Da ventuno anni è volontario dalle Missionarie della Carità. Per quasi un mese, nel 1997, ebbe occasione di essere autista della fondatrice Madre Teresa di Calcutta. “Era un tutt’uno con Cristo. Assorta in Dio, come una calamita”.
Una cena pensata, preparata e regalata per festeggiare il compleanno della figlia dal papà Vincenzo De Dominicis. Gli invitati: gli ospiti della casa di accoglienza Dono di Maria, la struttura inaugurata nel 1988 in un angolo del Palazzo della Congregazione per la Dottrina della Fede, gestita dalle Missionarie della Carità. L’affetto per l’opera portata avanti nel nascondimento da queste suore si traduce in commozione: “Quando, a bordo di una Fiat Punto, conducevo Madre Teresa per le strade di Roma, ricordo che lei era meravigliata del fatto che qui non ci fossero in giro molte persone”, racconta Vincenzo. “Forse paragonava le nostre strade a quelle dell’India, percorse di continuo da una moltitudine di gente. Ai semafori i passanti non la notavano subito, data la sua bassa statura, ma quando poi la riconoscevano si fiondavano attorno all’auto fino a bloccarne l’avanzamento. Era una donna molto dolce ma anche tenacissima. In Vaticano non bussava, entrava. Sempre per i suoi poveri. Ricordo anche le celebrazioni eucaristiche in cui ero invitato. Sister Geltrude, il suo medico personale, una delle 14 suore che insieme a Madre Teresa ha fondato la Congregazione, mi faceva sedere sempre accanto alla Madre, nella casa delle Novizie a Roma, in via Casilina. E io la guardavo. Concentratissima, sempre. Attenta, in un modo sconcertante. Osservarla poi quando andava a ricevere il corpo di Gesù era una cosa meravigliosa. Mi vengono ancora i brividi a ripensarci. Era quello per lei un momento sublime. Anche in San Pietro non si distraeva un attimo. Le riservavano sempre il posto sul sagrato in prima fila. Mai che guardasse per un momento la folla dell’assemblea. Sempre assorta verso l’altare, come una calamita. Collaborare con loro è stata una esperienza che mi ha plasmato per la vita”.
Claudia ricorda il suo volontariato insieme al padre fin da quando era molto piccola: “Allora non mi rendevo ben conto di quanto questo tempo potesse essere prezioso. Mi affascinava pregare con loro nella cappellina semplice, sedute a terra. Qui passano in continuazione a chiedere di tutto. Le suore cercano di venire incontro a ogni tipo di esigenza. Quando qualcuno/a è nelle condizioni più adatte cercano di coinvolgerlo/a in qualche piccola attività per mandare avanti la struttura. Ancora non riesco a capire come facciano ad essere sempre sorridenti e apparentemente riposate. In realtà fanno un lavoro durissimo, senza sosta, povere in mezzo ai poveri”.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va/Antonella Palermo)