– Dottor Frisari, che guerra è questa?
«Questa è una guerra a tutti gli effetti dimenticata. Il popolo yemenita sta morendo strangolato da un embargo disumano, che non fa passare gli aiuti, il cibo, il carburante per far funzionare i pozzi della poca acqua potabile che c’è. È un caso diverso da altri che abbiamo visto. Io ho vissuto l’esperienza di Haiti».
– Perché è diverso?
«Lì c’erano tanti problemi, ma anche molte Organizzazioni non governative di aiuto e assistenza: c’erano le agenzie internazionali, tende, coperte, cibo, medicine e quanto poteva servire.Qui siamo soli e non abbiamo niente. Il porto di Aden è bloccato dall’embargo. L’aeroporto di Sana’a è sotto i bombardamenti. Gli aiuti arrivano col contagocce».
– Al momento qual è la situazione umanitaria?
«Una catastrofe. Registriamo già casi di malnutrizione nei bambini. Lo Yemen è un Paese che sta morendo al buio e nel silenzio. I bombardamenti della coalizione guidata dall’Arabia Saudita sulla capitale, nel Nord e nei pressi di Aden sono quotidiani. Dove mi trovo io ora a Nord, è un posto relativamente tranquillo. Questo è un paesino che si chiama Kamer nella provincia Amran, lontano dalla frontiera saudita. Da quando è iniziata la guerra si sono riversate qui più di 10.000 persone, profughi che sono scappati dalla guerra
. Vengono qui ma le condizioni sono assolutamente precarie. Molti vivono ammassati in piccolissime tende. A causa dell’embargo non c’è carburante e chi è riuscito ad arrivare non ha più modo di andarsene. E poi manca l’acqua potabile. Ogni tanto arriva un’autocisterna, ma sono quelle che si usavano per la benzina».– Come lavora il vostro ospedale?
«Msf è attivo in diverse zone del Paese. Qui dal punto di vista medico la situazione comporta il fatto che molti arrivano al nostro ospedale troppo tardi, o non arrivano affatto. Noi siamo preparati per le emergenze, ma se arrivano qui quando sono già morti siamo impotenti.Vediamo molte cancrene perché la gente ha paura di spostarsi e si decide solo quando è troppo tardi. La stessa cosa vale per i le maternità. Siamo al limite delle nostre possibilità, il nostro ospedale ha 40 posti letto. Oltre ai feriti poi ci sono i malati che hanno bisogno di assistenza».
– Una situazione drammatica…
«Davvero drammatica. Spero che le promesse di colloqui di pace vengano mantenute,che venga tolto l’embargo sugli aiuti umanitari, sul carburante, che qui vuol dire acqua. È necessario che venga aperto un corridoio permanente per le organizzazioni che portano aiuti e soccorso alla popolazione e che possano essere messe nella condizione di operare dal punto di vista medico-sanitario a tutti i livelli. Mi piacerebbe che il Governo italiano fosse promotore di una iniziativa diplomatica di questo tipo».
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