Il suo stato è pietoso: paralizzato da cinque anni, le gambe inerti, le braccia irrigidite, affatto prive di forza.
LA STORIA – Viene condotto a Lourdes per la prima volta un vecchio bretone, dalle abitudini caratteristiche della Bretagna (regione francese), inconfondibili.
Il suo stato è pietoso: paralizzato da cinque anni, le gambe inerti, le braccia irrigidite, affatto prive di forza. È una rovina!
Di buono, a sentire lui, non gli resta che la lingua e anche il cuore; un vecchio cuore solido e credente, in cui solo, è tutta la sua vita di mente, d’amore, di fede. Ama Dio, questo vecchio coraggioso. Lo prega senza ostentazione, senza orgoglio, ne rancore.
«Fa di questa vecchia carcassa, o Signore; tutto quello che vuoi; tu sai meglio di me, a che cosa può servire ancora; e non sarà il tuo vecchio servo che ora te ne contenderà le briciole».
La figlia gli disse un giorno: «Papà, dobbiamo andare a Lourdes: chissà che la Madonna non ti guarisca!».
La guardò con quei suoi grandi occhi azzurri, profondi e non rispose.
«Dimmelo, papà, se vuoi che ti porti là».
Il vecchio sorrise, come se lo sguardo andasse oltre il muro della camera, più in là ancora della landa, ed oltre perfino la linea rossa e lontana del cielo. Poi lentamente parlò:
«È un bel rischio, alla mia età, intraprendere un viaggio di 200 leghe, con un corpo malato come il mio. Ma se lo desideri, bimba mia, non dico certo di no! Però intesi: non voglio ritornare come sono; se vado a Lourdes sarà per guarire o per morirvi
».Vi si recavano difatti un mese dopo; il malato immobile e dolorante sul suo materassino, sempre con quel suo sguardo misterioso nei grandi occhi vivi. Durante il viaggio recitarono centinaia di rosari, seminando per ogni paese le Ave Maria della loro serena fiducia coraggiosa. Arrivarono una mattina, il vecchio e la figlia, stanchissimi tutti e due per la notte insonne, per la giornata senza riposo.
«Dove mi conduci ora?» domandò il vecchio bretone al barelliere che lo spingeva su una carrozzella. «All’ospedale, mio caro».
Egli guardò la figlia che camminava vicino a lui: «Anna Maria, io non sono venuto per andare all’Ospedale!». Ella cercò di fargli capire che era necessario, ma negli occhi del padre c’era una volontà ardente, imperiosa, irremovibile: «No, no, no!» disse senza violenza, ma con quella ostinazione testarda contro cui ogni volontà contraria si frange. La sua voce usciva chiara e rivelava una decisione riflessa e così irrevocabile, che nessuno osò contraddire quel feroce desiderio. «Bene, papà, ti condurremo dove vorrai».
Eccolo il bretone, là, davanti alla Grotta. Ha pregato la figlia di giungergli le mani, d’intrecciargli le dita, povere mani rigide, dita inerti.
«Adesso va pure; io sto bene così. Non occuparti più di me».
Chiuse gli occhi e la sua anima salì verso la Vergine, china in quell’ora dal cielo, i suoi begli occhi amorevoli rivolti alla miseria umana.
«Sappi, pregò il vecchio, che da qui non me ne vado, se non morto o guarito. Io non so scegliere, tu sai qual’è meglio. Io aspetto la tua decisione e ti amerò ugualmente sia disteso nella tomba, che sano e in piedi».
Tutta qui la sua preghiera, ma la ripetè cento, mille volte, finché Anna Maria venne a dirgli sottovoce: «Adesso ti porto via. Devi avere una grande fame, Papà!».
Per la prima volta, dalla mattina, il Bretone socchiuse gli occhi: «Credi che io sia venuto qui per mangiare?».
La figlia osò insistere, ma il vecchio chiuse gli occhi, ripetendo come prima a proposito dell’ospedale, quel suo deciso: «no, no, no!».
Anna Maria sapeva bene che era meglio rispettare la sua cocciutaggine di credente e di bretone e si inginocchiò accanto. La Madonna dalla grotta guardava con un sorriso diverso quel gran testardo, la cui preghiera per la millesima volta saliva a Lei: «Non me ne vado di qui, se non morto, o guarito
».I pellegrini che, passando vedevano quel malato immobile, dagli occhi chiusi, bisbigliavano:
«Non gli restano molti giorni di vita».
