In una traduzione dell’Osservatore Romano pubblichiamo un articolo uscito sul quotidiano di Buenos Aires “Crónica” del 12 febbraio.
Il 9 febbraio scorso, Francesco mi ha chiamato per augurarmi buon compleanno. Da quando ci siamo conosciuti, non se ne è mai dimenticato. A Buenos Aires, ci vedevamo l’8 perché poi andava sempre a Roma. Passavamo il pomeriggio nella cattedrale, conversando, divertendoci, mangiando brownie (gli piacciono tantissimo). Siamo sempre stati due fratelli nell’amicizia.
Aveva l’abitudine di farmi un regalo. Il primo è stato una medaglietta d’argento intagliato di Adrian Pallaroils con la Vergine Maria che scioglie i nodi, e l’ultimo, a febbraio 2013, una statuetta di san Giuseppe, realizzata da un artigiano, con un santino che lui stesso ha tradotto dal francese allo spagnolo, e che mi ha insegnato di persona a pregare. Quella volta gli ho detto che, su richiesta di Ángeles, un’amica molto devota, l’11 volevo scrivere sull’anniversario della Vergine di Lourdes. «Andiamo insieme — mi ha detto — lo celebrerò nel santuario di Flores». Nulla poteva far pensare che quella sarebbe stata la sua ultima messa come arcivescovo di Buenos Aires.
Quel giorno il mondo era rimasto sorpreso dalla rinuncia di Benedetto XVI e Bergoglio era atteso in strada da oltre diecimila persone per la celebrazione. Alla fine una donna gridò: «Che Dio e la Vergine ti facciano Papa, Bergoglio!». Seguì uno scroscio di applausi, e una folla unita in un unico desiderio: «Papa! Papa!».
Quando abbiamo parlato, due giorni fa, gli ho riferito che sarei andata alla messa di Lourdes. Se ne è rallegrato e mi ha incoraggiata dicendomi: «Vai, vai, dalla Vergine del grido e per favore non ti dimenticare di pregare per me». Ieri il passaggio dei fedeli è stato interminabile e la presenza di padre Jorge si respirava nell’aria. Edith Ortiz, la cuoca, non dimentica quel giorno perché stava in fila per confessarsi con lui, ma sentiva che non sarebbe riuscita a farlo per il gran numero di persone che lo aspettavano per lo stesso motivo. Quando lui prese fiato e la vide, le prese le mani. Lei non riusciva a smettere di piangere. Era così emozionata da non riuscire a dire neanche mezza parola.
La benedisse e lei ricorda: «Quando Bergoglio mi diede la benedizione uscì una luce dalla sua mano. Sentivo che sarebbe successo qualcosa di buono. Rimasi colpita da quella luce e mi convincevo ogni giorno di più che sarebbe diventato Papa. Ci conosciamo bene, perché sono stata anche la cuoca della Villa 15 di Ciudad Oculta, e lui si fermava intere settimane con noi. Mangiavamo tutti insieme. Io preparavo il locro, un piatto che gli piaceva molto, e lui mi ringraziava con profonda umiltà».
Si avvicina Esteban Molina, 47 anni, un uomo di Dio, con molte doti: «Ho festeggiato 25 anni di servizio, le mie nozze d’argento con Lourdes. Qui mi sento come se toccassi il cielo. Bergoglio era il mio confessore. Mi riceveva nella curia. Mi manca tanto». L’affetto di Angelina, la segretaria parrocchiale, è infinito: «Lo conosco da oltre vent’anni. Era vescovo di Flores. Lui mi ha insegnato a lavorare, ci spiegava che dovevamo trasmettere l’immagine di Dio a tutti quelli che venivano da noi. Prima il sacramento e poi la burocrazia».
Nel congedarci da Lourdes, mentre mi facevo strada, una persona si è avvicinata a me con gli occhi pieni di lacrime e mi ha detto: «Qui ci sentiamo orfani. A lui piaceva il tango, lei mi capisce: No habrá ninguno igual, non ci sarà più nessuno come lui».
L’Ossevatore Romano, 14 febbraio 2014.