Da una parte la preghiera per i defunti, dall’altra lo spettacolo mediatico, l’ostentazione di potere, la strumentalizzazione chiassosa e volgare di un gesto di elementare pietà umana e cristiana come il funerale che, già di per sé, richiederebbe almeno compostezza, riserbo, dignità e, soprattutto, silenzio. Tutto quello che, invece, il 20 agosto a Roma è mancato alle esequie del “patriarca” di una famiglia, i Casamonica, tristemente famosa, almeno nella capitale d’Italia, per la voracità dei suoi tentacoli nella gestione di affari malavitosi e criminali.
Mentre da parte di alcuni esponenti delle istituzioni civili stanno emergendo le prime ammissioni di responsabilità e di gravi mancanze, l’episodio — ultimo di una serie negativa che da mesi grava sulla città e sulla sua immagine — ha nuovamente catapultato Roma sui media internazionali e ha permesso di avallare i peggiori stereotipi che la rappresentano. Facendo anche intendere, più o meno velatamente, l’esistenza, se non di una connivenza, quanto meno di una qualche acquiescenza da parte della comunità cattolica.
Nulla invece di più lontano dalla realtà secondo monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare del settore Est, nel quale è compresa la parrocchia di San Giovanni Bosco dove sono state celebrate le esequie. Per sgombrare il campo da equivoci il vescovo ausiliare ha riaffermato la netta e ovvia contrarietà «a qualsiasi propaganda mafiosa». In un’intervista al quotidiano «Avvenire» ha detto che il Vicariato di Roma «non era stato avvertito di quel funerale. Lo sapeva solo il parroco, ma non sapeva che dietro ci sarebbe stata quella propaganda mafiosa. Nessuno ci ha avvisati, nemmeno le forze dell’ordine». Certo — ha aggiunto — «se avessimo avuto il sentore di uno show di quel tipo, avremmo preso delle precauzioni. Non avremmo assolutamente accettato di fare quel funerale». Piuttosto «avremmo suggerito una preghiera in casa oppure sempre in casa si sarebbe potuto celebrare il rito della raccomandazione dei defunti» spiega all’intervistatore. La preghiera sì, l’esibizione no, appunto.
Redazione Papaboys (Fonte L’Osservatore Romano)
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