La Santa Croce bianca e azzurra è circondata da grossi sassi rotolati giù. Tutt’attorno, fango che i titolari della «Dolce sosta», affittacamere in quest’area che è ancora nel comune di Pietrelcina, spalano a fatica. Avvisaglie da epicentro del dramma.
Avvisaglie, lungo la statale provinciale 58, dello sfacelo che attende più su. È Pago Veiano, piccolo Comune di 2500 abitanti, il cuore del disastro, il punto dove la pioggia si è scatenata senza ritegno. Dalle dieci di sera fino alle cinque del mattino, qui era solo acqua, acqua e ancora acqua. Lungo le strade, si incrocia un unico camion dei vigili del fuoco. Poi, solo un paio di escavatori privati. E fango, tanto fango, che ha invaso scantinati e piani terra. Il campo sportivo è un solo acquitrino, le reti delle porte inzuppate da far spavento. Le piante di tabacco fanno pietà, raggrinzite e ritirate. Non c’è più vita e così anche in molti campi di ortaggi. In via IV novembre, due ragazzi e una ragazza spalano con una vanga, per cacciare via la fanghiglia che minaccia l’ingresso della loro casa. Sorridono, poi dicono: «Ci aiutiamo da soli». Da qualche ora, non c’è più acqua potabile. Colpa della distruzione di una condotta al ponte Scardarana, travolta dall’acqua impetuosa. «Avete sentito di Nannina, la figlia di Rosina? È muorta, addirittura, muorta», dice uno scricciolo di vecchina, minuta e arzilla, sotto la sede del Municipio circondata da tubi e impalcature per lavori di ristrutturazione in corso.
Si chiama Filomena, è corsa qui come tanti altri per raccontare il suo dramma personale e chiedere aiuto al sindaco. Ma la sua tragedia, la sua casa circondata da acqua e fango che ha comprato con qualche risparmio solo un anno fa, scompare di fronte alla sorte di Nannina. È Anna De Ieso, 70 anni compiuti il 12 agosto scorso. La vittima di Pago. Con il marito, un anziano pensionato con molti acciacchi, e la figlia studentessa viveva in una casa definita «sotto il livello del fiume». Un rudere agricolo, che si erano ristrutturati da poco. A lato, c’è un alveo dove l’acqua piovana e quella del fiume si raccoglie. È diventato un mostro di fango e acqua. Quindici metri di melassa mortale che ha travolto la donna, cha lavorava come colf da una famiglia vicina, in cerca di un rifugio al primo piano della sua casa. Marito e figlia hanno vissuto ore di disperazione, bloccati in casa. Hanno chiesto aiuto, senza poter fare nulla per aiutare Anna. Ma la donna era già morta, il corpo senza vita è stato ritrovato solo quando è arrivata la prima luce del giorno. L’acqua lo aveva scaraventato a 700 metri di distanza, sommerso da cinquanta centimetri di fango. Spuntavano fuori solo i piedi e soltanto attraverso quel macabro particolare i carabinieri lo hanno notato e lo hanno tirato fuori. Decine di strade poderali non ci sono più, il biscottificio «Dorì» è distrutto, una sessantina di aziende agricole sono rimaste senza prodotti. Ortaggi, tabacco, vitigni travolti. Il Municipio è la sede dell’emergenza, in tanti hanno risposto all’ordinanza del sindaco Mario De Iesu, che ha precettato «tutti i mezzi ed attrezzature di privati e imprese disponibili».
In assenza di soccorsi, ci si arrangia. Non si vede un militare, un soccorritore. Si spala da soli. Sante Iesu ha una piccola azienda, con il suo escavatore è in giro dall’alba. È stanco, ma ha abbastanza adrenalina per andare avanti. Dice: «Il fiume Tammaro è impazzito. È cresciuto di livello in poche ora da far paura. Ma il fango ha superato argini, confini di strade».
Redazione Papaboys (Fonte www.ilmattino.it/ Gigi Di Fiore)