Cari amici lettori, tra le tante notizie drammatiche che arrivano nelle nostre case, ce n’è una bella: le Olimpiadi, grande festa dello sport e dei popoli. Certo, non è tutto oro quello che brilla. Pensiamo ai problemi del doping, cioè l’uso di sostanze proibite per ottenere migliori risultati. O al grande giro di interessi economici, che può affievolire lo spirito olimpico che vorrebbe solo la presenza di “dilettanti”.
Non dimentichiamo, poi, che in questi giorni aumenta il rischio della tratta di esseri umani, soprattutto donne e bambini. Il Brasile è uno dei Paesi più a rischio. Secondo il Ministero di giustizia brasiliano circa 70 mila donne ogni anno sono vittime del traffico di persone verso l’Europa, alimentando il mercato della prostituzione, dello sfruttamento di manodopera e del commercio di organi. Stiamo attenti a non diventarne complici. È sempre bello, però, mettendo per un momento tra parentesi i problemi, seguire l’impegno degli atleti, delle squadre, apprezzare i gesti agonistici. Facciamo nostro l’augurio di papa Francesco: «Lo spirito dei Giochi olimpici possa ispirare tutti, partecipanti e spettatori, a combattere “la buona battaglia” e terminare insieme la corsa (cfr 2Tm 4, 7-8), desiderando conseguire come premio non una medaglia, ma qualcosa di molto più prezioso: la realizzazione di una civiltà in cui regna la solidarietà, fondata sul riconoscimento che tutti siamo membri di un’unica famiglia umana, indipendentemente dalle differenze di cultura, colore della pelle o religione».
Anche a noi, che seguiamo da lontano le avventure degli atleti, sia di esempio il loro impegno agonistico. Per vivere fino in fondo il nostro essere cristiani. Lo scriveva anche san Paolo, non solo nel brano citato da Francesco.
Ecco un bel passo della prima lettera ai Corinzi, che vi lascio, cari amici, come riflessione finale: «Tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io. Non sapete che, nelle corse allo stadio, tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Però ogni atleta è disciplinato in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una che dura per sempre. Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non succeda che, dopo avere predicato agli altri, io stesso venga squalificato».
Redazione Papaboys (Fonte www.credere.it/Don Antonio Rizzolo)
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