CALABRIA – CATANZARO – Un “cammino educativo” incentrato sulla “frontiera della legalità” che coinvolga i ragazzi fin dai primi anni della loro vita, “indispensabile per una crescita autenticamente umana, oltre che civile e sociale della nostra terra e della vera libertà”. È quanto affermano i vescovi calabresi al termine della sessione primaverile della Cec (Conferenza episcopale calabra), conclusasi ieri sera a Catanzaro e presieduta dall’arcivescovo monsignor Salvatore Nunnari. I presuli richiamano l’impegno “ormai quarantennale” delle Chiese di Calabria su questo tema “decisivo e scottante”. È del 1975, infatti, il documento della Cec “L’episcopato calabro contro la mafia disonorante piaga della società”, nel quale per la prima volta i vescovi levarono la voce “in modo corale e determinato” contro il “doloroso e triste fenomeno della mafia”. Da allora sono intervenuti più volte “rinnovando” la “condanna più dura non solo contro i delitti e gli attentati ma anche contro lo stile delle organizzazioni malavitose nel rapportarsi con le istituzioni e la gente comune”, con l’invito “straziante e paterno alla conversione dei cuori”. Da qui l’appello a tutti i calabresi a “un duplice ineludibile dovere”: il “coraggio della denuncia” e la “fuga da ogni omertà”. I vescovi ricordano poi “un terzo decisivo dovere: quello dell’insistenza nella preghiera” al “Dio della vita”, perché trasformi “i cuori di pietra” in “cuori di carne”.
I vescovi calabri si sono riservati di approfondire prossimamente il tema dell’azione pastorale della Chiesa contro la ‘ndrangheta, in vista di un impegno più specifico, e hanno approvato che negli Istituti teologici venga introdotto un corso sul tema “Chiesa – ‘ndrangheta”. Nella dichiarazione finale dei lavori i presuli richiamano anche il “valore” di una “politica” che prenda “davvero a cuore, ed esclusivamente, la lotta per il bene comune”. “Chi entra in politica”, o “scende – come suol dirsi – nell’agone politico, deve avere la consapevolezza che si pone sulla frontiera dell’atto di carità più grande”. Per questo i vescovi calabresi “pensano che quella politica sia, in qualche modo, una scelta di ‘distacco’” da “ogni interesse personale, o dei propri amici, o dei contesti esclusivi delle proprie conoscenze”, nella ricerca “del bene comune di tutti”. “Solo uno stile nuovo che aiuti la politica a prendere decisioni che tocchino in concreto la vita della gente, ne aiutino lo sviluppo, ne tutelino i diritti, ne facilitino la crescita aprirà – scrivono i presuli – una stagione nuova nella storia della Calabria. Una stagione attesa in fondo e mai realizzata, fin dai tempi successivi alla realizzazione dell’Unità d’Italia”. I vescovi si dicono convinti “che una politica, così immaginata e realizzata, sarà l’arma più efficace nella distruzione sia della ‘mentalità’ mafiosa, sia del concreto, intollerabile, quotidiano ‘predominio’ della malavita organizzata”. Fonte: Agensir