Lei è Mara Santangelo, classe 1981, l’atleta che in carriera ha vinto 9 tornei in singolare e 23 in doppio, specialità nella quale si è aggiudicata anche il Roland Garros nel 2007. Ritiratasi dalle gare sette anni fa, oltre a ricoprire vari incarichi in ambito tennistico, oggi la campionessa è team manager della squadra di Fed Cup, il più importante torneo tennistico per nazionali femminili.
Ma partiamo dall’inizio. Ispirata dal modello della grande Martina Navratilova, Mara promette a sua madre, devota della Madonna, il suo sogno: calcare il campo di Wimbledon. Iniziano così i sacrifici degli allenamenti, la corsa alla fama, la scalata a vette invidiabili: è la stagione della gloria ma anche del buio interiore. «Avevo solo sedici anni quando persi mia mamma a causa di un incidente e solo per una “Dio-incidenza” non salii sulla stessa auto in cui lei morì», ricorda oggi.
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Un dolore sordo a cui si aggiunge quello fisico, dovuto a un problema al piede che non fa sconti. «Il luminare che mi seguiva », spiega, «mi avvisò che avrei gareggiato con dei limiti oggettivi».
Nonostante le prime pagine conquistate sui giornali con i trofei e una ricchezza apparente, macinando la smania della conquista Mara sperimenta l’aridità della coscienza. Intanto quella promessa fatta da piccola si avvererà nel 2005, quando per la prima volta approda al campo dei suoi sogni. Oggi questa splendida tennista ha affidato alla penna le emozioni di una storia avvincente. Portano la sua firma, infatti, i libri Te lo prometto, dedicato proprio alla mamma, e il recente Match point. In entrambi racconta se stessa e il percorso di fede con cui ha messo a segno la sua vittoria più bella.
«A Medjugorje, che assieme al santuario di Lourdes rappresenta il mio luogo del cuore. Era il 2010 e sapevo poco o niente dei veggenti, delle apparizioni. Tramite un’amica comune avevo conosciuto Paolo Brosio, autentico vulcano di energia. Grazie all’incontro con il Rinnovamento nello Spirito partii spinta dalla curiosità e, non lo nascondo, anche da una punta di scetticismo. Lì si è accesa una luce che mi ha permesso di capire che era ora di appendere la racchetta al chiodo. È stata dura, perché il dolore al piede si faceva sentire e si trattava di una decisione forzata: il Signore, però, ha scelto un’altra strada per me e nel gennaio 2011 ho annunciato il ritiro. A chi mi sta leggendo sento di dire: mettetevi in cammino senza pregiudizi verso mete spiritualmente significative, Dio vi sorprenderà».
«Mia nonna è credente, da piccoli ci spingeva ad andare a Messa la domenica raccontandoci come si recitava il Rosario ai tempi della guerra. Da adolescente però mi allontanai dalla fede, con una domanda che mi scoppiava dentro: come può un Padre dell’amore strappare la mamma a una ragazzina come lo ero io? Da parte mia, quindi, c’era totale chiusura e solo in seguito è iniziata la lunga ricerca verso la serenità che soltanto Cristo, con la sua pace, può donare».
«Durante la giornata cerco di ritagliarmi dei momenti per dialogare con Dio, leggere il Vangelo, vivere l’Eucaristia. Personalmente è fondamentale l’interazione con la comunità Nuovi Orizzonti. La dimensione spirituale ci permette di fortificarci: in fondo l’anima è come una piantina che va nutrita costantemente affinché non appassisca nella frenesia di ogni giorno».
«Senza dubbio il comandamento dell’amore citato nel Vangelo di Giovanni. Quell’ “amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” costituisce una sorta di bussola per me: mettere in pratica ciò che Gesù ci chiede non è semplice, ma il tragitto verso la santità non è una competizione e tutti possiamo aspirare al traguardo».
«Ho una devozione speciale per santa Rita e padre Pio: sia a Cascia che a San Giovanni Rotondo ho provato emozioni molto intense».
«Con il giudizio, anche quello più spietato, ho sempre fatto i conti nel mio lavoro. Tuttavia ho imparato a dosare le parole che ascolto e ho scoperto che spesso la gente, immersa in un’attualità pervasa da notizie negative, finisce per “vedere” solo il male, anche della Chiesa. Invece esiste un mondo di religiosi, missionari e martiri che testimoniano con coraggio il messaggio evangelico: è in loro, esempi credibili di questa barca di Pietro che naviga da duemila anni nel mare delle fragilità, che dobbiamo confidare».
«Fate le cose con passione, scegliendo ciò che davvero vi fa battere il cuore, senza lasciarvi condizionare: solamente in questo modo di fronte alle difficoltà si riesce a non mollare».
«Come ripeto sempre, scrivere è riflettere due volte: al di là dello scopo della pubblicazione, buttar giù i pensieri che danno forma al libro è il momento in cui riesci a tirar fuori tutto di te. Quando mi allenavo mi chiamavano “la ragazza con il diario”, perché a bordo campo appuntavo ogni dettaglio: è stato bello vedere, a distanza di anni, gli obiettivi realizzati. Misurarmi con le aspettative e gli sbagli è stato per me un motivo di crescita e ora scrivere è un atto di amore per i lettori».
Testo di Francesca Cipolloni
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