SEMINARIO NAZIONALE MCL – Carlo Costalli, presidente nazionale del Movimento cristiano lavoratori: “La sensazione è che questa rete che sta ‘nel mezzo’ sia d’impiccio. È vero che anche le organizzazioni – soprattutto alcune sigle sindacali – devono modernizzarsi e adeguarsi ai nuovi tempi, ma è una follia escludere questo mondo… È una follia dal punto di vista economico-strategico ed è un grave errore politico”.
È il lavoro la stella polare di una ripresa che “prima o poi ci sarà, ma per durare non può essere legata esclusivamente a meccanismi finanziari”. Per creare nuova occupazione servono alcune riforme strategiche, efficaci solo se realizzate insieme, frutto di un dialogo tra le varie forze sociali e politiche del Paese. Ne è convinto Carlo Costalli, presidente nazionale del Movimento cristiano lavoratori (Mcl), all’indomani del seminario nazionale tenutosi a Senigallia dall’11 al 13 settembre, dedicato a “uno sviluppo fondato sul lavoro”.
I dati sulla crescente disoccupazione e sulla deflazione, il richiamo della Banca centrale europea sulla necessità di “riforme strutturali più ambiziose”, una riforma del mercato del lavoro che il segretario Cisl, Bonanni, proprio a Senigallia ha definito “job ghost”… Di fronte a questi dati è ancora possibile parlare di sviluppo? “Con l’avvento di questo governo si è creata l’illusione che fosse semplice buttarsi alle spalle le difficoltà del Paese e che l’indispensabile processo di riforme fosse facilmente realizzabile in tempi brevi. Ridare speranza è positivo – tanto che anche da parte nostra, all’inizio, vi è stata una grande apertura di credito nei confronti del governo – ma poi servono risposte adeguate, altrimenti la delusione è cocente. E l’Unione europea comincia a incalzarci, paventando che questo sia il solito governo italiano che promette tanto ma non fa niente”.
Quali sono dunque le riforme prioritarie, dalle quali partire per una ripresa?
“Bisogna puntare sulle riforme di carattere economico e sociale, che interessano alla gente e all’Europa. L’Ue non ci chiede come eleggiamo il Senato, ma d’intervenire su mercato del lavoro, fisco, giustizia civile, che sono i tre prerequisiti per far tornare gli investimenti. Bonanni ci ha poi ricordato che bisogna smantellare tutte quelle lobby di potere a livello locale nelle quali si perdono tempo e denaro. Aggiungo, inoltre, che se non creiamo condizioni di sicurezza nel Meridione, nessun imprenditore andrà a investire in quelle regioni”.
Monsignor Toso ha chiesto “una nuova cultura del lavoro”. Come realizzarla? “Bisogna ricreare una mentalità che riconosca la dignità di ogni lavoro. Negli anni passati abbiamo puntato a far laureare i nostri figli, tanto che vi sono oggi professioni sovraccariche, mentre altre figure lavorative sono ormai appannaggio solo degli stranieri. Dobbiamo recuperare responsabilità rispetto ad alcuni temi, riconoscere che ci sono lavori rispettabilissimi anche se meno qualificati, accettare disponibilità a trasferirsi, a orari più flessibili in alcune categorie. Tutti gli enti, associazioni e movimenti con un compito formativo sono chiamati in causa”.
Quale compito per il mondo cattolico, a partire dall’Mcl?
“Compito nostro è creare una rete con tutte le organizzazioni per un’interlocuzione con la politica, per rafforzare istanze e richieste. Non possiamo restare chiusi nelle sagrestie; dobbiamo partecipare – secondo la nostra specificità – e convincere la gente a partecipare, in tutti i luoghi”.
Quale spazio c’è per le parti sociali nell’interlocuzione con il governo Renzi?
“La sensazione è che questa rete che sta ‘nel mezzo’ sia d’impiccio. È vero che anche le organizzazioni – soprattutto alcune sigle sindacali – devono modernizzarsi e adeguarsi ai nuovi tempi, ma è una follia escludere questo mondo, che è tessuto sociale, che tanto dà e non chiede nulla. È una follia dal punto di vista economico-strategico ed è un grave errore politico”.
Occorre recuperare, quindi, una visione “orizzontale” della politica, che dia spazio alle diverse voci del Paese?
“Certo. Viceversa si conferma una visione in parte leaderistica, in parte legata a un consenso nominalista che, in un Paese emotivo come il nostro, è destinato a una breve durata. Non si può sacrificare tutto al mito della stabilità e della governabilità: chiudere la porta al dialogo e al confronto porta a una competizione senza vincitori, né vinti. Un ambizioso processo di riforme dovrà necessariamente scontare ritardi, contraddizioni, battute d’arresto, mediazioni”.
Come riaffermare il valore della partecipazione e riavvicinare la società civile alla politica?
“È innanzitutto necessario recuperare l’immagine di una politica pulita, che operi per il bene comune. È poi tempo di ridiscutere i soggetti politici che ci sono, uscendo da uno schematismo partitico superato, nella forma e nella sostanza. Non ci sono più partiti, ma comitati elettorali. Bisogna dunque creare soggetti nuovi, partendo dal territorio”.
dall’inviato Sir a Senigallia, Francesco Rossi