidaria: “Sua Eminenza non abbia paura. Lo faremo rapidamente e nel modo migliore possibile”.
Fabrizio Anselmo per Formiche.net