Presso la Sala Stampa Estera, a Roma, si è svolta la conferenza stampa organizzata da ProVita Onlus con Kristina Hodgetts, un’infermiera che – dopo aver assistito per parecchio tempo alla sospensione dell’idratazione ai pazienti – è divenuta una fiera oppositrice dll’eutanasia. Sono intervenuti Toni Brandi, Presidente di ProVita onlus, Alessandro Fiore, di ProVita ed ha moderato, offrendo anch’egli una toccante testimonianza, il Segretario della Stampa Estera, Christopher Warde-Jones. Ecco il Comunicato Stampa rilasciato da ProVita Onlus.
«TI HANNO AFFIDATO LA LORO VITA E TU GLIELA PRENDI» LA TESTIMONIANZA DI KRISTINA HODGETTS E IL RISCHIO PER L’ITALIA CHE LA CULTURA DELLA MORTE DILAGHI UNA VOLTA APPROVATA LA LEGGE SUL TESTAMENTO BIOLOGICO.
La storia di un’infermiera che dava l’eutanasia «in buona fede» finché, non si è trovata «dall’altra parte del letto». Già prima, guardando passare madri e figlie davanti a sé aveva capito che “togliere la vita è una cosa sbagliata”. Ecco il rischio di ripetere, con la legge sul Testamento Biologico, l’errore anche in Italia, trasformando la morte in routine amministrativa. Per troncare una vita basta una frase: «Morfina 2mg, sospendere cibo e acqua».
ROMA – La parabola di Kristina Hodgetts è semplice: prima infermiera nell’esercito canadese, poi capo infermiera in un dipartimento d’emergenza. Infine, Direttrice degli infermieri in una casa di cura. È qui che il suo lavoro cambia. «Dal dare tutto per salvare i pazienti e ogni singola vita, si passò all’accelerare i processi di morte, nel modo più efficace, nel modo più sicuro».
Un salto fatto “in buona fede” e “per ridurre il dolore”. Ma, progressivamente e surrettiziamente, il dare la morte divenne una routine. Divenne abbruttente come solo l’indifferenza può essere. «I pazienti non erano più persone; parlavamo davanti a loro come se non esistessero, i paramedici controllavano le direttive anticipate prima di rianimare o no il paziente, per proteggersi dalle potenziali responsabilità. Era diventata normale amministrazione. Avevamo perso il vero senso del nostro lavoro».
Il primo dubbio emerge con una donna, fragile e vecchia. Avviene il ricovero, la perdita di coscienza, la ricetta del medico “morfina; sospendere cibo e acqua” e le frasi delle colleghe: «Speriamo muoia prima di svegliarsi di nuovo». Non era crudeltà. «Eravamo tutti convinti che fosse la cosa migliore». Solo che la signora non vuole morire. Succhiava acqua dalla spugna appoggiata alle labbra. Quella donna impiegò nove giorni a trapassare, a morire di sete e fame. A Kristina rimasero impresse le parole di una giovane collega del turno di notte: «Che cosa stiamo facendo?».
Poi ricapitò: ancora una volta una donna anziana, questa volta per un piccolo ictus. Una figlia disperata, un figlio, unico fiduciario, che avalla la fine. La figlia rimase al fianco della madre finché i polmoni non “affogarono” nella morfina. È qui che Kristina si ribella. Qui cominciano a salire dalle profondità le parole trattenute per troppo tempo: «Non è giusto togliere la vita a un essere umano. Non è giusto decidere quando deve morire. Ci sono altri modi di affrontare il dolore che non siano sopprimere e togliersi il pensiero».
