Mai Dio è stato reso così muto come oggi!
Una particolare attenzione al clero e ai seminari è quella che il Papa chiede stamani nel discorso rivolto a circa 130 nuovi vescovi che in questi giorni hanno partecipato al Corso promosso dalla Congregazione per i Vescovi. Papa Francesco li riceve nella Sala del Concistoro e, con parole chiare, esorta ad aggiornare i processi di “selezione, accompagnamento, valutazione” e ricorda che la santità consiste proprio nel toccare la carne di Dio. Non devono quindi vergognarsi di toccare la carne delle loro Chiese e di entrare in dialogo con le loro domande.
Ma le nostre risposte saranno prive di futuro se non raggiungeranno la voragine spirituale che, in non pochi casi, ha permesso scandalose debolezze, se non metteranno a nudo il vuoto esistenziale che esse hanno alimentato, se non riveleranno perché mai Dio è stato così reso muto, così messo a tacere, così rimosso da un certo modo di vivere, come se non ci fosse.
Lavorare in comunione
“Ognuno di noi – esorta il Papa – deve umilmente entrare nel profondo di sé e domandarsi cosa può fare per rendere più santo il volto della Chiesa”. Non serve solo puntare il dito sugli altri e fabbricare capri espiatori ma “è necessario lavorare insieme e in comunione”. Bisogna quindi andare avanti, conservando il “cuore da agnelli che, anche se circondati da lupi, sanno che vinceranno perché contano sull’aiuto del pastore”, e mettere Dio al centro, che offre una vita in pienezza:
Non lasciatevi tentare da racconti di catastrofi o profezie di sciagure, perché quello che conta veramente è perseverare impedendo che si raffreddi l’amore (cfr Mt 24,12) e tenere alto e levato il capo verso il Signore (cfr Lc 21,28), perché la Chiesa non è nostra, ma è di Dio! Lui c’era prima di noi e ci sarà dopo di noi! Il destino della Chiesa, del piccolo gregge, è vittoriosamente nascosto nella croce del Figlio di Dio.
I missionari che non si spaventano davanti alle ferite inferte dal peccato
Non bisogna quindi spendere le proprie migliori energie per “contabilizzare fallimenti e rinfacciare amarezze”, lasciandosi rattrappire il cuore e gli orizzonti. “Cristo sia la vostra gioia”, dice il Papa incoraggiandoli a cercare la sua luce riflessa ad esempio nelle famiglie, dove la vita viene cullata e nutrita, là dove c’è la certezza che il perdono ha il potere di riconciliare, là dove “tanti consacrati e ministri di Dio, nella silenziosa dedizione di sé, perseverano incuranti del fatto che il bene spesso non fa rumore, non è tema dei blog né arriva sulle prime pagine”, sottolinea Francesco. “Non si spaventano – dice – davanti alle ferite della carne di Cristo, sempre inferte dal peccato e non di rado dai figli della Chiesa”.
Toccare la carne di Cristo
Papa Francesco sa che nel nostro tempo dilaga l’individualismo e cresce l’indifferenza al destino degli altri, che ci sono milioni di uomini e donne, bambini, giovani smarriti e destabilizzati “dall’angoscia di appartenere a nulla”. E davanti alla loro sorte, spesso, purtroppo, coloro che avrebbero le maggiori responsabilità, “colpevolmente si scansano”. I vescovi invece non devono ignorare la carne di Cristo: “non ci è consentito”, “anche le sue ferite ci appartengono”, afferma. “È doveroso toccarle – spiega – non per farne manifesti programmatici di pur comprensibili rabbie, ma luoghi in cui la Sposa di Cristo impara fino a che punto può sfigurarsi quando si sbiadiscono nel suo volto i tratti dello Sposo”.
La Chiesa può ripartire portando Cristo in pienezza
Ma la Chiesa impara anche da dove “ripartire in umile e scrupolosa fedeltà alla voce del suo Signore”. E l’obiettivo della Chiesa è quello di distribuire nel mondo il vino nuovo che è Cristo, ribadisce con decisione. Per questo, ci vogliono otri nuovi nella consapevolezza che senza il vino nuovo, saranno “giare di pietra fredda”. “Nulla vi distolga da questa meta: donare la pienezza!”, esclama.
Dio non è addomesticabile
Francesco chiede quindi ai vescovi di accogliere la Chiesa come sposa da amare. E di ricordare che “non siamo noi all’origine della nostra ‘porzione di santità’, ma è sempre Dio. Si tratta quindi di una “santità piccina”, che si nutre dell’abbandono nelle sue mani. E la gente incontrandoli deve poter almeno sfiorare la bellezza di Dio. “Dio non è addomesticabile – evidenzia – non ha bisogno di recinti per difendere la sua libertà, e non si contamina mentre si avvicina, anzi, santifica ciò che tocca”.
Non serve la contabilità delle nostre virtù, né un programma di ascesi, una palestra di sforzi personali o una dieta che si rinnova da un lunedì all’altro, come se la santità fosse frutto della sola volontà. La sorgente della santità è la grazia di accostarci alla gioia del Vangelo e lasciare che sia questa a invadere la nostra vita, in modo tale che non si potrà più vivere diversamente.
No a fedeltà a fasi alterne
Francesco ricorda anche che per il ministero episcopale non ci sono “titoli di proprietà o diritti acquisiti”. E’ invece un tesoro per il quale bisogna essere pronti a vendere tutto per custodire il campo nel quale si nasconde. Tutto il suo discorso ruota attorno al più urgente dei compiti del Pastore, cioè la santità. “Non siete frutto di uno scrutinio meramente umano” – ricorda – ma di “una scelta dall’Alto”. Dai vescovi quindi si richiede non “una fedeltà a fasi alterne” o “una obbedienza selettiva” ma di consumarsi giorno e notte.
La paternità di Dio
Per questo, li invita a “restare vigili” anche quando “la tentazione di arretrare si insinua” e il maligno suggerisce che l’alba non verrà più. Proprio in quel momento bisogna “prostrarsi con la faccia a terra” per ascoltare Dio e rimanere fedeli anche quando vengono meno le forze. I fedeli infatti “hanno il diritto di trovare sulle vostre labbra” questo messaggio: in Gesù si offre la paternità di Dio che mai si rassegna.
Fonte www.vaticannews.va/Debora Donnini
L’occhio del Papa sul mondo di oggi è lucido e attento. La Sua parola indica le vie di Dio ma l’aria spirituale dell’umanità di oggi è troppo inquinata, e tutti la respiriamo senza quasi più vedere Dio.Questa è l’era dei martiri che difendono la vera fede che salverà il mondo.