Il convegno, presentato venerdì 24 ottobre nella Sala stampa della Santa Sede, farà incontrare, su impulso di Papa Francesco, quanti lavorano nell’ambito della giustizia sociale, organizzazioni territoriali e associazioni di base, e soprattutto i rappresentanti di tutte quelle fasce della società che solitamente non trovano alcun riconoscimento dalle istituzioni. Parteciperanno, tra gli altri, numerosi vescovi provenienti da tutti i continenti e anche, non in veste istituzionale, il presidente della Bolivia, Juan Evo Morales Ayma. «Il Papa — ha spiegato il vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle scienze — vuole ascoltare» chi è emarginato, chi, pur vivendo nelle difficoltà, non accetta più di essere un assistito ma intende vivere da protagonista nella società. Sono le esperienze di chi vive nelle periferie del mondo, che si chiamino villas miserias, bidonville o favelas. E il Papa, infatti parteciperà personalmente, martedì 28, all’incontro nell’Aula vecchia del Sinodo in Vaticano (mentre il primo e il terzo giorno i lavori del convegno si svolgeranno al Salesianum).
A spiegare meglio il senso di questo appuntamento è intervenuto Juan Grabois, responsabile della Confederazione dei lavoratori dell’economia popolare, che, partendo dalla sua esperienza argentina, e sollecitato dagli insegnamenti di Papa Francesco — «ho avuto la fortuna di incontrare in Argentina un uomo buono che ha solidarizzato con la lotta degli esclusi» e che oggi «è un riferimento morale per le persone di buona volontà in tutto il mondo», ha confidato — ha coinvolto i rappresentanti di migranti, campesinos, cartoneros e lavoratori precari.
Con la collaborazione del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, e della Pontificia Accademia delle scienze, la tre giorni potrà essere, ha detto Grabois, «un’occasione di incontro fra gruppi differenti», opportunità non solo di far conoscere le ragioni di quanti in genere non vengono ascoltati, ma anche di realizzare tra di loro una vera e propria «rete di collaborazione» per proporre un’alternativa alla «globalizzazione dell’indifferenza». E «non si tratta solo di ascoltare le loro sofferenze — ha sottolineato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente di Iustitia e Pax — ma anche le loro aspettative, speranze e proposte. La Chiesa vuole fare proprie le loro aspirazioni, condividerle e sforzarsi di stimolare cambiamenti sociali verso un mondo più giusto». Fonte: L’Osservatore Romano
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