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Mafia capitale: Borgo ragazzi don bosco, non è tutto fango

LAZIO – ROMA – Dopo i fatti di Tor Sapienza e dopo le notizie sulla corruzione, Roma ha bisogno di “buone notizie”, che raccontino di realtà da cui è possibile ripartire. E queste notizie ci sono. Lo ricorda don Stefano Aspettati, direttore del Borgo Ragazzi Don Bosco, una delle più grandi realtà a servizio dei giovani e delle famiglie delle periferie – geografiche ed esistenziali – della capitale. “Sia per Tor Sapienza, sia per la corruzione si parla di immigrati, di Rom, di detenuti, di poveri”, spiega don Aspettati: “Nel primo caso sarebbero la causa del degrado delle periferie, nel secondo caso addirittura l’occasione di un business della malavita”. “Giustamente il governo invita a fare delle distinzioni, per dire che non è tutto marcio, che ci sono sì dei disonesti da isolare, ma che ci sono anche tanti onesti da lodare nell’amministrazione di Roma”, argomenta il sacerdote: “Tutto vero, ma è pure opportuno fare questa distinzione all’interno del mondo del sociale, che ha ricevuto l’ennesimo schiaffo in faccia e pozzanghere di fango addosso, per colpa di qualcuno. Gli schiaffi quotidiani sono i continui tagli, il fango è l’insinuazione che stare coi poveri è un affare, minando alla base la stessa ragion d’essere dell’attenzione agli ultimi. E il fango è peggiore perché una volta che lo hai ricevuto non va mai via del tutto”.

Ma, se questa è la situazione, per don Stefano è “giusto e doveroso sottolineare il bene che c’è a Roma e il tanto bene che si fa nel mondo dei poveri, degli immigrati e dei Rom. E tutto ciò grazie al mondo degli operatori e del volontariato, che ogni giorno ad essi si dedicano senza alcun vantaggio personale (anzi…), grazie alle tante esperienze in cui i (pochi) contributi pubblici vengono spesi fino all’ultimo euro per i poveri e in cui le persone più in difficoltà interagiscono bene con gli altri e realizzano percorsi riusciti di inserimento lavorativo e sociale, diventando risorsa e non problema”. Una di queste esperienze è il Borgo Ragazzi Don Bosco, dove centinaia di ragazzi ogni giorno s’incontrano, imparano un mestiere, trovano aiuto, relazioni, opportunità formative, attività ricreative sane, in fondo un’altra (forse l’ultima) possibilità. “Ovviamente – aggiunge don Stefano – neanche il Borgo è il paese delle favole e con tanti ragazzi non riusciamo, magari però ci riescono altri amici con cui siamo in rete: ecco l’importanza della rete, del fare insieme, di non cadere nella trappola di azzannarsi tra poveri per pochi spiccioli… Occorre fare rete nel mondo cattolico, superando barriere e pregiudizi; occorre fare rete con il resto delle realtà che operano nel mondo del sociale”.  Fonte: Agensir

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