Patrimonio dell’Unesco, Ma’lula dista 40 km a nord di Damasco. Il villaggio è famoso in tutto il mondo come uno dei luoghi simbolo della cristianità in Medio Oriente. Esso ospita il monastero di S. Tecla, abitato da monache ortodosse, e il monastero dei santi Sergio e Bacco gestito dai sacerdoti greco-cattolici (melkiti). Entrambi sono da secoli luogo di pellegrinaggio di fedeli cristiani e musulmani. Unico luogo al mondo dove è ancora parlato l’aramaico, il villaggio è considerato un simbolo della convivenza interreligiosa. Diffuso nella Palestina romana del I secolo, l’antico idioma è oggi usato fluentemente da circa duemila abitanti. Per gli ebrei contemporanei di Cristo l’ebraico era una lingua colta, riservata alla liturgia. La rinascita dell’ ebraico si deve a Eliezer Ben Yehuda che, trasferitosi in Palestina alla fine del XIX secolo, fondò la prima famiglia ebreofona. Il movimento sionista incoraggiò tra i coloni la diffusione dell’ebraico adottandolo poi nel 1948 come lingua ufficiale dello Stato di Israele. Oltre all’ aramaico e all’ ebraico, gli ebrei del I secolo conoscevano anche il greco, una lingua che permetteva di comunicare con le altre popolazioni. Non sappiamo invece se Cristo comprendesse il latino, lingua dell’esercito e della legge usata dai romani che governavano la regione. Il villaggio è stato più volte attaccato dai fondamentalisti islamici, per la forte presenza di cristiani nel territorio. I terroristi cercano in ogni modo di cancellare con la violenza la presenza cristiana in Siria per estendere il loro dominio. Alcune suore che vivevano nei monasteri sono attualmente attualmente nelle mani dei gruppi armati. Negli ultimi mesi diverse personalità hanno lanciato appelli per le religiose. Attualmente non abbiamo notizie certe sulle condizioni di salute dei prigionieri. Saccheggiare il Ma’lula, significa colpire un simbolo. Distruggere i luoghi sacri e le case, è segno del nuovo dominio che vuole cancellare secoli di storia per affermare un’identità estranea alla tradizione culturale del posto. Non possiamo permetterlo!
L’aramaico è una lingua semitica che vanta circa 3.000 anni di storia. È la lingua in cui furono in origine scritti il Talmud e parte del Libro di Daniele e del Libro di Esdra. Era parlata correntemente in Terra d’Israele (accanto al greco) ai tempi di Gesù di Nazareth. Attualmente, l’aramaico è utilizzato nei villaggi di Ma’lula, Jabadin e Bakha, in Siria. L’aramaico appartiene alla famiglia linguistica delle lingue afro-asiatiche e alla sottofamiglia delle lingue semitiche (più precisamente, il gruppo nordoccidentale di cui fanno parte le lingue cananaiche, tra cui l’ebraico). Durante il XII secolo a.C., gli Aramei, cioè la popolazione originaria parlante la lingua aramaica nella fase più antica e stanziata nell’odierna Siria e l’attuale Libano, incominciarono a stabilirsi nelle terre che oggi fanno parte degli attuali Libano, Israele, Siria, Iraq e Turchia. L’aramaico giunse così ad essere parlato in un’area compresa tra le coste orientali del Mar Mediterraneo e il fiume Tigri. Gli Ebrei della diaspora portarono la lingua in Nordafrica e in Europa, mentre i missionari cristiani la utilizzarono predicando in Persia, in India e in Cina. Dal VII secolo tuttavia, l’arabo subentrò all’aramaico quale lingua franca del Vicino Oriente. Comunque l’aramaico rimase la lingua liturgica e letteraria di Ebrei, Mandei e alcune confessioni cristiane tra cui i maroniti libanesi. Attualmente l’aramaico è ancora utilizzato da piccole comunità sparse nel suo antico areale di estensione. Gli sconvolgimenti degli ultimi due secoli, fra cui soprattutto le persecuzioni di cristiani ad opera dei turchi, hanno portato molti gruppi di lingua aramaica a cercare rifugio in vari paesi del mondo.
L’aramaico rappresenta piuttosto un gruppo di lingue imparentate che non una lingua con vari dialetti. La lunga storia dell’aramaico, la ricchezza della sua letteratura e il suo utilizzo da parte di diverse comunità religiose sono tutti fattori che hanno contribuito alla sua diversificazione (tant’è che solo alcuni “dialetti” sono mutuamente intelligibili). Alcune lingue aramaiche sono conosciute con diversi nomi: per esempio, il termine “siriaco” è usato per designare l’aramaico utilizzato da varie comunità cristiane del Vicino Oriente. I dialetti si possono dividere tra occidentali e orientali, con il fiume Eufrate (o poco più ad ovest di esso) quale linea di confine. All’epoca di Gesù venivano parlati sette diversi dialetti occidentali di aramaico, probabilmente distinti ma reciprocamente intelligibili. Il giudaico antico era il dialetto principale di Gerusalemme e della Giudea. Nella regione di Engedi si parlava il giudaico sud-orientale; in Samaria il singolare aramaico samaritano, in cui he, heth e ‘ayin venivano tutte pronunciate come aleph. L’aramaico di Galilea, proprio della regione di Gesù, è conosciuto solo attraverso i nomi di alcuni luoghi, le influenze sull’aramaico dei Targumim, la letteratura rabbinica e poche lettere private. Sembra avere alcune caratteristiche particolari: i dittonghi non sono mai semplificati in monottonghi. Ad est del Giordano erano parlati i vari dialetti del giordano orientale. Nella regione di Damasco e dell’Antilibano l’aramaico di Damasco (derivato soprattutto dall’aramaico occidentale moderno). Infine, nella regione settentrionale di Aleppo, si parlava l’aramaico dell’Oronte. Oltre a questi dialetti di Aramaico, nei centri urbani era diffuso l’uso del greco. Ci arrivano poche testimonianze dell’uso dell’ebraico in questo periodo; alcune parole rimasero a far parte del vocabolario dell’aramaico ebraico. Tuttavia, l’ebraico uscì dall’uso comune. Anche le parole non tradotte all’interno del Nuovo Testamento scritto in greco erano in aramaico, piuttosto che in ebraico. Da quello che si può capire, questo non era Aramaico della Galilea ma giudaico antico: questo suggerisce che le sue parole furono tramandate col dialetto di Gerusalemme invece che col suo. Il film del 2004 intitolato La Passione di Cristo è degno di nota per il largo uso di dialoghi in aramaico, ricostruiti da un unico studioso, William Fulco. I locutori di aramaico moderno hanno comunque trovato questa forma poco familiare. Il medio siriaco è ad oggi la lingua classica, letteraria e liturgica dei cristiani siriaci. Ebbe il suo apice tra il IV e il VI secolo, con la traduzione della Bibbia (Peshitta) e con la poesia e la prosa di Efrem il Siro. Questa lingua, a differenza di quella da cui deriva, fu usata soprattutto in ambiente cristiano, anche se nel tempo divenne la lingua di chi si opponeva alla guida bizantina della Chiesa orientale, e fu diffusa dai missionari in Persia, India e Cina.
Servizio di Massimo Francini
In questo video potete ascoltare il “Padre nostro” in lingua Aramaica:
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