Farsi pubblicità attaccando il Papa è, in Italia, un’operazione che rende. Per tutta la giornata di ieri i principali quotidiani hanno raccontato che la Capitale era tappezzata di manifesti contro Papa Francesco, ma era una bufala. Due/trecento cartelloni abusivi attorno a san Pietro e vie limitrofe erano diventati, per il web, un numero sterminato.
Era successo che nella notte qualche ragazzotto aveva affisso dei manifesti contro il Papa, in luoghi abitualmente deputati ad ospitare propaganda di una tendenza politica (e religiosa) ben determinata. In altri casi sarebbero stati guardati distrattamente da qualche passante con il cane al guinzaglio; questa volta però c’è stata una campagna ben orchestrata. Con blog, siti e social affini alla tendenza politico/religioso summenzionata, schierati a fare da gran cassa. E così, affissioni di cui non si sarebbe mai parlato; che, se non fossero state offensive sarebbero semplicemente ridicole, sono approdate ai posti di rilievo dell’informazione nazionale.
Era già successo il 16 novembre 2011, con Papa Benedetto XVI, che un Sommo Pontefice venisse attaccato attraverso la cartellonistica. Come Benedetto aveva avuto il suo Vatileaks nel 2012 con Paolo Gabriele e Francesco il suo nel 2015 con Vallejo Balda, così la giornata di ieri sarà ricordata come quella degli attacchi a Bergoglio attraverso i cartelloni come era avvenuto per Ratzinger.
Allora era stata la United Colors of Benetton a produrre dei cartelloni pubblicitari dove Joseph Ratzinger, di spalle, baciava sulla bocca l’Imam della moschea del Cairo, Ahmed el Tayyeb: ci furono le proteste del Vaticano e dopo poche ore le foto vennero ritirate. Ma se ne parlò per settimane tanto che ieri mattina sono tornate in mente a qualche cittadino romano che, camminando per il centro, si è trovato davanti un Bergoglio imbronciato che un anonimo rimproverava con queste parole: “A France’, hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l’Ordine di Malta e i Francescani dell’Immacolata, ignorato cardinali…. ma n’do sta la tua misericordia?”.
Sei anni fa, però, l’azienda trevigiana di moda aveva almeno speso un po’ di denaro per quella campagna che coinvolgeva i capi di Stato di tutto il mondo; qui, invece, per la visibilità nazionale di un bruttissimo manifesto sono davvero bastati quattro soldi. E, se non fosse per lo spazio mediatico che è stato artatamente occupato, tutto ciò meriterebbe il trattamento che ogni bufala merita: il silenzio e l’oblio.
Per i romani minimamente avveduti è davvero molto difficile non immaginare chi siano i mandanti: se attacchi la Coca Cola, indirettamente stai facendo pubblicità alla Pepsi Cola. Conoscendo i luoghi dell’affissione è semplice per gli abitanti della zona risalire ai mandanti “politici” (l’uso delle virgolette è d’obbligo perché mai sostantivo tanto alto è stato più fuori luogo per descrivere un’operazione così bassa): si tratta di persone che per un po’ di visibilità in più non hanno nessuna remora ad affondare i propri denti nella carne della Sposa di Cristo. Di gente pronta a commissionare il manifesto e successivamente ad innescare senza scrupoli la macchina della propaganda mediatica. È paradossale poi che “i contenuti” di questo attacco siano rivolti a rimproverare al Papa di mancare di misericordia allorché prende delle misure di governo. Persone che hanno spesso sulle labbra parole come padre, patria e autorità dovrebbero ben sapere che la misericordia è dei forti, che è dei lucidi la vera forza. È la misericordia che salva il grano e brucia la zizzania. Il papa che agisce con la sua autorità di padre e fa atti di governo che richiedono discernimento, è misericordioso. Il padre che non vede il male e non lo toglie, non è buono. Il buon padre è quello che raddrizza le cose storte. Ma forse c’è di mezzo davvero qualcosa di più grande ed è che i Papi, anche se con passo diverso, percorrono tutti lo stesso sentiero di Cristo.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da IlSussidiario.net