Ma per Kristina non era ancora il momento di pronunciarle a voce alta. Sebbene iniziò a contrastare la nonchalance con la quale vedeva le persone “accompagnate” a morire, un’altra prova l’attendeva: «Ritrovarsi dall’altra parte del letto, in coma». Non fosse stato per il marito “avrebbero potuto uccidermi”. Solo dopo il risveglio, è iniziata per lei una nuova vita: una missione di racconto nella Coalizione per la prevenzione dell’Eutanasia (di cui oggi è vice presidente). Raggiunge, nonostante la paresi parziale, chiunque voglia ascoltarla e racconta la sua storia e, soprattutto, la sua paura che succeda anche in altri Paesi quello che ha visto accadere in Canada.
TONI BRANDI, PRESIDENTE DI PROVITA: «Necessario fare chiarezza sul tema. DDL sulle DAT sbagliato perché presuppone erroneamente che persone possano prevedere le future reazioni».
L’incontro, organizzato dall’Associazione ProVita Onlus, è stato aperto dal suo Presidente, Toni Brandi: «Negli ultimi tempi, con l’approdo al Senato del testo di legge sulle Disposizioni Anticipate di Trattamento, si sta facendo molta confusione su questo tema nel dibattito pubblico. Per questo motivo, abbiamo ritenuto opportuno organizzare un appuntamento per fare più chiarezza e portare la testimonianza di Kristina Hodgetts per riflettere su ciò che potrebbe accadere anche in Italia con il diffondersi di una vera e propria cultura della morte».
Brandi ha sottolineato perché il DDL sulle DAT sia sbagliato nel suo presupposto fondamentale: «Il paradosso di questa legge si palesa di fronte a un concetto tanto semplice, quanto chiaro e insindacabile: nessuno ha la sfera di cristallo per sapere in anticipo come reagirebbe di fronte a una malattia grave o a una disabilità. Molto spesso, quando ci si trova in queste situazioni estreme, le prospettive cambiano e si manifesta un forte, naturale desiderio di vivere. Di fronte a queste considerazioni, come si può pensare di affidare a un pezzo di carta il proprio futuro anche a lungo termine?».
«Firmando le DAT – ha concluso Brandi – si rischia di commettere un errore irreversibile, scontandone le conseguenze soltanto nel momento in cui sarà impossibile fare un passo indietro».
ALESSANDRO FIORE, PORTAVOCE DI PROVITA, ILLUSTRA LE CRITICITÀ DELLA LEGGE
In seguito è intervenuto Alessandro Fiore di ProVita, il quale ha presentato un’analisi tecnica del DDL sul testamento biologico, enumerandone le principali criticità, contraddizioni e incongruenze.
Il DDL opera una rivoluzione rendendo il diritto alla vita un diritto praticamente disponibile. In più vincola i medici e le strutture sanitarie anche quando le volontà del paziente porterebbero direttamente alla sua morte, quindi anche quando per lo stesso comportamento il medico sarebbe oggi penalmente responsabile. Senza nemmeno prevedere l’obiezione di coscienza. Riguardo alle DAT, rispondendo a chi vorrebbe che l’Italia stesse al passo degli altri paesi europei, Fiore nota che in realtà nessuno dei più rilevanti Stati prevede delle “disposizioni anticipate” generalmente vincolanti. Addirittura, persino nei paesi che hanno introdotto l’eutanasia, come l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, il testamento biologico non vincola il medico.
In conclusione, si è fatto luce su uno dei punti più gravi del DDL: il fatto che venga surrettiziamente introdotta una forma di eutanasia omissiva non consenziente per i minori e le persone incapaci. «Se questa legge passasse – dichiara Fiore – diventerà possibile che il rappresentante e il medico facciano morire di disidratazione un minorenne che non abbia espresso alcuna volontà di morire».
L’IMPEGNO DI PROVITA CONTRO IL TESTAMENTO BIOLOGICO
L’incontro con Kristina Hodgetts è l’ultimo di una serie di eventi e attività organizzati da ProVita Onlus per riaffermare una visione della dignità della persona in linea con la legge naturale, combattendo le derive dell’imperante cultura della morte.
Lo rende noto l’ufficio stampa di ProVita Onlus.
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