Antonella Palermo – Città del Vaticano per Vaticannews.va
È la domanda essenziale che Gesù ha insegnato a porsi, dice Francesco rivolgendosi a circa trecento giovani che in questi giorni hanno partecipato al “Campo Alpha” in Molise, nella località di Macchia d’Isernia, e che hanno voluto suggellare alla presenza del Papa questa esperienza di condivisione, fraternità e spiritualità. Creazione, corpo, amore, gioia: le parole chiave attorno alle quali si sono confrontati in questa prima settimana d’agosto, in una delle diocesi più piccole d’Italia, ragazzi e ragazze di varie nazionalità.
Il clima – come ha riferito nell’indirizzo di saluto monsignor Camillo Cibotti – è stato di festa, animazioni laboratoriali, primo annuncio, ascoltando testimonianze di educatori, sacerdoti, coppie impegnate nella guida di percorsi di crescita umana e cristiana, psicologi, blogger.
Giovani percepiti oggi come un vero “regalo” dal Santo Padre che ha sottolineato quanto sia importante l’accompagnamento. “Accompagnare è una parola-chiave per la Chiesa!”, ha ripetuto, citando nel suo discorso l’Esortazione apostolica post-sinodale Christus vivit, ricordato l’incontro con i giovani che ha concluso il suo pellegrinaggio in Canada, riportato l’esempio della vita del beato Carlo Acutis.
Il Papa ricorda che, pur essendo questi giovani nati in un contesto secolarizzato, tuttavia possono respirare la dimensione del sacro poiché “nel cuore umano non viene mai meno la sete di infinito”.
Anche dentro di voi, cresciuti con l’informatica, emergono le grandi domande di ogni tempo: da dove veniamo? Che cosa c’è all’origine di tutto? Che senso ha la mia esistenza? E poi, perché c’è tanta sofferenza? Perché colpisce anche i piccoli e gli indifesi?… Dio ama molto le domande; in un certo senso, le ama più delle risposte.
E’ chiaro, perché le risposte sono chiuse, le domande sono aperte. Chi vive solo di risposte è una persona che è abituata a chiudere, chiudere, chiudere. Infatti Gesù, ai primi due che lo seguirono un giorno, sulle rive del fiume Giordano, si rivolse con queste parole: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Prima di dare risposte, Gesù insegna a farsi una domanda essenziale: “Che cosa cerco?”.
A Francesco vengono alla mente le immagini del Viaggio appena compiuto in Canada dove, in un contesto “molto moderno”, vivono popolazioni indigene custodi di valori e tradizioni ancestrali.
Adesso, guardando voi, pensavo ai giovani di quei popoli indigeni. Così diversi da voi, eppure così simili, anzi direi di più: così uguali. Uguali nel senso dell’umanità, di ciò che qualifica il nostro essere umani, cioè la relazione con Dio, con gli altri, con il creato e con sé stessi nella libertà, nella gratuità, nel dono di sé. Questa relazione esprime una “incompiutezza”, un desiderio di pienezza, pienezza di vita, di gioia, di significato. Ecco, Gesù Cristo è questa pienezza. Noi siamo tutti incompiuti, noi siamo tutti per strada, in cammino. Bisogna avere questa coscienza.
Il Pontefice cita un passaggio iniziale della Christus vivit, in particolare laddove si sottolinea la forza del Risorto capace di rialzare da ogni caduta: “Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza” […].
Parole valide per i primi discepoli, per il Successore di Pietro, per giovani di qualunque epoca. Basta essere uniti a Gesù, principio e fine, che salva dalla “voragine della morte e del negativo” e rende possibile “l’attrazione di Dio, della vita, dell’amore”.
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