Ma essi non potevano sospettare la presenza in quel rudere umano, di un’anima ardente e di una volontà indomabile. Se da quelle labbra ferme essi avessero potuto sentire qualcosa dell’intimo, avrebbero ascoltato, rapiti, la piccola preghiera che saliva alla Vergine:
«Che io muoia, che io guarisca, sarà sempre un gran bene, perché tu l’hai voluto!».
…Era ormai l’ora della processione trionfale, l’ora dell’incontro solenne dei malati col dolce e compassionevole Signore della Vita. Anna Maria si avvicinò al Padre: «Occorre portarsi là, con gli altri».
Non rispose e si lasciò portare all’«esplanade». Ma appena finita la cerimonia, dopo che il Cristo ebbe ricevuto, con tutte le acclimazioni, le suppliche mute dei sofferenti e dei moribondi, il vecchio schiuse a fatica le labbra per dire al barelliere: «Mi riporti dov’ero, per favore». Egli non capì, ma la figlia prese con rassegnazione il manubrio della carrozzella e si avviò alla Grotta, mormorando: «È tanto, troppo testardo, il mio vecchio papà! . Venne il crepuscolo, poi l’ombra sui monti, poi la notte…
«Non vuoi proprio mangiare?» Tornò a chiedere Anna Maria. L’uomo neppure rispose.
«Bisognerà pure che tu vada a letto e dormire, papà, è tardi ormai!».
A ciò, quel sublime testardo replicò, più bile che mai: «Non sono venuto qui per dormire!».
«Oh, questo poi!», sbuffò la povera fanciulla, questa volta davvero esasperata, «non vuoi ne riposare, ne mangiare, ne dormire. È troppo, è eccessivo in un giorno solo!».
Il vecchio riaprì gli occhi e con un tono di rude impazienza scattò:
«Non è per nessuna di queste cose che sono venuto qui. Ed ora, ragazza, lasciami qui solo, per i miei affari!». Dovette andarsene disperata: «Papà è diventato matto! La sua povera testa non regge più!».
Intorno alla carrozzella c’era solo un globo di fuoco, tranquillo guizzare di fiammelle nella notte limpida; le stelle terrestri si illuminavano al suolo come un riflesso di quelle che vegliavano lassù, lontane, nella profondità azzurra del mistero.
La carrozzella dove giaceva il vecchio bretone non sembrava che una fragile barchetta nel seno mosso di un mare di luce. Ma egli non s’accorgeva di tanta festa di luci; non udiva la mareggiata armoniosa degli « ve, Ave Maria», che si sperdeva nella valle quasi mondo di fate; pensieri, desideri, sogni, erano protesi tutti verso Colei, che nessuna cosa può distogliere dal suo compito misericordioso, se un sofferente invoca dalla terra il suo aiuto.
Una dopo l’altra si spensero le candele, tacquero le armonie a poco a poco nella sera limpida.
Quando, molto più tardi, Anna Maria ritornò inquieta vicino al vecchio, che credeva di trovare addormentato, forse anche morto, ebbe un sussulto di meraviglia e quasi di sgomento: papà era in ginocchio accanto alla carrozzella, con le braccia in croce. Ben lontana dal pensare al miracolo, si slanciò angosciata verso di lui:
« Papà, che fai? ».
Egli si voltò: sorrise. Dalla Grotta la luce dei ceri più grandi accarezzava, trasfigurandole, le molte rughe del suo volto. Egli si alzò, leggero, forte, senza fatica alcuna, con lo slancio gioioso della sua giovinezza ritrovata «Anna Maria, bimba mia, era per questo che sono venuto».
Là, alte, nell’ombra, le campane cantavano l’«Ave Maria», lamento di chi soffre, tenerezza di chi è rassegnato, invocazione di chi dispera, alleluia di chi trionfa. Anna Maria si afflosciò al suolo, le gambe tagliate dall’emozione, mormorando: «Signore Gesù! Non è possibile… papà… il mio povero papà… è guarito!».
(medjugorje.altervista.org)
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