Marco Pannella e il Papa, quando l’amicizia va oltre la conversione

Ai tempi della Tribuna Politica di Jader Jacobelli, per i cattolici Marco Pannella era “indemoniato”; erano, in sostanza, i tempi dei referendum sul divorzio e sull’aborto e, purtroppo, non scherzo. Erano i tempi cui si riferiva Papa Francesco nella famosa omelia dell’8 maggio 2013, quella in cui diceva che i cristiani dovevano costruire ponti e non muri: “Adesso è un buon tempo nella vita della Chiesa, questi ultimi cinquanta anni, sessanta anni, è un bel tempo. Perché io ricordo quando ero bambino si sentiva nelle famiglie cattoliche, anche nella mia: ‘No, a casa loro non possiamo andare, perché non sono sposati per la Chiesa, eh’. Era come una esclusione. No, non potevi andare! O perché sono socialisti o atei, non possiamo andare. Adesso, grazie a Dio, no, non si dice”.

L’amicizia tra Marco Pannella e Jorge Mario Bergoglio è stato uno dei gesti più capaci di veicolare il profondissimo cambiamento, il rapporto del tutto nuovo, che secondo Papa Francesco i cristiani debbono avere con chi si dice ateo, laico, miscredente. L’inizio fu la telefonata del 25 aprile 2014 all’ennesimo sciopero del leader radicale; la fine il 2 maggio scorso quando Marco aveva festeggiato 86 anni e aveva ricevuto dal Papa in regalo una copia del suo libro “Il nome di Dio è misericordia” e una medaglia con la Madonna e il bambin Gesù.

In mezzo tante cose. Soprattutto l’identica battaglia per la dignità di chi è in carcere. Era emersa fin da subito, in quella telefonata. Il Papa non aveva chiesto a Pannella di cessare lo sciopero, come erroneamente avevano pensato in molti, ma di essere coraggioso nel lottare contro l’ingiustizia delle carceri: “Ma sia coraggioso, eh! Anche io l’aiuterò a lei, contro questa ingiustizia…Io ne parlerò di questo problema, ne parlerò dei carcerati…”. E quando Papa Francesco cancella l’ergastolo e introduce il reato di tortura Pannella dichiara che avrebbe voluto lasciare la cittadinanza italiana e prendere quella vaticana.

Leggere in rete i commenti dei contrari a questa amicizia, fa pensare. Non ci sono solo i fondamentalisti cattolici, ci sono anche gli ascoltatori di Radio Radicale che paventano la conversione del loro leader. Un po’ come se gli amici di un vegano temessero il rapporto cordiale, di amicizia, con chi mangia di tutto. L’atteggiamento dei fondamentalisti veicola la convinzione profonda che l’unico rapporto possibile con chi la pensa diversamente da me è “la conversione” e cioè, che alla fine, tu la pensi come me: che di due posizioni, alla fine, sia possibile che ne sopravviva solo una.

Rispetto significa invece che alcuni tuoi modi di intendere cosa è buono e alcuni modi miei di intendere cosa è buono, possono coincidere; sono, almeno in parte, sovrapponibili: tu fai il bene, io faccio il bene, ci incontreremo all’intersezione di questi due itinerari. È quanto disse il Papa il 22 maggio del 2013, quasi a completamento di quanto aveva affermato un paio di settimane prima. E invece tra due leader così diversi in tante cose c’era, in comune, la convinzione di costruire, per tutti, uno spazio di rispetto. L’unico modo per rapportarmi con un vegano non è diventare vegano anch’io o che lui cessi di esserlo. In mezzo ci sono molte cose: invitarlo a casa mia e cucinargli in maniera saporita quello che gli piace, facilitare che ci siano ristoranti, supermercati dove sia possibile comprare quello che io non acquisterei mai. E così via. Papa Francesco non ha “usato” il rapporto con Pannella per veicolare il messaggio del costruire ponti ma, grazie alla loro amicizia, questo messaggio è certamente passato.

La prima volta che Papa Francesco ha parlato con lui, Marco Pannella era in sciopero, aveva fame e sete come i compagni. Subito, ha avuto accanto il Papa come nuovo amico. Uno che – al contrario dei medici – non gli ha chiesto di cessare lo sciopero ma ha parlato del suo coraggio e di temi cari a entrambi, le carceri. E lui ha smesso lo sciopero. Ora Marco Pannella ha lasciato questo mondo: non ha più la cittadinanza italiana e nemmeno quella vaticana. È lì dove Papa Francesco può raggiungerlo più facilmente che con una telefonata.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da L’Huffingtonpost


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