Poi qualche mese fa qualcosa è cambiato, è come se quella corazza di supervisione di mio padre sulla mia vita si stesse sgretolando. Ho iniziato a mettere il naso fuori dalla fiaba e mi sono scontrato con la realtà. E la realtà è che anche io ho dei sentimenti. E’ difficile spiegare ad altre persone i sentimenti che si provano. E’ come se io avessi sviluppato dentro di me un antidoto ai sentimenti ed avessi imparato a rimanere freddo e impassibile di fronte a qualsiasi cosa. Mi succede spesso anche ora, che mi chiudo appena qualcuno viene verso di me. E’ successo che mi è crollato addosso il mondo intero quando ho conosciuto la morale della fiaba che stavo vivendo. Mi sono sentito sfruttato. Mi sono sentito umiliato. E questi per me erano sentimenti, emozioni che volevano uscire a tutti i costi, era un rancore che non si poteva raccontare, perchè era fare del male a mio padre. Come avrei potuto essere la causa di un dolore così grande per mio padre? Come quando mi chiedeva “sei sereno?”, “mi vuoi bene?” e mi usciva sempre un “si” invece della rabbia di un “no!”. In questi anni a volte ho sfogato la mia collera contro me stesso, perchè ero un figlio cattivo, non ero quel figlio che mio padre credeva di tirare su. E me ne facevo una colpa. Mi facevo la colpa di essere il fallimento di mio padre, in carne ed ossa. La fiaba non finiva come l’aveva immaginata lui: il principe azzurro per lui non è mai arrivato e cappuccetto rosso ha scoperto che la strega non era così cattiva. Mio padre mi ha sempre insegnato che un genitore non è chi ti genera ma chi ti ama, mi ha insegnato che è falso sostenere che un bambino ha bisogno di una mamma, mi ha insegnato che quello che conta è l’amore e non il sesso del genitore: è quì il punto!
Il punto non è se una qualsiasi persona, etero o gay, possa o meno essere un bravo genitore perchè non esiste il bravo genitore. Ogni anno sono circa 1.200 i bambini dichiarati in stato di abbandono adottabili in Italia che per la maggior parte vivono in case-famiglia (grazie alla legge 184 anche se non ancora completamente attuata) e 50 mila sono le famiglie dichiarate abili all’adozione. Questi bambini vivono come in delle grandi famiglie, con tanti bambini, operatori che li seguono da vicino e cercano di dargli tutto l’amore possibile. Eppure la casa-famiglia, dice la legge, deve essere considerata una esperienza di passaggio perché l’obiettivo è trovare una famiglia adatta che possa accogliere le esigenze del bambino. Perchè l’amore è importante (le cure e l’affetto di cui un bambino ha bisogno) ma non è tutto. C’è qualcosa di più importante del nutrimento o del gioco, qualcosa che viene prima. Quello di cui ha veramente bisogno il bambino è che il suo mondo esteriore cresca insieme al suo mondo interiore, che non è fatto solo di affettività ma anche di sapere chi è lui in relazione e in rapporto al mondo. Relazione e rapporto si imparano dalla mamma e dal papà. Il bambino apprende soprattutto dall’osservazione delle relazioni e dei rapporti che accadono intorno a lui. E nella famiglia, col papà e con la mamma, impara tutto ciò di cui avrà bisogno nella vita, è un laboratorio, un specchio della vita. La mancanza di un papà o di una mamma è un’eccezione abbastanza rara. La stragrande maggioranza delle volte il figlio sopravvive ai genitori e quando ciò non accade (per morte o separazione) il bambino ne soffre.
I bambini da un lato sono molto fragili e hanno bisogno delle cure più attente da parte degli adulti. Dall’altro hanno una capacità d’adattamento praticamente infinita e cercheranno di adattarsi alla mancanza di un padre, di una madre o di entrambi i genitori. Sostenere che per un bambino avere un padre o non averlo, avere una madre o non averla sono la stessa cosa significa che c’è qualcosa dietro, di diverso dal bene ultimo del bambino. Significa che viene anteposto qualcos’altro allo sviluppo psichico più facile e adatto al bambino. Il bambino si adatterà inconsciamente alla mancanza di una madre o di un padre. Ma costringerlo ad adattarsi a causa del desiderio di paternità o maternità di un adulto io non lo chiamo amore. Per questi motivi oggi mi sento impegnato, con tutti i miei limiti, in una battaglia di verità al fianco di tante persone che ho conosciuto in questi mesi: omosessuali, eterosessuali, religiosi o atei. La battaglia contro l’ideologia del gender, contro i matrimoni gay e per la difesa del diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre. Oggi amo mio padre perchè ho capito che anche lui è caduto nella trappola Lgbt, che ci vorrebbe tutti identici a spese dei più deboli. Manuel
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